Il Lago di Scanno (Ph Elisa Bistocchi | Dreamstime.com)

Quanto segue è il testo originale del professore Giovanni De Agostini (1863-1941) editore, geografo, cartografo e fondatore della casa editrice De Agostini di Milano. Il testo, stampato per “Italia Viva”, la rivista mensile che aveva lo scopo di descrivere dettagliatamente ogni  regione d’Italia. Questa sezione che delinea l’Abruzzo, è stata provveduta gentilmente da Graziella e Roberto Almanza. Si prega di notare il differente stile della lingua Italiana di circa di due secoli fa.

“Scendono i pastori con le lor gregge dalle montagne d’Abruzzo, verso i magri o i pingui pascoli delle Puglie e della campagna Romana, e vi risalgono al cominciar dell’estate, passando lenti per i millenari tratturi. Salgono e sostano sugli alti pascoli: e di lassù, come i lor padri, e i nonni, gli avi e gli antenati di due, di tre, di quattro mill’anni fa, muti e pensosi, forse con le stesse idee e con gli stessi sentimenti, mirano il panorama.
Il paesaggio non è cambiato. Impervi monti, i più alti dell’Appennino che qui troneggia a 2914 e a 2795 metri col Monte Corno del Gran Sasso e col Monte Amaro della Maiella, si succedono ad altri monti che si distaccano dalle catene dei Sabini e dei Simbruini, e si estollono dalle vallate dell’Aterno-Pescara e del Sangro, dai primi tratti del Liri, del Turano e del Salto, dall’ ampia conca di Avezzano.
Fiumi tempestosi. L’Aterno nasce presso l’Umbria, dal Passo di Montereale, e riceve le spumeggianti acque del Sagittario e del Gizio, e quelle più quiete della Conca Aquilana e della Conca di Sulmona; dopo la gola di Popoli cambia il nome in Pescara e s’ingrossa coi tributi del Tirino, del Cigno, della Nora, dell’Orte e del Lavino, fino a diventare uno dei massimi fiumi dell’Italia peninsulare, e sfocia nell’Adriatico all’omonima città di Pescara, l’antica Aternum, importante sede dei Vestini, dei Marrucini, dei Frentani e dei Peligni: tutti nomi storici che ricorrono nelle leggende e nei fasti dell’antica Roma, e ancor prima al tempo delle “primavere sacre” dei Sabini, alle origini della nostra stirpe.
 Il clima vi è rigido. Tra le alte montagne, coperte per molti mesi di neve e dove, sul Gran Sasso, biancheggia eterno l’unico ghiacciaio dell’Appennino, il Calderone; nelle conche interne del cosidetto Altipiano Abruzzese, di Aquila, di Sulmona e del Fucino, il clima è continentale: non vi arrivano le tepide aure dell’Adriatico, e si hanno calde estati e freddissimi inverni.
Ma, sul litorale, è diverso: se calda è l’estate, mite e dolce è l’inverno.
Ecco sulla spiaggia, subito dopo il confine marchigiano, Giulianova Marina. Col suo piccolo porto peschereccio, sorta ai piedi della più antica Giulianova. Ecco Montepagano, presso la foce del Mogano, e, più nell’interno, Colonnella, Tortoreto, Notaresco e Atri, l’antichissima Atria o Hadria, che, secondo alcuni, avrebbe dato il nome all’Adriatico, invece dell’Adria veneta.
Ecco Francavilla al Mare, alla foce d’Alento, sorta sulla spiaggia ai piedi di Francavilla Alta, che ha torri e mura medievali. Ecco pure Ortona a Mare, per distinguerla da un’altra Ortona dei Marsi, negli stessi Abruzzi, in provincia di Aquila: ha anch’essa un bel porto peschereccio e molte fabbriche; Fossacesia; Vasto col suo superbo castello del 1200.
Abbiamo lasciato indietro, di proposito, Pescara, la città natale di Gabriele D’Annunzio, eretta a capoluogo di provincia. È una provincia che conta oltre 200.000 abitanti, e ha un territorio ricco di boschi e di pascoli, coltivato a cereali, a olivi, a vigne, a frutta e a ortaggi. Come rosseggiano i pomodori, come trionfa la natura nelle novelle di Gabriele D’Annunzio!
Pescara è bella e grande città di circa 50.000 anime, in gran parte moderna, con decorosi palazzi e ville eleganti, con giardini e una pineta intitolata al nome del Poeta. Ha industrie siderurgiche, alimentari e chimiche, e un attivissimo porto peschereccio. Chi non ricorda le variopinte paranze, tante volte descritte nelle opere dannunziane?
In provincia di Pescara è Penne, una delle più pittoresche d’Abruzzo per i suoi edifici medievali.
A un altro grande poeta si vanta d’aver dato i natali, nell’antichità, l’Abruzzo: Ovidio, vissuto al tempo di Augusto, e, da questo imperatore, esiliato nella lontana Crimea, per motivi tuttora non abbastanza noti: Ovidio, il cantore delle “Metamorfosi” e dell’ “Ars Amandi”, il più fecondo poeta lirico latino, nato a Sulmona nel 43 A.C.
