Secondo gli studiosi i primi esemplari furono importati dall’Egitto nel secolo scorso dal Marchese di Mores Duca dell’Asinara. Secondo una più suggestiva leggenda approdarono sull’isola a seguito del naufragio di un vascello diretto verso la Francia. L’ipotesi più verosimile li vede derivare da quelli grigi già presenti sull’isola. Qualunque sia la loro origine, gli asinelli albini rappresentano di sicuro l’animale simbolo di quest’isola mediterranea che li vede incontrastati padroni di un territorio tutelato nella sua interezza dalle istituzioni pubbliche.
Per vedere da vicino l’Asino bianco dell’Asinara (Equus asinus var. albina), animale dalle dimensioni ridotte, dal caratteristico mantello bianco e dalla parziale pigmentazione dell’iride di color rosa-celeste, occorre arrivare innanzi tutto in un’isola – la Sardegna – dal grandissimo patrimonio naturalistico, scegliendo per i propri itinerari la parte nord orientale.
Porto Torres (Sassari) rappresenta la città più popolosa di questo angolo d’Italia, le cui acque limpide ricordano quelle dei paradisi tropicali.
Separata dalla terraferma sarda dall’isola Piana e dal passaggio di Fornelli (uno stretto canale navigabile), l’Asinara vanta una storia singolare che le ha permesso di conservare quasi del tutto integro il suo patrimonio floreale e faunistico. I suoi 50,9 chilometri quadrati di superficie, rientranti nel territorio comunale di Porto Torres, dal 1997 sono parco nazionale mentre la sua area marina è protetta dal 2002.
L’isola è stata abitata sin dal IV millennio a.C.; e i siti collocati nel nord dell’isola rappresentano le più antiche testimonianze dell’uomo nell’intera Sardegna. Il sito più importante è quello di Campu Perdu, una domus de janas, ricavata su di un pianoro nei pressi della Reale. Una presenza umana, quella presente sull’isola che originariamente venne chiamata Sinara (dal nome sumero-accadico del dio Sin), risulta pertanto ininterrotta fin dal periodo nuragico. A tale periodo risale una testimonianza di rilievo, un bronzetto raffigurante un bovino tuttora esposto nell’Antiquarium Turritano a Porto Torres.
I Romani rinominarono l’isola Herculis Insula, in onore al semidio, figlio di Giove, Ercole. Sono stati ritrovati ed esplorati dei relitti di navi contenenti anfore, che trasportavano soprattutto merce legate al mercato ittico. Il nome odierno invece deriva da un altro toponimo dato dai Romani all’isola, Sinuaria, dovuto al carattere frastagliato dell’isola. Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente l’isola passò dapprima in mano ai Vandali poi all’impero bizantino. Con la nascita dei Giudicati e la lotta delle Repubbliche marinare per la supremazia nel Mediterraneo, l’Asinara tornò a essere un punto strategico conteso tra Genova e Pisa, fin quando un’importante famiglia ligure, i signori della Lunigiana, (forse i Malaspina, un cui esponente – Alessandro – secoli dopo avrebbe esplorato le coste del Nordamerica) fece costruire il castello, abbarbicato sul massiccio granitico di Fornelli. Nel 1100 si stanziarono nell’isola i monaci camaldolesi, che eressero il convento di Sant’Andrea, di cui oggi non rimangono che ruderi.
Con l’arrivo degli Aragonesi l’Asinara si vide teatro di numerose battaglie e scorrerie, tra le quali quelle del pirata Barbarossa.
Nel 1720, l’isola passa alla Casa Savoia, e nel 1775 a don Antonio Manca Amat, che divenne Duca dell’Asinara. I nuovi coloni richiamati dal Manca Amat, fecero lievitare la popolazione nel 1833, a 300 abitanti e 4000 capi di bestiame. Tornata nel 1836 sotto il controllo diretto dello Stato, divenne nel 1885 una colonia agricola e un lazzaretto, incontrando una forte opposizione della popolazione che venne allontanata. Alcune famiglie fondarono il borgo di Stintino, e durante la prima guerra mondiale l’Asinara vide arrivare circa 24 000 prigionieri austro-ungarici. Di questo periodo rimangono la cappella austroungarica e la stele commemorativa nel cimitero. Negli anni della Guerra d’Abissinia (1937) vi furono deportati molti etiopi (tra cui la figlia del Negus).
L’Asinara, chiusa al pubblico dal 1885 al 1999, rafforzò il proprio isolamento con l’istituzione, nei primi anni Sessanta del carcere di massima sicurezza. Tale isolamento ha permesso la preservazione di gran parte dell’ambiente naturale dell’isola, evitando la cementificazione, e permettendo la nascita nel 1997 del Parco Nazionale dell’Asinara.
Oggi l’isola rappresenta un paradiso per chi ama il turismo ambientale. L’isolamento geografico ha permesso alla fauna di trovare il giusto habitat dove vivere e riprodursi. Il Parco conta circa 80 specie, molte di assoluta rarità. Lepri, donnole, mufloni, cinghiali, cavalli dividono lo spazio con i famosi asinelli bianchi presenti già nel XII secolo. L’Asinara, inoltre, fa parte del cosiddetto “Santuario dei cetacei” e durante la navigazione in barca non è raro incontrare i delfini.
Chi sceglie questa isoletta lo fa per l’amore per le spiagge, le cale, le torri costiere e i piccoli insediamenti. Se la visita a cala Sant’Andrea è interdetta perché soggetta a massima tutela ambientale, quella a cala dei Ponzesi (punta Sabina) regalerà emozioni bellissime, con il mare limpido, fondali incredibili e spiaggia soffice, il tutto corredato da una fitta vegetazione alle spalle. Il castello dell’Asinara si staglia sul massiccio granitico che sovrasta Fornelli, e la leggenda narra che fu dimora del pirata Khayr al-Din Barbarossa. La parte interna è completamente diroccata e rimane ben poco in piedi, se non le mura di quelle che una volta potevano essere stanze. Torre di Trabuccato XVI sec. a.C., torre di Cala d’Oliva XVI sec. a.C., e torre di Cala d’Arena XVI sec. a.C. rappresentano attrattive di un’isola che si offre ai pochi turisti ammessi anche con la sua cittadella di Cala Reale, piccolo borgo realizzato per lo più nell’ultimo decennio dell’Ottocento e che ospita il Palazzo Reale.
Nell’ex colonia penale, non ci si può spostare con mezzi propri ma nei suoi 16 chilometri di lunghezza è bellissima da girare a piedi (esclusi i mesi di luglio e agosto). Sull’isola ci sono soltanto due bar e 9 sentieri ben segnalati. Alcune zone dell’isola sono a Riserva Totale e non è possibile entrarci neanche a piedi. E’ possibile noleggiare biciclette e auto elettriche e con guide ambientali geomarine ci si può fermare in calette irraggiungibili da terra.