I wonder: how many people know that Venice has a bridge dedicated to fist fighting, and that its story lies all in its very name, the Ponte dei Pugni, or the bridge of fists?
Forget about the baroque grandeur of Ponte dei Sospiri and don’t let your mind think too much about the fashionable centrality of Rialto bridge: when you look at it, the Ponte dei Pugni is simple and, while pretty – you wouldn’t expect anything in Venice not to be, it is truly rather unassuming. Located in the sestiere of Dorsoduro, just a stone’s throw from San Barnaba church, it crosses the homonymous canal, the Rio de San Barnaba. Architecturally, as said, it is quite simple, built in stone and bricks, with iron, cross-shaped railings supported by Istrian stone columns. Its only peculiarity are four Istrian stone footprints placed at its pathway.
If it’s not particularly valuable artistically, it’s not big nor really famous, why are you writing about it, you may ask. It’s simple: because of its history.
In centuries past, Venice was divided in two rival factions, something we still see in Venice’s own famous Regata Storica: the Castellani faction and the Nicolotti faction. The Castellani represented the residents of the city’s eastern part, where the sestiere Castello, the largest in Venice, is, while the Nicolotti held high the flag of people from the western side of the city, where we find the San Nicolò dei Mendicoli (Saint Nicholas of the Beggars) church. As you would expect from two opposing teams, each had a color, red for the Castellani and black for the Nicolotti.
Little is known about the two factions’ origin: some say they are vestiges of ancient civil wars, in particular of the one between the people of Eraclea and Jesolo, that had taken place in the early Middle Ages. After it, citizens from both towns moved and settled in the Venice lagoon, creating the communities that were to be at the root of the factions themselves. Others, on the other hand, associate their birth with the murder of a bishop from Castello, carried out by people from the San Nicolò dei Mendicoli area.
But where the rivalry comes from doesn’t really matter: it has always been there and the Venetian government did everything to keep it going. In the end, the more local men knew how to fight, the better it was when there was need for good fighters in the army; the more citizens were divided, the easier it was to keep them under control and avoid rebellions.
Now, the Castellani and the Nicolotti were particularly keen on a specific way to fight: using their fists. While they had indulged for some time in the use of canes and clubs, their hands, in the end, became the best of weapons.
In order to avoid chaos all year round, the Castellani and Nicolotti could fight one another only between September and Christmas day and only on bridges: their favorite? The Bridge of San Barnaba, of course, the one known today as – you guessed it – Ponte dei Pugni. The battle would begin with a fight between two champions, also known as mostra, but it would quickly turn into a full brawl. The ultimate aim of the game? Throwing your opponents in the canal, of course, so that your team could win.
So, how did the event take place?
It would all begin with choosing the bridge: indeed, while the Bridge of San Barnaba was the most famous, so much so its name would eventually bear witness to the fight – there were other bridges in Venice that could be used, the Ponte di Santa Fosca and also the aptly named Ponte della Guerra, located not far from the San Zulian church.
On the day chosen for the fight, the teams would gather at each end of the bridge: sometimes, there were up to three hundred participants and, in the older days when weapons could still be used – they were eventually banned in 1575 — it wasn’t unusual to see them geared up like soldiers, with helmets and shields. Locals would gather in the streets to watch and those who lived in the houses near the bridge would open their window to get a first row view of the show. As said, it would all start with two selected fighters challenging one another: each of them would put their feet on the Istrian stone footprints we can still see today, so that they’d start from the same place, in the same position. More often then not, the rest of the two groups would soon join in, and the bridge would become a bona fide battlefield in the middle of the city. In fact, it wasn’t unusual for the public to throw a punch or two, as well. Mind, the aim of it all wasn’t to kill the enemy, but just to throw him in the canal. That said, there must have been plenty of black eyes and broken noses around town in the following days.
The showdown could last for hours and, often, guards had to intervene to stop contentions at sunset.
On a faithful day in 1705, though, some fighters used knives instead of their hands: it was a gruesome, tragic battle, that year, between the Castellani and the Nicolotti. So tragic that authorities finally decided to put an end, perhaps rightly, to a long lasting, if pretty violent, tradition.
And this was just another little anecdote about La Serenissima and, today, only the name of a bridge and four inlaid stone footprints remain, of this curious gem of Venetian history.
Mi chiedo: quanti sanno che Venezia ha un ponte dedicato alla boxe, e che la sua storia sta tutta nel suo nome, il Ponte dei Pugni?
Dimenticate la grandezza barocca del Ponte dei Sospiri e non lasciate che la vostra mente pensi troppo alla centralità modaiola del ponte di Rialto: a ben guardare, il Ponte dei Pugni è semplice e, pur essendo bello – in fondo a Venezia ci si aspetta che tutto lo sia – è davvero piuttosto modesto. Situato nel sestiere di Dorsoduro, a due passi dalla chiesa di San Barnaba, attraversa l’omonimo canale, il Rio de San Barnaba.
