Storia, cultura e vecchie lezioni sempre attuali. Da approfondire, perché come sosteneva Montanelli “un Paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani”. Per fortuna abbiamo ancora studiosi attenti e preziose botteghe dell’antiquariato, che custodiscono e fanno conoscere importanti pagine della memoria. E’ così che oggi abbiamo la possibilità di rileggere il racconto di Corrado Alvaro sull’incontro che ebbe oltre un secolo fa con Nicola Moscardelli, in una clinica romana dove erano stati ricoverati in seguito alle ferite riportate nella guerra del 1915-18. A 62 anni dalla morte di Alvaro, avvenuta a Roma l’11 giugno 1956, è interessante e molto significativa la testimonianza dello scrittore di San Luca. Moscardelli, uno dei suoi poeti preferiti, nell’ottobre del 1915 fu gravemente ferito al volto, mentre combatteva sul Carso. Conseguenze molto pesanti: paralisi locale, con difficoltà a masticare e cicatrice ad una guancia. Un mese dopo, nel novembre del 1915, Alvaro in prima linea sul Monte Sei Busi, nella zona di San Michele del Carso, venne colpito alle braccia. Il destro non guarirà mai. Dopo una lunga degenza in diversi ospedali militari, passò al servizio sedentario a Chieti. E nella città abruzzese ritornò nel 1943, per sfuggire al mandato di cattura dopo l’occupazione tedesca della Capitale. Visse dando lezioni di inglese sotto il falso nome di Guido Giorgi.
Giovani sottotenenti di venti anni, Alvaro e Moscardelli furono decorati con la medaglia d’argento al valore militare. “Fu la guerra italiana cui gli scrittori italiani diedero il loro sangue, le loro sofferenze, la loro vita”, scriveva Alvaro. Evidenziando che “molte conoscenze fra noi di ogni parte d’Italia furono strette nelle caserme, al fronte, negli ospedali di guerra”. Una significativa testimonianza del coinvolgimento degli italiani e dei prezzi molto alti pagati anche dal mondo della cultura. “La prima guerra mondiale ci chiamò tutti, e tutti gli scrittori italiani in erba o in frutto vi parteciparono e ne furono testimoni. Una tale sorte comune valse a dare un carattere a quella generazione. Alcuni dei migliori caddero sul campo”.
La riscoperta di questa testimonianza storica la dobbiamo allo studioso abruzzese Gianfranco Giustizieri, autore di numerose pubblicazioni ed uno dei maggiori conoscitori e divulgatori delle opere di Laudomia Bonanni. “Tutti coloro che conoscono i miei interessi – ci dice – sanno che non mi lascio sfuggire l’occasione di recuperare tutto il possibile della scrittrice aquilana, al fine di ricomporre il suo Archivio che in gran parte lei stessa distrusse, disillusa dal mondo della letteratura alle soglie del 2000. Un caro amico e valente ricercatore, Andrea Giampietro, ha avuto l’occasione di segnalarmi il libro “Nicola Moscardelli. Poesie, racconti, saggi “, a cura di Antonio Silveri, uscito per le Edizioni “Conchiglia”, Roma 1953, in occasione del decennale della morte del poeta di Ofena. Tra le pagine di questa raccolta antologica c’è una bella pagina della Bonanni dedicata al rapporto di Nicola Moscardelli con i giovani che lo avevano scelto come maestro di vita e di speranza. Moltissime le firme illustri che ci rendono un elenco lunghissimo di belle testimonianze: Tecchi, Ungaretti, Govoni, Papini, Betti, Cicognani, Ciarletta, Pischedda, Titta Rosa, Bargellini, Bontempelli, Alvaro, e altri ancora ai quali faccio torto a non nominarli ma sono veramente tanti”.
Sapendo del nostro interesse per Corrado Alvaro, il prof. Giustizieri ci ha segnalato la testimonianza dello scrittore calabrese. Tante riflessioni di grande attualità. Così come a 75 anni dalla morte è ancora molto attuale l’opera di Nicola Moscardelli. E lo studioso aquilano ne spiega i motivi, annotando innanzitutto che “la vera scrittura non muore mai e la memoria fa parte del nostro presente”. E per essere più chiaro, si rifà ad una illuminante riflessione del letterato abruzzese. “Rubo un pensiero dello stesso Moscardelli e lo faccio mio: “Nel corso della storia dell’uomo sono venuti alla luce migliaia di libri. Di questi libri una parte può essere dimenticata, ma c’è una parte di questi di cui non si può farne a meno…”. Il prof. Giustizieri rivede in questa affermazione “il combattente della Grande Guerra, il poeta e il prosatore dagli inizi crepuscolari e dannunziani, poi futurista, fino all’approdo del suo pensiero intorno al fascino della natura e ai misteri dell’esistenza umana. Come dimenticare!”
