Partigiani battalion Pino Pudicin in Pola, at the end of the war (Copyrighted work available under Creative Commons agreement. Wikicommons/Public Domain)

For us Italians, it is a familiar melody and we all know its lyrics. Many of us learned it in elementary school, along with the first lines of our national anthem. But the rest of the world, probably, only got to know it recently, after it became the musical counterpoint to the events and people of Netflix’s Money Heist. 

In even more recent days, our Bella Ciao returned to be the embodiment of freedom and fight against the aggressor thanks to Ukrainian folk singer Khrystyna Soloviy, who readapted it to fit her country’s courageous and righteous fight against Russia. She said she wanted to dedicate it to “all the armed forces, to our heroes and to all those who are currently fighting for their own land.” While words have been changed in this new, tragic Ukrainian version, the soul of the song remains the same: combattere per la libertà, fighting for freedom.

For us Italian, Bella Ciao means all that and more. It is the symbol of our Resistenza, of our national uprising against Nazi-Fascism. It has been the sound and verse of Italy’s rejection of any form of dictatorship and, in many a way, an instrument of catharsis, of emotional cleansing after the tragedies Fascism brought to us. Bella Ciao is the song of Partigiani and, this time of the year, just a handful of days away from the Day of Liberation, when we celebrate the end of the Second World War (25th of April), we all have it in our mind. 

 Bella Ciao is Italy’s Resistenza in a nutshell, but we know very little about its history, about who wrote it, and when. And the little we know is quite surprising. Yes, because, likely, our Partigiani never sang Bella Ciao during the war: in other words, the song of the Resistenza was unknown during the Resistenza. Not that it really makes a difference, when it comes to its meaning and symbolism, but there is that. 

Its creation, as well as pinpointing the first time it was recorded, is the equivalent of an epic saga. Some say that Partigiani of the Val d’Ossola used to sing it, others believe it was those fighting in the Langhe or in Emilia. Truth is, nobody really knows if any of these groups ever knew it. 

One thing seems to be certain: whether Bella Ciao was embraced as a freedom anthem during or after – as we will see later – the war, the music existed already. Here too, however, there are a variety of different opinions about its provenance: some think the original song, with different lyrics, was commonly intoned by Pianura Padana’s weeders (our mondine) in the 1940s; others think the melody belongs to an old Genoese song and others still that it comes from Veneto. Many believe it has foreign origins and associate it with an old Dalmatian popular song. As stated by Carlo Pestelli, cited in a 2018 blog post by Dino Messina of Il Corriere della Sera, Bella Ciao is like “a ball of yarn, where many strands of different colors intertwine.”

Messina also helps us to ascertain where and when the melody was recorded for the first time: on a gramophone recording by gypsy accordionist Mishka Ziganoff, “Klezmer-Yiddish Swing Music,” In 1919. Klezmer music was a multi-ethnic, multi-cultural style that borrowed greatly from Slavic musical tradition, so the idea that the original Bella Ciao came, in fact, from Dalmatia, seems to be quite realistic.

And what can we say about its powerful, iconic lyrics?

Italians walk free on the 25th of April 1945. Copyrighted work available under Creative Commons agreement. Author: Gius195. License: CC BY-SA 4.0

Now, if you know Italian and are familiar with them, you are aware of the fact the references to the Resistenza are many and quite clear: Partigiani are mentioned, the context is definitely that of a war against an oppressor, and the landscape depicted is that of our mountains where, indeed, much of the guerra partigiana took place. Yet, as we mentioned earlier, it is unlikely our freedom fighters ever sang it during the war. There is no written, documental attestation of the versione partigiana of Bella Ciao during the war, nor in the first years after it: no trace of it among the song booklets Partigiani had with them while fighting, nor in the many post-war publications dedicated to musica partigiana that were popular in Italy during the late 1940s. Pasolini doesn’t mention Bella Ciao in his Canzoniere Italiano, even if a whole section is dedicated to the music of the Resistenza. However, Bella Ciao – the version with the feisty lyrics – was there already, as it was published for the first time in 1953, in the magazine La Lapa. In 1955, it was finally recorded as a canzone partigiana for a musical collection curated by the youth commission of the Italian socialist party. 

So, what’s the truth? 

The truth is that Bella Ciao “the music” has old, Slavic origins and that Bella Ciao “the lyrics” is the result of a post-war creative effort. Our Partigiani never sang it during the war. 

But does this make it less of a symbol? Does this make its words less significant or any less powerful? Not really, because the song does represent perfectly the sentiment of those who fought during the civil war against the “invader,” powerfully portrays the sacrifice of many and the noble motivation behind it all. In Italy, Bella Ciao is like an alternative national anthem, because it is the embodiment of the ideals our country was built upon after the carnage of World War Two. Ideals we shared – and we still share today – with Europe and the world. Ideals worth fighting for, so much so, that our Bella Ciao has become a song of freedom everywhere. 

Per noi italiani è una melodia familiare e tutti ne conosciamo il testo. Molti di noi l’hanno imparata alle elementari, insieme ai primi versi del nostro inno nazionale. Ma il resto del mondo, probabilmente, l’ha conosciuta solo di recente, dopo che è diventata il contrappunto musicale alle vicende e alle persone di Money Heist di Netflix.

