Chissà se, in questi giorni, Enrico Letta ha mai ripensato alle ore in cui accettò l’incarico conferitogli dal Presidente della Repubblica di formare (e presiedere) uno stranissimo Governo composto da sinistra e destra, per far uscire il Paese dalla crisi economica e, se possibile, ripartire. Da allora – e sono passato diversi mesi – ogni giorno è sembrato lunghissimo.  Il Premier, abilissimo come suo zio Gianni, maestro di diplomazia, ha trascorso quasi più tempo a smussare, comporre, evitare strappi, litigi, incomprensioni.
Facendo litigare, ma poi sempre intervenendo.
 
Un Presidente del Consiglio in perenne trincea: bravissimo, da un lato, a (ri)accreditare il Paese nei grandi consessi europei e mondiali, dettando un’agenda economica sui temi della ripresa e pronto anche a mediare, sul fronte interno, continue prese di posizione di alcune ‘correnti’ del proprio partito, il PD, che vorrebbe chiudere al più presto con questa ibrida situazione di Governo, tornando presto alle urne per vincere le elezioni.
 
Non ci fosse stata la vicenda-Berlusconi (per il quale, in queste ore, la Giunta per le immunità sta votando la decadenza o meno da Senatore alla luce della condanna in Cassazione subita) o, forse, addirittura la presenza stessa di Berlusconi, Letta sarebbe forse riuscito a governare meglio, entrando di più nei cuori della gente.
 
Invece, i primi provvedimenti adottati, sono sembrati più palliativi che altro, non risolvendo, ad esempio (o provando a farlo) il problema della mancanza di lavoro per i giovani. Che dovrebbe inquietare di più del debito pubblico che aumenta di giorno in giorno. Perché senza lavoro il PIL non cresce, la sfiducia aumenta, le famiglie non spendono attaccando, invece, i propri risparmi, il Paese non decolla. Stretto attorno alla figura del proprio patriarca Berlusconi, il Popolo della Libertà ha sempre minacciato la crisi di Governo se il Cavaliere dovesse essere realmente ‘espulso’ dal Parlamento.
 
E frange del PD, dal canto loro, stufi di far parte di un Governo stranissimo e irripetibile in tandem con gli avversari politici di sempre, mai hanno perso l’abitudine di tirare per la giacca il Premier, sventolando venti di crisi. In questa situazione – un po’ pirandelliana per via della innumerevoli maschere che la politica italiana indossa in questa fase del propria vita – Enrico Letta si è spesso volutamente isolato, nascondendosi dietro la sagoma e la protezione di Giorgio Napolitano, in nome del Governo di ‘salvaguardia nazionale’, buono per rilanciare l’economia, rimettere i conti economici a posto, rintuzzando il deficit, facendo tornare la fiducia degli italiani verso le istituzioni.
 
Sono stati mesi complicati per il Premier, costretto a vivere perennemente sulla graticola. Con la speranza di farcela, guidando un Esecutivo particolarissimo, un occhio al Paese e un altro ai continui richiami dell’UE sul debito pubblico. Adesso che la vita futura di questo Governo è a fortissimo rischio – squassato dall’ennesima vicenda Berlusconi – il Premier non tiene conto degli spifferi, provando, per l’ennesima volta, a mediare. A chi gioverebbe, oggi, un’altra crisi politica, agitando il rischio di nuove elezioni, peraltro da tenersi con i vecchi paletti della legge elettorale?   
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