Non ci vuole una laurea per capire dove sta il male, ma un corso per cambiare mentalità può servire. Alla facoltà di Filosofia di Bologna, la più antica Università del mondo occidentale (gli storici concordano sul 1088 quale anno di fondazione), è stato inaugurato il primo corso universitario in Italia dedicato all’analisi del femminicidio.
Un male oscuro che nel nostro Paese ha causato 124 vittime nel 2012, altre 134 nel 2013 e che quest’anno purtroppo non ha interrotto la tragica conta ed è già arrivato a 14 donne.
A Bologna si studierà come l’incapacità di amare si possa trasformare in capacità di uccidere.
È significativa la volontà di istituire un simile corso: significa uscire dalla dimensione di emergenza sociale per trasformarla in questione culturale, capire per promuovere una trasformazione che faccia cambiare la mentalità della gente e fermare quello che il Presidente della Repubblica definisce un “lutto collettivo”, invitando a sentirsi tutti partecipi del dolore delle donne ferite e uccise, e gli uomini a dissociarsi dagli uomini che uccidono mogli, figlie, compagne, ex, fidanzate.
Deve scuotere le coscienze sapere che in Italia il numero degli omicidi è calato, ma è rimasto costante il numero delle donne uccise dai loro partner e parenti.
Di altro tipo la campagna di comunicazione sociale che arriva dal progetto “calendario delle studentesse” che hanno scelto una formula di sensibilizzazione particolare: dalle foto che rischiano sempre di rendere oggetto la donna protagonista, al calendario che chiede rispetto per il genere femminile e lancia l’hashtag #ilcoraggioèdonna nel denunciare soprusi, violenze, abusi domestici e discriminazioni.
In proposito basti ricordare che oltre alla disparità di trattamento economico sul posto di lavoro e i licenziamenti facili (o le dimissioni in bianco firmate al momento dell’assunzione) in caso di maternità, si calcola che se le donne potessero equamente partecipare al mondo del lavoro contribuirebbero a incrementare il pil nazionale del 7%.