Torriana, comune di 1.548 abitanti della provincia di Rimini in Emilia Romagna.
 
Fino al 1938 si chiamava Scorticata tanto che il dialetto conserva la dicitura originaria: Scurghèda in romagnolo. Si erge in posizione strategica sulle prime colline riminesi a protezione delle terre malatestiane perchè dominava la via d’accesso che dalla Valle del fiume Marecchia portava alla Pianura Padana e a Rimini. Le rocche di Verucchio, Torriana, Montebello  e le torri di avvistamento poste sui monti limitrofi rendevano pressoché impossibile scendere a valle senza essere visti e ciò rappresentò per molti decenni una linea inespugnabile, di difesa contro le guarnigioni nemiche.
 A Torriana la rocca dell’amore tragico di Paolo e Francesca

 A Torriana la rocca dell’amore tragico di Paolo e Francesca

 
Scorticata deve il suo nome alla zona che in passato doveva essere particolarmente aspra, arida e priva di vegetazione, proprio dove, confondendosi con le rocce, sorge la Rocca di Torriana. Proprio lì, tradizione vuole, trovò la morte Gianciotto Malatesta. Personaggio che passò alla storia non tanto per le sue gesta di condottiero o regnante, bensì per aver posto tragicamente fine alla tormentata e passionale storia d’amore fra Francesca Da Polenta, sua legittima moglie, e il fratello Paolo Malatesta. I due amanti sono tutt’ora ricordati e vivi nella memoria della popolazione locale, grazie anche alla citazione che Dante riserva loro nel V canto dell’Inferno ponendoli nel girone dei lussuriosi.
 
Restaurato negli anni ’60, il castello ospitò un ristorante e un night club e la sua mole attuale, pur se rifatta per molti volumi, ricalca il maniero originario. A Torriana, poi, c’è da vedere la chiesa che contiene pregevoli tele del ’700 romagnolo. Il borgo di Torriana è ap-poggiato ai piedi del gran masso calcareo che un tempo dovette apparire ben più nudo di oggi, tutto circondato com’è da una fitta vegetazione. L’abitato, che si stende praticamente lungo la via principale, tuttavia si costituì in tempi di molto successivi alle fortificazioni, è infatti di impianto ottocentesco con le case che si inerpicano sul primo tratto dello scoglio roccioso. 
 
Urbino, comune marchigiano di 15.627 abitanti, capoluogo con Pesaro della provincia di Pesaro e Urbino.
 
Fu uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano, di cui ancora oggi conserva l’eredità architettonica. Dal 1998 il centro storico è patrimonio dell’umanità Unesco. Secondo la tradizione latina, il nome deriva da Urvinum Mataurense. Urvinum designava il manico dell’aratro, alla cui forma assomigliava la collina del Poggio sulla quale vi era il primitivo nucleo della città. Mataurense deriva dalla vicinanza geografica al fiume Mataurus, l’attuale Metauro. La città romana divenne un centro importante durante le Guerre gotiche nel VI secolo. Venne poi presa nel 538 dal bizantino Belisario, togliendola ai Goti. Passò quindi nel dominio dei Longobardi e poi dei Fran-chi che poi la cedettero allo Stato della Chiesa.
 
Intorno al 1200, cadde sotto il dominio dei nobili di Montefeltro fino al 1508. Durante questo periodo, Urbino prese l’aspetto che in parte ancora oggi ha, con le sue cinta murarie. L’esponente più famoso dei Montefeltro fu Federico, signore dal 1444 al 1482, condottiero di successo, diplomatico abilissimo e patrono entusiasta di arti e letteratura. Alla sua corte, Piero della Francesca scrisse sulla scienza della prospettiva, Francesco di Giorgio Martini scrisse il suo Trattato di architettura e il padre di Raffaello, Gio-vanni Santi, scrisse il resoconto poetico sui principali artisti del periodo.
 
La corte brillante di Federico, attraverso le descrizioni di Baldassarre Castiglione ne “Il Cortegiano”, introdusse i caratteri del cosiddetto “gentiluomo” in Europa, che rimasero pienamente in voga fino al XX secolo. Al civico 57 della via Raffaello Sanzio si può ammirare un affresco del giovane pittore oltre agli arredi e agli ambienti della casa dove visse. Dal 1625 Urbino fu  governata da un legato pontificio. In seguito il ricco patrimonio artistico del Palazzo Ducale andò a costituire il corposo nucleo della futura Galleria degli Uffizi. Tra le opere andate a Firenze c’è il famosissimo dittico dei duchi d’Urbino di Piero della Francesca.
 
Valva è un comune campano di 1.767 abitanti della provincia di Salerno nell’Alta Valle del Sele. 

 L’abitato di Valva nell’alta valle del Sele

 L’abitato di Valva nell’alta valle del Sele

 
Centro agricolo alle falde orientali del monte Marzano, domina la valle del Sele in un territorio in gran parte montano. La presenza umana è attestata da reperti di epoca greca e da numerose lapidi e cippi commemorativi risalenti al primo secolo dopo Cristo. La tradizione vuole che i primi abitanti siano appartenuti territorialmente all’antica Ursento. Fu costruita nei pressi del luogo dove sorgeva una fiorente città, dello stesso nome, al tempo dell’impero romano. Gli abitanti della città romana, per le invasioni barbariche, abbandonarono le loro case e costruirono più in alto sul monte un nuovo borgo fondando così Valva Vecchia della quale restano ancora le rovine. In età medioevale, pur in assenza di testimonianze certe, il suo territorio era compreso nel Gastaldato di Conza. Dopo la vittoria dei Normanni, principi di Salerno, Valva passò sotto la loro influenza e fu donata al milite Gozzolino.
 
Nella prima metà del XII secolo il borgo fu concesso a Gradalone di Valva, discendente da Gozzolino, alla cui famiglia sembra che il feudo sia appartenuto fino al 1806. In età moderna la cittadina seguì le sorti delle località salernitane. Durante la Seconda Guerra Mondiale la valle e il castello furono furono trasformati in ospedale e quartiere del generale Kesserling e, dopo lo sbarco di Salerno, divennero un punto di contatto delle truppe alleate angloamericane. Valva, costituisce un interessante esempio di valorizzazione dei centri storici ricostruiti nell’area terremotata del 1980.
 
Per questo ha ottenuto anche la Medaglia d’oro al Merito Civile con questa motivazione: “In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegno civile, la città di Valva affrontava la difficile opera di ricostruzione del proprio tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, economico e produttivo. Mirabile esempio di valore civico ed altissimo senso di abnegazione”. Da visitare la Villa D’Ayala che si estende per 17 ettari.
 
 
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