Il toponimo Tuscia, nato dopo il dominio etrusco, evoca un passato glorioso ed affascinante. La Tuscia occupa il vasto territorio compreso tra la Toscana, l’alto Lazio e l’Umbria occidentale. Fortunatamente ancora oggi si possono ammirare le tracce del passato, che meritano una visita attenta anche per la peculiarità del territorio.
ORTE - Il centro storico di Orte, in provincia di Viterbo, a circa 20 km dal capoluogo, è intensamente abitato e ha una struttura a pianta ellittica che si adatta alla forma del colle sul quale sorge il paese. È possibile scorgerlo già da lontano, in quanto lo sperone di origine tufacea su cui sorge sovrasta ampiamente la valle del Tevere.
Grazie alla sua particolare posizione, Orte è un importante nodo ferroviario ed autostradale a livello nazionale. Ma vi sono documenti che risalgono addirittura all’epoca preistorica che attestano la presenza di popolazioni in queste zone. Orte è stata a lungo dominio etrusco e, grazie alla sua posizione strategica, divenne un fiorente municipio, centro di numerosi scambi commerciali con la vicina Roma. Poi fu invasa dai barbari, per poi divenire patrimonio della chiesa.
Il passato è oggi degnamente rappresentato da tanti monumenti. Ad esempio la chiesa di S.Angelo, la cui cripta è venuta alla luce nel 1981, è di chiaro stile romanico con qualche richiamo al gotico. La cripta fu riempita di materiale da riporto quando nel 1695 fu demolita la parte superiore della chiesa per costruirvi sopra l’attuale edificio barocco.
La Cattedrale di Santa Maria Assunta era il monumento più grandioso della città, e fu edificata seguendo le forme di S. Pietro in Roma, modellata cioè sull’antica Basilica Costantiniana. Fu consacrata dal vescovo Tenderini il 9 novembre 1721, sotto il pontificato di Innocenzo XIII. La facciata è del secolo XIX.
Il Museo Diocesano, situato nella chiesa di S.Silvestro racchiude opere di notevole qualità ed interesse, come tavole a fondo oro dei secoli XII-XVI di scuola altolaziale, umbra e senese, tele, argenteria e paramenti sacri. Prezioso è il frammneto di mosaico della “Madonna bizantina” dell’VIII secolo.
Il Museo Civico Archeologico nell’antica chiesa di Sant’Antonio, custodisce i reperti rinvenuti negli scavi eseguiti ad Orte, suddivisi nelle sezioni etrusca, romana ed altomedioevale.
Importanza superiore a tutto il resto rivestono però le straordinarie opere del sottosuolo.
Nel corso di oltre duemila anni, il febbrile lavorìo di generazioni di oscuri operai ha creato nella pancia del blocco tufaceo un’estesa rete cunicolare dall’utilizzo più variegato, dalla rete idrica alla raccolta delle acque reflue. Per questo a partire dai primi anni ’90 è stato messo in piedi un progetto finalizzato alla visita dei luoghi di maggiore interesse turistico (per info e prenotazioni della visita guidata, a cura dell’Ass. Culturale Veramente Orte, visitaorte@gmail.com).
L’esperienza nella “Orte sotterranea” parte in ordine non cronologico. Questa rete cunicolare risale ad epoche diverse. Il nucleo più antico, di epoca romana, è una diramazione del condotto dell’acquedotto principale, di epoca etrusca, che attraversa longitudinalmente l’intera rupe di Orte per uno sviluppo complessivo di 1600 metri.
Con la realizzazione dell’Ospedale dei Raccomandati, nel Medioevo, forse l’apertura di un vano consentì di intercettare uno di questi cunicoli. Questo permise di approvvigionare una cisterna ed i lavatoi per il lavaggio delle lenzuola dei malati.
Graffiti autografi del costruttore fanno risalire al 20 gennaio 1891 il completamento del “pozzo di neve”, una struttura, come suggerisce il nome, creata ad hoc per realizzare una cella frigorifera. Qui la neve veniva raccolta e stipata garantendo la conservazione da un inverno all’altro. Il suo utilizzo era polifunzionale (conservazione di medicinali, derrate alimentari etc.), e molto opportuno per il funzionamento di un ospedale.