Architettonicamente, come detto, è abbastanza semplice, costruito in pietra e mattoni, con ringhiere a croce in ferro sostenute da colonne in pietra d’Istria. La sua unica particolarità sono quattro impronte di pietra istriana poste sul suo percorso.
Se non è di particolare valore artistico, non è grande né veramente famoso, perché ne state scrivendo, vi chiederete. È semplice: per la sua storia.
Nei secoli passati, Venezia era divisa in due fazioni rivali, come vediamo ancora nella famosa Regata Storica di Venezia: la fazione dei Castellani e quella dei Nicolotti. I Castellani rappresentavano gli abitanti della parte orientale della città, dove si trova il sestiere Castello, il più grande di Venezia, mentre i Nicolotti tenevano alta la bandiera degli abitanti della parte occidentale della città, dove si trova la chiesa di San Nicolò dei Mendicoli. Come ci si aspetterebbe da due squadre contrapposte, ognuna aveva un colore, rosso per i Castellani e nero per i Nicolotti.
Poco si sa sull’origine delle due fazioni: alcuni dicono che sono vestigia di antiche guerre civili, in particolare di quella tra gli abitanti di Eraclea e di Jesolo, avvenute nell’alto medioevo. Dopo la battaglia, i cittadini di entrambe le città si trasferirono e si stabilirono nella laguna di Venezia, creando le comunità che sarebbero state all’origine delle fazioni stesse. Altri, invece, ne associano la nascita all’omicidio di un vescovo di Castello, compiuto da persone della zona di San Nicolò dei Mendicoli.
In realtà, da dove venga la rivalità non ha molta importanza: c’è sempre stata e il governo veneziano ha fatto di tutto per tenerla in piedi. Alla fine, più uomini sapevano combattere, meglio era quando c’era bisogno di buoni combattenti per l’esercito; più i cittadini erano divisi, più era facile tenerli sotto controllo ed evitare ribellioni.
Ora, i Castellani e i Nicolotti erano particolarmente appassionati di un modo specifico di combattere: usare i pugni. Se sbizzarrirono per qualche tempo nell’uso di bastoni e mazze, le mani, alla fine, divennero la migliore delle armi.
Per evitare il caos tutto l’anno, i Castellani e i Nicolotti potevano combattere solo tra settembre e il giorno di Natale e solo sui ponti: il loro preferito? Il Ponte di San Barnaba, naturalmente, quello conosciuto oggi come – avete indovinato – Ponte dei Pugni. La battaglia iniziava con un combattimento tra due campioni, detto anche mostra, ma si trasformava rapidamente in una vera e propria rissa. Lo scopo finale del gioco? Gettare gli avversari nel canale, ovviamente, in modo che la propria squadra potesse vincere.
Quindi, come si svolgeva l’evento?
Tutto cominciava con la scelta del ponte: infatti, mentre il Ponte di San Barnaba era il più famoso, tanto che il suo nome avrebbe poi testimoniato la lotta – c’erano altri ponti a Venezia che potevano essere utilizzati, il Ponte di Santa Fosca e anche l’azzeccato Ponte della Guerra, situato non lontano dalla chiesa di San Zulian.
Il giorno scelto per il combattimento, le squadre si radunavano ad ogni estremità del ponte: a volte, c’erano fino a trecento partecipanti e, nei tempi antichi in cui si potevano ancora usare le armi – che furono poi proibite nel 1575 – non era insolito vederli equipaggiati come soldati, con elmi e scudi. La gente del posto si radunava nelle strade per guardare e quelli che vivevano nelle case vicino al ponte aprivano le finestre per avere una visione in prima fila dello spettacolo. Come detto, tutto iniziava con due combattenti scelti che si sfidavano: ognuno di loro metteva i piedi sulle impronte di pietra istriana che possiamo vedere ancora oggi, in modo da partire dallo stesso posto, nella stessa posizione. Il più delle volte il resto dei due gruppi si univa presto, e il ponte diventava un vero e proprio campo di battaglia in mezzo alla città. In effetti, non era insolito che pure il pubblico tirasse un paio di pugni. Lo scopo di tutto ciò non era uccidere il nemico, ma solo di gettarlo nel canale. Detto questo, ci devono essere stati molti occhi neri e nasi rotti in giro per la città nei giorni seguenti.
La resa dei conti poteva durare ore e, spesso, le guardie dovevano intervenire per fermare le contese al tramonto.
In un tragico giorno del 1705, però, alcuni combattenti usarono i coltelli al posto delle mani: fu una macabra, tragica battaglia, quell’anno, tra i Castellani e i Nicolotti. Così tragica che le autorità decisero finalmente di porre fine, forse giustamente, a una tradizione duratura, anche se piuttosto violenta.
E questo è solo un altro piccolo aneddoto su La Serenissima e, oggi, di questo curioso gioiello della storia veneziana rimangono solo il nome di un ponte e quattro impronte di pietra intarsiata.
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