Un tesoro d’arte, storia e bellezze: l’abbazia celestiniana a Badia di Sulmona è la più grande dell’Italia Centrale.

All’arrivo di Fra Pietro, nel 1241 secondo Guido Piccirilli, c’era una cappella dedicata a Maria. Verso la fine del XIII secolo, fu costruita una chiesa dedicata allo Spirito Santo, con convento annesso, sulla base dello stretto rapporto che Fra Pietro aveva stabilito con la teoria di Gioacchino da Fiore (1130-1202). Una teologia d’avanguardia che dimostra come papa Celestino V non fosse di “scarsità di dottrina”, come dichiarato nel testo delle dimissioni. Secondo Gioacchino da Fiore, la storia degli uomini si basa sul modello della Trinità, scandito in tre tappe: età del Padre: predominio della legge e della schiavitù; età del Figlio: predominio della grazia; età dello Spirito Santo: predominio dell’amore, della libertà, della Pace. Un’età in cui sarebbe arrivato il “Papa Angelico, il successore di Pietro che si eleverà in sublimi altezze”, al quale “sarà data piena libertà per rinnovare la religione cristiana e per predicare il Verbo di Dio… la gente non sguainerà la spada contro i propri simili e nessuno si addestrerà alla battaglia”.

Fra Pietro era giunto sul Morrone intorno al 1241, stabilendosi accanto ad un oratorio dedicato a Sant’Onofrio, eremita della Tebaide, che risaliva ad un’epoca di passaggio dal paganesimo al cristianesimo.
Si chiamava Pietro Angelerio, nato nel Molise ed entrato nell’Ordine di San Benedetto. Lasciato il monastero per farsi eremita, aveva trascorso tre anni sul monte Palleno (Porrara). Poi era andato a Roma per studiare e nel 1239 venne ordinato sacerdote. Il 21 marzo 1274, recandosi a Lione dove papa Gregorio X era arrivato per il Concilio Ecumenico, ottenne la Bolla di confermazione dell’Ordine dei monaci morronesi di Santo Spirito. Al ritorno, nel luglio 1274, a L’Aquila, promosse la costruzione di un Santuario dedicato alla Madonna, Santa Maria di Collemaggio, consacrato il 25 agosto 1288.

Nel 1292 alla morte del papa Niccolò IV, al conclave riunito a Perugia le due fazioni contrapposte dei cardinali (Orsini e Colonna), non riuscivano ad eleggere il nuovo papa. Vi si recò anche il re di Napoli Carlo II d’Angiò con suo figlio Carlo Martello per metterli d’accordo. Ma non ottenne nulla. Lasciando Perugia, Carlo II e il figlio Carlo Martello arrivarono a Sulmona. Il 6 aprile 1294 salirono a Sant’Onofrio e incontrarono Fra Pietro, suggerendogli di scrivere una lettera ai cardinali riuniti in conclave.

La lettera ebbe effetto e il 5 luglio 1294 Pietro da Morrone venne eletto papa, all’età di circa 80 anni. L’11 luglio i delegati si avviarono verso Sulmona. Anche Carlo II col figlio si recò a Badia di Sulmona, ma stanco per il lungo viaggio, lasciò che all’eremo salisse suo figlio Carlo Martello, insieme ai legati pontifici. Giunti all’eremo nella tarda mattinata, l’arcivescovo di Lione, Bernard De Gout, si inginocchiò davanti a Fra Pietro e gli consegnò il decreto di nomina. Pietro si ritirò in preghiera e in lacrime. Poi, dichiarò di accettare la nomina. Il 25 luglio il corteo partì per L’Aquila: Pietro su un asino e accanto Carlo d’Angiò e Carlo Martello. Arrivò a L’Aquila il 27 luglio, dove rimase per la consacrazione episcopale e per l’incoronazione papale che avvenne domenica 29 agosto 1294, alla presenza di tutti i cardinali. Prese il nome di Celestino, come Celestino III che aveva approvato l’Ordine di Gioacchino da Fiore.

Il 6 ottobre 1294 il corteo guidato da papa e re partì dall’Aquila per andare a Napoli. Il 7 ottobre arrivò a Sulmona e il 9 ottobre avvenne la consacrazione dell’altare maggiore della chiesa di Badia di Sulmona. Il 10 ottobre, salì a S. Onofrio e incontrò fra Roberto di Salle. Il 5 novembre arrivò a Napoli. Il 13 dicembre 1294 si dimise. Il successore, Bonifacio VIII, cercò in tutti i modi di inseguirlo con le sue guardie, riuscendo a farlo prigioniero e a rinchiuderlo nel castello di Fumone, in provincia di Frosinone. Il 19 maggio 1296 morì, recluso in una cella.    

Nel 1299, tre anni dopo la morte di Celestino V, Carlo II d’Angiò ricostruì il convento, abbellito nel 1500, restaurato dopo il terremoto del 1706.
Nel XVI secolo il complesso venne restaurato ed ampliato e nel 1596 fu dotato di un campanile a pianta quadrata, con finestre bifore sui quattro lati nella parte sommitale e un coronamento a cuspide piramidale.
Danni ingenti derivarono dal terremoto del 1706, a seguito del quale furono operati mutamenti consistenti e probabilmente ulteriori ampliamenti fino al 1730, come documenta la data visibile sull’orologio della chiesa.

L’Ordine dei Celestini fu soppresso nel 1807 e l’edificio ebbe varie destinazioni. Fu trasformato prima in Real collegio dei tre Abruzzi, poi in Ospizio, quindi in Real Casa dei Mendici dei tre Abruzzi, fino ad approdare, nel 1868, al suo utilizzo come Istituto di pena, che ne ha determinato notevoli cambiamenti per adeguarlo alla specifica funzione, cessata solo nel 1993.

Il 9 maggio 1974, dal carcere penitenziario avvenne l’evasione di Horst Fantazzini, un anarchico che aveva tentato una precedente evasione a Fossano, in Piemonte, ferendo varie guardie di custodia. Quello stesso 9 maggio, nelle carceri di Alessandria, si verificò un tentativo di evasione, che, dopo 32 ore, alle 17.10 di venerdì 10 maggio 1974, si concluse con un tragico epilogo: 7 morti (5 ostaggi e 2 detenuti) e 16 feriti. Al carcere di Sulmona l’evasione si concluse invece senza spargimento di sangue.

In seguito, verso la fine del secolo scorso, venne costruito un nuovo carcere e l’abbazia diventa una delle opere monumentali più importanti dell’Italia Centrale, affidata alle cure del Ministero dei Beni culturali.
All’interno dell’abbazia c’è la chiesa a croce greca, che presenta due pregevoli opere in legno: l’organo, eseguito dal milanese G. Battista Del Frate nel 1681 e il coro di Leonardo Macchione di Pacentro. Nella chiesa, la Cappella Caldora, con affreschi attribuiti a Johannes de Sulmona. In una nicchia ad arco semicircolare il monumento sepolcrale dei Caldora, scolpito nel 1412 da Gualterius de Alemania. Fu la madre, Rita Cantelmo moglie di Giovanni Antonio Caldora, che fece erigere il monumento al primo figlio Restaino, morto giovane.

Il 5 maggio 2018, dopo anni di ristrutturazione, la Chiesa di Santo Spirito è stata riaperta al pubblico.


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