Il percorso prosegue con la visita ai cunicoli, che avviene dalla contrada San Sebastiano. L’ambiente principale, scavato verso la fine del Medioevo, intercetta gli onnipresenti cunicoli dell’acquedotto. Grazie all’ottimo sistema di illuminazione è possibile inoltrarsi per decine di metri, nelle viscere della città.
Il ramo principale è una sorta di Decumano sotterraneo, che si snoda lungo l’intera rupe, concepito intorno al VI secolo a.C. dagli Etruschi. Oltre che raccogliere l’acqua piovana, naturalmente filtrata da una roccia porosa qual è il tufo, l’acquedotto approvvigionava le fontane urbane attraverso le sorgenti fuori dalla cerchia muraria in località Le Grazie.
La terza tappa prevede la visita delle Colombaie, scavate nel lato settentrionale della rupe. Questi vasti ambienti, caratterizzati da un fitto reticolo di piccole celle ricavate nelle pareti, furono realizzati nel medioevo per garantire con l’allevamento di colombi, riserve di carne in caso di assedio. L’itinerario si chiude con il ninfeo sotterraneo concepito tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo nella parte meridionale della rupe. Classificabile tra i “luoghi di delizia” tipici poi nel giardino all’italiana, non è infrequente, come in questo caso, l’abbinamento a sedi monastiche. In effetti fu realizzato sotto al monastero oggi sconsacrato del-le benedettine di San Giorgio.
BOMARZO – Sempre nel territorio della Tuscia non si dimentichi di fermarsi a Bomarzo, delizioso paese fondato nel Medioevo in un territorio popolato fin dalla remota antichità. Da vedere il Palazzo Orsini, che domina il paese e il Parco dei Mostri.
La struttura antica di Palazzo Orsini, si apre in una corte dalla quale si accede al piano superiore. Il primo piano è diviso in cinque sale contigue che alternano soffitti affrescati, soffitti a cassettoni, decori, stucchi, camini in peperino, tipica pietra locale, e dipinti. L’orgoglio del Palazzo è un’ampia loggia, con pareti e soffitto decorati, che si affaccia sulla Valle del Tevere.
Non lontano dall’abitato si trova il Parco dei Mostri o “Sacro Bosco” degli Orsini, uno dei luoghi più importanti per l’architettura e la storia del paesaggio italiano.
Si estende per circa 3 ettari, con una serie di strutture fantastiche modellate su enormi massi vulcanici, allo scopo di realizzare un giardino delle delizie, ricco di opere d’arte innovative immerse nelle verdi e sinuose architetture di un giardino all’italiana.
Fu realizzato tra il 1552 e il 1580 su commissione di Pier Francesco Orsini, detto Vicino, che voleva creare nel suo feudo di Bomarzo un labirinto di simboli dove si potesse vagare sino a smarrirsi tra statue gigantesche e creature mostruose.
Il capolavoro, che la fantasia popolare ha ribattezzato come Parco dei Mostri, fu abbandonato dagli eredi del principe Orsini dopo la sua morte ed è stato re-staurato, solo dopo quattro secoli, dalla famiglia Bettini che ne ha la proprietà.
Le gigantesche e mostruose figure sono ricavate negli enormi blocchi di peperino disseminati nella valletta e fra le creazioni figurative che fanno del Parco un unicum tipologico sono cerberi tricipiti, sirene, orsi araldici (stemma dei principi Orsini), architetture bizzarre.
Passeggiando ci si imbatte improvvisamente in fantastici animali e figure di pietra: l’Orco, il mostro più emblematico con naso rincagnato, occhi vuoti ed enorme bocca spalancata, nel cui interno è ricavata una stanza con un tavolo; l’Elefante in battaglia; il Drago in lotta coi veltri; la Donna opulenta (Demetra), dalle enormi proporzioni, che sorregge un vaso sulla testa; Nettuno, o Plutone, che appoggia il dorso nudo a ridosso di un muro ciclopico; la Casetta inclinata in cui si avverte il disprezzo dei limiti della regola; la Tartaruga, sormontata da un’armoniosa figura musicale; il Gigante e la Maschera demoniaca che sorregge il globo sovrastato dai simboli araldici degli Orsini, a significare la potenza del casato.
Il Parco è aperto tutti i giorni (www.parcodeimostri.com)