Alvaro aveva una grande stima di Moscardelli. “Uno dei poeti nuovi che accesero la mia fantasia sui venti anni. Lessi i suoi primi versi in Lacerba, il famoso settimanale fiorentino di Papini”. Il ricordo del primo incontro: “Lo conobbi a Roma, alla clinica che si chiamava Kinesiterapico, in via Boezio. Aveva una ferita crudele che io conoscevo per averla veduta tra i miei soldati, alla bocca. Eravamo tutti e due sottotenenti di complemento. Ricordavo precisamente i versi di Moscardelli apparsi sul settimanale fiorentino, e glielo dissi col calore di un neofita”. Tanta ammirazione. “Era attraente in lui la sua capacità di orientamento: era entrato subito nel vivo della polemica letteraria e del rinnovamento della letteratura italiana, con la sensibilità pronta dell’abruzzese, e insieme dell’abruzzese il sentimento della tradizione, della forma, e dell’abruzzese la moralità naturalmente esperta della giustizia e del bene e del male: il fondamentale cristianesimo”. Alvaro evidenziava che proprio sulle “esigenze di moralità e di cristianesimo, si sviluppò in seguito la personalità di Moscardelli, con l’esigenza del ritorno a un ordine, a una letteratura che rispondesse agli interrogativi fondamentali dell’uomo, di fronte alla crisi che sopraggiungeva in tutti i valori dell’esistenza e della società”.
Nicola Moscardelli è morto a Roma nel 1943. Aveva 49 anni, essendo nato a Ofena (L’Aquila) nel 1894. Aveva lottato a lungo contro la malattia, lavorando fino all’ultimo. “La vita non gli bastò. Fu un dolore vedere interrotta una ricerca in cui egli si era impegnato per intero”, scrisse Alvaro. Rammaricato perché “le necessità di lavoro mi separarono da Moscardelli, prima che la nostra amicizia si cementasse. Né era facile ritrovalo più tardi, chiuso e solitario come era”. Alvaro aveva avuto “una speranza”, quella di “vederlo al sommo di una verità raggiunta, e di un appagamento che sanasse le sue ansie, che compensasse il suo lavoro incessante di ricerca”. Lo scrittore calabrese concluse così il suo pensiero su uno dei protagonisti della storia della letteratura italiana del primo Novecento: “Resta in me l’immagine di quel nuovo poeta, in cui era già intera la sua personalità, anche quella delle sue febbrili ricerche: la sua fantasia delicata, la sua estrema sensibilità morale, la sua interiorità e freschezza. Credo che proprio questa parte istintiva e ispirata della sua vita si raccomandi alla memoria e alla storia della nostra letteratura”.
Scritti e libri preziosi che è possibile ancora recuperare e leggere grazie alle poche botteghe di antiquariato sopravvissute, purtroppo a forte rischio di chiusura. E sarebbe un vero peccato. “Hanno un ruolo indispensabile”, ci tiene a ribadire il prof. Giustizieri. “Libri esauriti nella pubblica vendita, giornali e riviste, quaderni monografici, fotografie documentali, labili tracce di esistenza, ecc., che solo le botteghe di antiquariato danno la possibilità di riportare in vita e alla luce. Naturalmente sta allo studioso saper distinguere il vero dal falso documentale; inoltre il colpo di fortuna, la gioia del ritrovamento insperato costituiscono momenti preziosi della ricerca”. Lo studioso aquilano rileva con amarezza che “la crisi ha colpito tutti e a L’Aquila il mio maggior riferimento è stato costretto, a causa degli affitti cresciuti a dismisura, a trasferire il suo magazzino di libri e quindi la sua attività in altro luogo e fuori regione. Per fortuna il collegamento diretto via telematica permette di sapere e annullare le distanze, ma comunque con il ritardo del…sapore della consegna!”.