Maria Teresa d'Asburgo è stata anche duchessa di Parma e piacenza, Milano e Mantova, granduchessa di Toscana e governò su Trieste (Ph Gerhard Bögner da Pixabay)

Nasceva 300 anni fa a Vienna Maria Teresa d’Austria, sovrana dell’impero austroungarico per 40 anni dal 1740 fino alla scomparsa avvenuta sempre a Vienna nel 1780. Regnò su gran parte dell’Europa, dall’Austria all’Ungheria, Boemia, Croazia e Slavonia, ma fu anche duchessa di Parma, Piacenza, Mantova e Milano, granduchessa consorte di Toscana. E quindi Trieste, che allora faceva parte dell’Austria.

Le celebrazioni  quest’anno hanno preso un sapore particolare, non solo si tratta di un numero tondo, ma in questa Europa così problematica, percorsa da nazionalismi e populismi si fa strada una consapevolezza nuova: ci si domanda se non sia da ripensare e valorizzare il contributo che ha dato alla formazione di una coscienza europea una esperienza come quella di Maria Teresa d’Austria. E questa lettura è stata l’asse portante della lectio magistralis di Paolo Mieli – già direttore di due quotidiani, “La Stampa” e “Corriere della Sera”, nonché storico e conduttore di programmi televisivi dedicati alla storia appunto – iniziativa che si è  svolta il 13 maggio a Trieste davanti a una platea di circa mille persone nelle sale della Stazione marittima.

Paolo Mieli ha definito l’occasione un “piccolo atto rivoluzionario”, giacché celebrare Maria Teresa non era scontato, un atto che fino a poco tempo fa “non avremmo avuto il coraggio di fare”. La storia che abbiamo studiato a scuola assegna una importanza determinante alla nascita delle nazioni e, per rimanere in Italia, al processo unitario del 1861, perché parlar bene di quello che avviene prima si temeva potesse far passare in secondo piano l’esperienza  del Risorgimento. Ebbene Mieli si spinge a dire che “a dispetto di quello che pensiamo oggi, i secoli dei nazionalismi sono stati meno moderni del secolo di Maria Teresa”, anche se questo non significa rimpiangere l’Impero ma, avere un approccio laico a quel periodo, per avere un aiuto per affrontare la fase difficile che stiamo vivendo.

Maria Teresa diventa imperatrice nel 1740, il padre Carlo VI lascia un impero allo sfascio, teatro di litigiosità di tutti i tipi, ma che aveva fatto almeno tre riforme importanti: la dichiarazione sulla libera navigazione in Adriatico del 1717, la patente di Porto Franco di Trieste nel 1719 e la “pragmatica sanzione” del 1713, che consente la successione dell’Impero asburgico anche alla linea femminile e quindi a MariaTeresa. Ma l’impero era in difficoltà e viveva un clima di litigiosità e la sovrana riesce in pochi anni a trasformarlo nel più solido d’Europa, circondandosi di consiglieri capaci e esponenti della cultura in tutte le arti.

È stato un impero moderno: introduce il catasto, imponendo le tasse anche alle terre dei nobili, vara riforme sanitarie, innova il sistema scolastico con l’obbligo  di frequenza fino ai 12 anni per entrambi i sessi, elimina la pena di morte e la tortura. Riforme innovative che vennero portate avanti con il coinvolgimento del primogenito Giuseppe, ancora più “illuminato” che diede attuazione e una spinta al lavoro impostato dalla madre. E poi la ricchezza straordinaria di aver tenuto insieme popoli tanto diversi per cultura e lingue, “un vero capolavoro”, sottolinea  Mieli.

In più Maria Teresa è una donna, e non è stata la sola, è il caso di Elisabetta I in Inghilterra e di Caterina II di Russia, mentre “il mondo nato dalla rivoluzione francese fu regolato dagli uomini”. Ad avere un ruolo di primo piano Maria Teresa è aiutata anche dal marito Francesco Stefano di Lorena, assolutamente non interessato alle responsabilità del regnare, anche se il loro matrimonio fu solido e felice, oltre che  prolifico con ben 16 figli.

In tutto questo spicca l’esperienza di Trieste, che deve tutto a Maria Teresa che in pochi anni riuscì a trasformarla da borgo arroccato di non più di 3000 anime a oltre 200000 persone, arrivate da tutto il mediterraneo con il loro bagaglio di cultura e di orientamenti religiosi: ebrei, greci, serbi, croati, armeni, turchi, che poterono dedicarsi ai loro culti, come dimostrano ancora oggi i tanti luoghi di preghiera, così come la presenza di altrettanti cimiteri.

Le mura medioevali vengono abbattute creando una continuità tra la città vecchia e quella nuova, che diventerà la piazza dei commerci e degli empori, fa costruire un lazzaretto, un orfanotrofio, un acquedotto per assicurare acqua potabile a tutti, oltre ad un ospedale in grado di soddisfare le esigenze di una popolazione in grande crescita. Fonda la scuola nautica, costruisce il Canal Grande dove arrivavano le navi con le merci, nascono i cantieri navali; ma soprattutto conosce un grande sviluppo il Porto: Trieste è l’unico sbocco a mare dell’Impero e soprattutto è porto franco.

Ora il punto è: Trieste potrebbe ritrovare una centralità nello spazio mitteleuropeo? Certo che sì, a cominciare dal porto che continua a godere di uno stato privilegiato e che ha suscitato l’interesse dei cinesi, come stazione di passaggio – ma non solo, anche logistica- per le merci che partono da oriente proiettate in Europa: è stato questo uno dei temi trattati durante la recente visita di stato dello scorso febbraio del presidente Mattarella in Cina. Insomma una moderna “via della seta”.

Un ricco calendario di iniziative si svilupperà durante tutto l’anno e gode del concorso della Regione,  della collaborazione dell’INCE (Iniziativa Centro Europea), del patrocinio dell’Unesco e naturalmente del Comune. E speriamo che tutto questo si concluda con la nascita di qualche simbolo che in città ricordi Maria Teresa perché l’amore di Trieste per la sovrana non ha mai saputo creare un segno in questo senso, ma anche questo è  oggetto di riflessione in questo periodo.

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