Quando scende la notte, le luci delle incantevoli ville che si affacciano sul Lario vibrano nel blu intenso dell’acqua del lago. Magicamente, come tante piccole stelle: dentro quelle aristocratiche dimore pare sia racchiusa la Storia e le storie di scrittori, poeti, pittori e musicisti italiani e stranieri che qui hanno soggiornato, hanno creato capolavori eterni e hanno, in alcuni casi, lasciato una parte del loro cuore.
Lungo la sponda del lago di Como, alle porte della città, nella zona detta “del Grumello”, sulla via per Cernobbio e a pochi passi dalla neoclassica Villa Olmo, si può ammirare ancora oggi in tutta la sua maestosità e regalità la splendida Villa del Grumello o Villa Celesia.
Venne fatta costruire nella seconda metà del ‘500 e restaurata varie volte. Ma il restauro più imponente è avvenuto grazie alla famiglia Celesia, da qui il secondo nome con cui viene ricordata la villa. La dimora ebbe tra i suoi proprietari anche il cardinale Benedetto Odescalchi, divenuto dal 1676 papa Innocenzo XI. Nel 1775 la proprietà passò alla famiglia Giovio. Il conte Giovan Battista, come il suo più celebre antenato l’umanista Paolo, era un raffinato intellettuale e amava raccogliere attorno a sé i personaggi più colti e gli spiriti più brillanti.
Nei secoli XVIII e XIX la villa del Grumello divenne famosa in Italia e all’estero per le faraoniche feste che vi si svolgevano e che si protraevano fino all’alba. Avvicinandoci e osservando attentamente da vicino la costruzione, sembra quasi di vedere i cocchieri che aprono le porte delle eleganti carrozze dei loro signori, di udire il nitrito e lo scalpitio dei cavalli e di assistere ai graziosi movimenti delle danze al suono delle note di Mozart che, nel grande salone dalle pareti ricoperte di specchi e affreschi e dai soffitti impreziositi da stucchi dorati, suscitano le fresche risate delle fanciulle dalle pettinature elaborate con riccioli cadenti attraversati da fiori, fermagli, diademi, mentre sventolano ventagli impreziositi da merletti. Tali immagini sono avvolte dall’intenso profumo di una ricca vegetazione, sì, perché questi aristocratici facevano a gara per possedere il parco più bello.
Alcuni avevano fatto arrivare da molto lontano i loro esemplari: America, Cina, Giappone…alberi secolari che qui continuano la loro esistenza in terra straniera tra statue, fontane, sculture, nicchie, balconate in pietra, siepi potate nelle guise più insolite, giardini labirintici.
Tra gli ospiti più assidui comparve il poeta e scrittore italiano Ugo Foscolo (1778/1827). Fu in tale contesto che l’artista, noto per il suo carisma misterioso, ebbe un’intensa e tormentata storia d’amore con la contessina Francesca, figlia del conte Giovio, proprietario della villa. Per lei, il poeta compose versi straordinari ne “Le Grazie”:
Come nel chiostro vergine romita
Se gli azzurri del cielo, e la splendente
Luna e il silenzio delle stelle adora,
Sente il Nume, ed al cembalo s’asside
E del piè e delle dita, e dell’errante
Estro e degli occhi vigili alle note
Sollecita il suo cembalo ispirata
Ma se improvvise rimembranze amore
In cor le manda, scorrendo più lente
Sovra i tasti le dita, e d’improvviso
Quella soave melodia che posa
Secreta ne’ vocali alvei del legno
Flebile e lenta all’aure s’aggira.
La travolgente, ma breve vicenda amorosa tra i due è anche testimoniata da alcune lettere di Foscolo all’amata, tra le quali una scritta il 19 marzo 1809:
“…tornando una sera a Grumello e guardando il lago, i colli e la casa dove io vi aveva veduta la prima volta, e pensando ch’io dovea presto lasciarli, il mio desiderio di dimorarvi sempre non distingueva voi dai luoghi e dalle persone che m’erano divenute sì care…”
Ma quando i genitori di Francesca si accorsero della simpatia tra la fanciulla e il poeta, non indugiarono a fare maritare la figlia con un colonnello francese che la portò con sé a Parigi: molte furono le resistenze della contessina, ma vane in quanto era ben nota a tutti e anche ai genitori della fanciulla la facilità del Foscolo ad innamorarsi e ad illudere per poi…abbandonare.
Foscolo non aveva danaro, spesso non riceveva lo stipendio, frequentava le bische, il Teatro alla Scala di Milano, viveva a credito, ma le battaglie e la letteratura lo avvolgevano di un fastoso alone romanzesco: egli era irresistibilmente affascinante.
Sebbene amasse circondarsi della fama di uno che detestava il bel mondo, tuttavia amava e cercava la compagnia dei ricchi che, a loro volta, erano attratti dal suo eloquio fluviale e dai gesti stravaganti e tumultuosi.
Presto le dame sarebbero state affascinate dalle “Ultime lettere di Jacopo Ortis”: “pazze e frenetiche per la lettura”.
Abitava a Milano in un quartiere elegante, in via della Spiga 789, a pochi passi dal palazzo del conte Marco Arese Questi era un uomo cortese, disponibile e dotato di spirito ironico. “Ho fatto rifare la facciata del mio palazzo – diceva – perché tutti l’amassero, e piace solo a me. Ho scelto mia moglie perché piacesse solo a me, e piace a tutti”.
Quella moglie amata da troppe persone era la marchesina Antonietta Fagnani, che aveva ventitré anni come Foscolo, ed era – secondo Stendhal – una delle sette donne più belle di Milano.
I due giovani si amarono moltissimo, ma non fu solo Antonietta a lacerare il cuore del poeta, ricordiamo Maria Graham, Caroline Russell, Sarah Austin.
E’ evidente come la piccola Francesca Giovio avesse poco da sperare, ma il Foscolo era così, riusciva ad ammaliare le sue prede, non concedendo loro nessuna possibilità di salvezza, era un uomo e un artista dalla forza incantatrice irresistibile, proprio come la splendida villa del Grumello sul lago di Como dalla quale, finalmente questa volta toccò a lui, venne soggiogato definitivamente e la cui bellezza gli rimase impressa nel cuore e nella memoria, con l’aura dolce e unica che solo a Como si respira, fino alla morte avvenuta a Turnham Green, un villaggio vicino a Londra, nel 1827, all’età di 49 anni.