E Sulmona, che gli ha elevato un bel monumento e ne conserva la memoria fin nello stemma, con quattro lettere che son le iniziali di altrettante parole in un noto verso ovidiano: S.M.P.E. – Sulmo, mihi patria est – (Sulmona è la mia città natale). Sulmona è ora città di 25.000 abitanti circa, situata in una fertile conca della Valle Peligna, alla confluenza del Vella e del Gizio. Conserva avanzi romani, tra l’altro, in tre imponenti archi che sovrastano la Piazza Grande.
Altre provincie dell’Abruzzo sono Teramo, l’antica Interamna, la citta’ “tra i fiumi”, per essere anch’essa posta fra il Tordino e il Vezzola; Chieti, l’antica Teate capoluogo dei Marrucini e nel cui territorio sono le importanti cittadine di Lanciano, Atessa, Guardiagrele, Casoli e Palena; Campobasso, più propriamente capitale del Molise, coi comuni di Isernia, dalle mura ciclopiche, Venafro dell’anfiteatro romano, Agnone dalle sorgenti solfuree, Boiano e Larino e Termoli issata con le sue mura vetuste e col medievale castello su un promontorio presso la foce del Biferno.
Capitale di tutti gli Abruzzi è L’Aquila, di cui è interessante conoscere la storia: sorse nel 1254 per opera delle popolazioni di quei dintorni, e, appena cinque anni dopo, il re Manfredi la diroccò. Risorse sette anni appresso, nel 1266, in libero Comune a cui si federarono 68 castelli circonvicini, saliti poi a 99.
Cosicché, se tu vai all’Aquila, vedi ancora la città fondamentalmente costituita di 99 rioni, ognuno dei quali aveva la sua piazza, la sua chiesa, la sua fonte: 99 piazze, 99 chiese, 99 fontane…. E ancora una fontana getta l’acqua da 99 cannelle, e ancora poco dopo la mezzanotte, tutte le notti la campana pubblica batte 99 colpi.
Per finire, L’Aquila fu nuovamente distrutta nel 1452 da un terremoto: ed era allora diventata la seconda città di tutta l’Italia meridionale, dopo Napoli! Saccheggiata e rovinata nel 1529 dagli Spagnoli; devastata da altri terremoti nel 1646 e nel 1703….ora conta 60.000 abitanti.
Regione di contrasti, anche l’Abruzzo. Di lassù, dagli alti pascoli sopra i 2000 metri, i forti e pacifici pastori mantengono ancor quasi immutate le abitudini dei prischi Sabelli; a Scanno, le donne austere e gentili vestono costumi bellissimi e strani le cui origini si perdono nella leggenda. E v’è qui un laghetto, il Lago di Scanno, il maggiore d’Abruzzo, famoso per le sue trote, dalle acque limpidissime alimentate dal Tasso e da altri immissari, che poi sfuggono per vie sotterranee e sconosciute, non si sa, forse inghiottite dai meandri del Sagittario.
E v’era in Abruzzo un altro lago, il maggiore dell’Italia peninsulare, più vasto del Trasimeno e il terzo per estensione di tutt’Italia, dopo il Lago Maggiore, il quale è anch’esso scomparso. Ma non cancellato dalla natura, sibbene dall’opera dell’uomo.
Era una distesa d’acqua che copriva circa 155 km quadrati di superficie con un bacino imbrifero di 842 km quadrati, dove si convogliavano ben nove fiumi e torrenti. Ed era l’avanzo di un ben più vasto bacino lacustre che scaricava le sue linfe nel Salto e, quindi, nel Velino, andando a finire nel Tevere e nel Mar Tirreno!
Ridottosi a più modeste proporzioni, privo di emissari e tendendo a trasformarsi in palude, alterandosi di livello a seconda delle piogge e delle piene, e così minacciando di alluvioni i terreni e gli abitati vicini, fin da tempo dei Romani si era pensato di regolarlo.
L’imperatore Claudio aveva scavato un canale sotto il Monte Salviano. Con l’irruzione dei Barbari la conduttura franò, e il Lago di Fucino tornò alle condizioni primitive. Così durò per molti secoli. Finalmente, nel secolo scorso, una società apposita, costituitasi con mezzi ed uomini nazionali e stranieri, ritentò l’opera.
La società cadde. Rimase sulla breccia il principe romano Alessandro Torlonia, il quale pronunziò il motto famoso: “O Torlonia asciuga il Fucino, o il Fucino asciuga Torlonia!”
E vi si mise con tutte le sue capacità, con tutto il suo ingegno, con tutti i suoi mezzi, con tutta la sua perseveranza. Vinse Torlonia. Più di 100 chilometri di canali principali; circa 700 km di canali secondari e di fossati; un emissario sotterraneo lungo poco meno di sei chilometri e mezzo e dalla sezione di circa 20 metri, dal fondo del Fucino al letto del Liri.
I lavori cominciarono nel 1854, terminarono nel 1875: in quest’anno addì 30 giugno, il lago era completamente svuotato; 4000 operai al giorno vi erano stati assiduamente impiegati con una spesa di oltre 43 milioni di lire!
Si cominciò subito l’opera di coltivazione e d’appoderamento: 16.000 ettari di terreno riscattati dalle acque; grano, patate, barbabietole, viti e alberi da frutta dov’erano pochi pesci spinosi; un’infinità di case coloniche dov’erano poche piccole capanne di pescatori; 50.000 abitanti dove prima ne vivevano magramente 500.
L’Abruzzo cammina”.
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