L'amicizia, secondo Cicerone, è uno tra i doni più preziosi concessi ai mortali (Ph Dezalb da Pixabay)
Quanto sia importante divulgare la nostra cultura classica all’estero è stato confermato dal prezioso  dono che il premier italiano, Matteo Renzi, ha fatto a Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook: il “De Amicitia” o “Laelius” di Cicerone, in un’edizione antica e rara.
Facebook e il “De Amicitia” sono legati fra loro da un filo sottilissimo: al di là del contesto storico, politico, sociale, culturale, che ci separa dal I a.C., età in cui visse e operò Cicerone, non è cambiato molto nei secoli: l’amicizia resta importante.
Nella vera amicizia, secondo il grande avvocato e uomo politico romano (non l’adulazione condannata dai pensatori di tutti i tempi e in particolare da Teofrasto, III a. C. di scuola aristotelica), non si esita a rimproverare, anche con il rischio di offendere, la persona a cui si vuole davvero bene, se è necessario correggerla. Questo deve avvenire senza titubanze perché riprendere una persona, metterla di fronte allo specchio quando non vuole, quando ci accorgiamo che sta commettendo un errore, significa rispettare e tutelare la sua dignità.
Cicerone, nel dialogo dedicato all’amico Tito Pomponio Attico e composto tra l’estate e l’autunno del 44 a. C., con un’impostazione epicurea e stoica, descrive il rapporto con tale personaggio, di fronte al quale poteva togliere la maschera che quotidianamente indossava in pubblico per rivelare se stesso in tutta la sua complessità.
Cicerone arriverà ad affermare in una sua epistola “Mihi nemo est amicior nec iucundior nec carior Attico” ovvero “Nessuno mi è più amico né è più piacevole né più caro di Attico”, pur essendo i due di carattere completamente diverso.
L’amicizia, secondo Cicerone, è uno tra i doni più preziosi concessi ai mortali, perché la bellezza, la salute, il potere sono effimeri, passeggeri, mentre la vera amicizia resta per sempre, anche se è svanita la magia iniziale.
Molte persone entrano ed escono dalla nostra vita di tutti i giorni, mentre è solo il vero amico che rimane perpetuamente, anche se non è presente fisicamente, ma lascia le sue impronte indelebili nella nostra vita.
Celebri le parole del matematico greco Archita (428-360 a. C.), il quale sosteneva che un uomo, salendo al cielo e mirando la magnificenza degli astri, non ne avrebbe provato alcun piacere se non avesse avuto qualcuno a cui raccontarlo.
L’amico deve però rispettare gli spazi di libertà della persona a cui rivolge tutto il suo affetto, deve lasciarlo vivere, come avrebbe sostenuto a distanza di secoli il grandissimo drammaturgo inglese W. Shakespeare (1564 /1616 ): “Un amico è uno che sa come sei, capisce dove sei stato, accetta quello che sei diventato, e ancora, ti permette di crescere”.
Questo straordinario e incomparabile dialogo, il De Amicitia, riesce per la prima volta a manifestare un concetto di amicizia che era stato estraneo fino a quel momento al pragmatismo romano. Tradizionalmente, infatti, tale rapporto era stato inteso esclusivamente con fini di alleanza politica e militare.
Cicerone arriva invece ad affermare che l’ amicizia è superiore alla stessa parentela, perché un amico si sceglie spontaneamente sulla base di affinità, mentre un congiunto si deve accettare, chiunque sia.
Ecco che la vera amicizia, quella che non risente del trascorrere del tempo, della distanza, dei rimproveri, degli screzi può avvenire solo tra virtuosi.

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