Tindari, mite ti so / Fra larghi colli pensile sull’acque / Delle isole dolci del dio, oggi m’assali / e ti chini in cuore… Inizia così una delle più significative poesie di Salvatore Quasimodo premio Nobel nel 1959, siciliano di Modica, cittadina in provincia di Ragusa, comparsa  nella prima raccolta poetica dal titolo Acque e terre (1920-1929).
Tindari, nel territorio di Patti in provincia di Messina, è sicuramente uno dei luoghi della Sicilia più conosciuti al mondo grazie alla sua Madonna nera, il cui culto risale a tempi molto lontani anche se non se ne trovano precisi riferimenti temporali documentali. Tuttavia la tradizione, poiché non presenta caratteri contraddittori o inverosimili, viene accettata come verità storica.
 
Si narra che una nave proveniente dall’Oriente e che trasportava tra il carico, nascosta nella stiva, una cassa contenente una statua della Madonna, ritornando da un lungo viaggio, abbia incotrato una tempesta e sia stata costretta a rifugiarsi nella baia di Tindari in attesa che il mare si calmasse. Al termine della burrasca i marinai decisero di riprendere il largo ma erano come incagliati nelle acque sabbiose di Marinello (odierno nome della baia di Tindari). A nulla valse alleggerirsi del carico che trasportavano finché non abbandonarono la pesante cassa contenente la statua della Madonna. Solo allora poterono ripartire. I marinai del luogo, recuperata la cassa, la aprirono e videro con piacevole stupore che conteneva l’effigie della Madonna. Decisero di trasportarla in cima al punto più alto e più bello del paese, cioè al Tindaro che era già abitato da una comunità cristiana.
 
Ma cosa ha di particolare questo simulacro? Datato tra il V e il VI secolo, di autore sconosciuto, è stato certamente scolpito in legno di cedro. La Madonna è rappresentata seduta con in grembo il bambin Gesù che ha la mano destra sollevata in atto di benedire. Sovrasta il capo di Maria una corona decisamente di tipo orientale (greco?) che costituisce un unicum con il resto del corpo. La Madonna indossa un mantello azzurro e il Bambinello un vestito bianco. Il volto di Maria è di colore nero.
Oggi la statua si trova all’interno del Santuario-Cattedrale di Tindari ed è meta di tanti pellegrini che costantemente la visitano per devozione e nel periodo della sua celebrazione, il 7 e l’8 settembre di ogni anno, non sono pochi i fedeli che la raggiungono percorrendo la salita a piedi per potere chiederle una grazia, per sciogliere un voto o per ringraziarla di una grazia ricevuta.
I giorni dei festeggiamenti vedono il sagrato della Cattedrale colmo di gente che, non solo per fede ma anche per curiosità, si sofferma ad ammirare le sue fattezze uniche e la folla di devoti che assiste alle funzioni religiose. In occasione delle celebrazioni, viene tradizionalmente offerta la lampada votiva ad un comune della provincia e quest’anno è stata assegnata al comune di Tusa. Quest’anno è stata anche immersa nel mare di Patti una copia in bronzo di 60 kg della statua della Madonna Nera per ricordare tutti i migranti arrivati sulle coste siciliane e che qui hanno perduto la vita annegando.
 
La città di Tindari fu fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 avanti Cristo a capo dei mercenari siracusani che avevano combattuto contro i Cartaginesi e prese il nome dal re di Sparta, sposo di Leda e padre putativo dei Dioscuri Castore e Polluce, Tindaro.
Fu scenario di guerra nella battaglia detta appunto di Tindari nel 257 avanti Cristo condotta dai Romani contro i Cartaginesi, questi ultimi messi in fuga dalla flotta guidata dal console Aulo Attilio Calatino. Passata ai Romani fu base navale di Sesto Pompeo e meritò una citazione da parte di Marco Tullio Cicerone che la definì nobilissima civitas.
Alla fine del IV secolo avanti Cristo fu costruito alla maniera greca il teatro e arricchito in seguito da decorazioni e adattato a sede per i giochi dell’anfiteatro dai Romani. Distribuito seguendo la conformazione a conca del terreno su cui poggiava, le gradinate dei sedili potevano contenere fino a tremila spettatori. Subì cambiamenti nel tempo e dal 1956 vi si tiene un festival artistico dedicato alla musica, alla danza e al teatro. 
I resti della zona archeologica sono quasi integri in quanto la pietra arenaria delle sue costruzioni non fu mai saccheggiata perché ritenuta di bassa qualità. Subì frane e terremoti nel passare dei secoli e il santuario in cui si trova la Madonna nera col bambino venne di volta in volta ingrandito.
 
Tindari non è famosa soltanto – e già sarebbe abbastanza – per il suo santuario e la Madonna nera. Alla base del promontorio, spinte dalle mareggiate, lingue di sabbia ne disegnano il paesaggio e hanno conferito nel tempo a Marinello il nome di mare secco. Anche in questo caso, i racconti antichi conferiscono al paesaggio un alone di fiaba.
Narra una leggenda che una bambina sporgendosi un po’ troppo dalla terrazza del santuario, precipitò in mare ma fu ritrovata salva sulla spiaggia che il mare, appena ritiratosi, aveva disegnato. Un’altra leggenda racconta di una maga che abitava una grotta sul costone sopra la spiaggia e che col suo canto attirava i marinai che passavano di là per divorarli. Quando per la difficoltà di raggiungere la grotta i marinai si rifiutavano di avvicinarsi, si narra che la maga affondasse le sue dita nelle pareti lasciando dei piccoli buchi ancora oggi visibili nella roccia.
 
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