In giorni ancora più recenti, la nostra Bella Ciao è tornata ad essere l’incarnazione della libertà e della lotta contro l’aggressore grazie alla cantante folk ucraina Khrystyna Soloviy, che l’ha riadattata perchè rispecchiasse la coraggiosa e giusta lotta del suo Paese contro la Russia. Ha detto di volerla dedicare a “tutte le forze armate, ai nostri eroi e a tutti coloro che stanno attualmente combattendo per la loro terra”. Se le parole sono state cambiate in questa nuova, tragica versione ucraina, l’anima della canzone rimane la stessa: combattere per la libertà.

Per noi italiani, Bella Ciao significa tutto questo e molto di più. È il simbolo della nostra Resistenza, della nostra rivolta nazionale contro il nazifascismo. È stato il suono e il verso del rifiuto dell’Italia di ogni forma di dittatura e, in molti modi, uno strumento di catarsi, di pulizia emotiva dopo le tragedie che il fascismo ci ha portato. Bella Ciao è la canzone dei Partigiani e, in questo periodo dell’anno, a una manciata di giorni dalla Festa della Liberazione, quando si celebra la fine della Seconda Guerra Mondiale (25 aprile), ce l’abbiamo tutti in testa.

Bella Ciao è la Resistenza italiana in poche parole, ma sappiamo molto poco della sua storia, di chi l’ha scritta e quando. E quel poco che sappiamo è abbastanza sorprendente. Sì, perché, probabilmente, i nostri partigiani non hanno mai cantato Bella Ciao durante la guerra: in altre parole, la canzone della Resistenza era sconosciuta ai tempi della Resistenza. Non che questo faccia davvero la differenza, quando si tratta del suo significato e del suo simbolismo, ma è così.

La creazione, così come l’individuazione della prima volta che fu registrata, è l’equivalente di una saga epica. Alcuni dicono che la cantavano i Partigiani della Val d’Ossola, altri credono che siano stati quelli che combattevano nelle Langhe o in Emilia. La verità è che nessuno sa davvero se qualcuno di questi gruppi l’abbia mai conosciuta.

Una cosa sembra certa: che Bella Ciao sia diventata un inno di libertà durante o dopo – come vedremo più avanti – la guerra, la musica esisteva già. Anche qui, però, ci sono diverse opinioni sulla provenienza: alcuni pensano che la canzone originale, con un testo diverso, fosse comunemente intonata dalle mondine della Pianura Padana negli anni ’40; altri pensano che la melodia appartenga a una vecchia canzone genovese e altri ancora che sia veneta. Molti ritengono che abbia origini straniere e la associano a una vecchia canzone popolare dalmata. Come afferma Carlo Pestelli, citato in un post del 2018 sul blog di Dino Messina de Il Corriere della Sera, Bella Ciao è come “un gomitolo, dove si intrecciano tanti fili di colori diversi”.

Messina ci aiuta anche ad accertare dove e quando la melodia sia stata registrata per la prima volta: su una registrazione per grammofono della fisarmonicista zingara Mishka Ziganoff, “Klezmer-Yiddish Swing Music”, nel 1919. La musica klezmer era uno stile multietnico e multiculturale che prendeva in prestito molto dalla tradizione musicale slava, quindi l’idea che l’originale Bella Ciao provenisse, in effetti, dalla Dalmazia, sembra essere abbastanza realistica.

E cosa possiamo dire del suo testo potente e simbolico?

Ora, se conoscete l’italiano e ne avete dimestichezza, siete consapevoli del fatto che i riferimenti alla Resistenza sono molti e abbastanza chiari: si parla di Partigiani, il contesto è sicuramente quello di una guerra contro un oppressore, e il paesaggio raffigurato è quello delle nostre montagne dove, appunto, si è svolta gran parte della guerra partigiana. Eppure, come abbiamo detto prima, è improbabile che i nostri combattenti per la libertà l’abbiano mai cantata durante la guerra. Non esiste alcuna attestazione scritta e documentale della versione partigiana di Bella Ciao durante la guerra, né nei primi anni del dopoguerra: nessuna traccia tra i libretti di canzoni che i partigiani avevano con sé mentre combattevano, né nelle numerose pubblicazioni del dopoguerra dedicate alla musica partigiana che si diffusero in Italia alla fine degli anni Quaranta. Pasolini non cita Bella Ciao nel suo Canzoniere Italiano, anche se un’intera sezione è dedicata alla musica della Resistenza. Tuttavia, Bella Ciao – la versione con il testo grintoso – c’era già, essendo stata pubblicata per la prima volta nel 1953, nella rivista La Lapa. Nel 1955, infine, fu registrata come canzone partigiana per una raccolta musicale curata dalla commissione giovanile del Partito socialista italiano.

Allora, qual è la verità?

La verità è che Bella Ciao “la musica” ha origini antiche, slave, e che Bella Ciao “il testo” è il risultato di uno sforzo creativo del dopoguerra. I nostri Partigiani non l’hanno mai cantata durante la guerra.

Ma questo la rende meno simbolica? Rende il testo meno significativo o meno potente? Non proprio, perché la canzone rappresenta perfettamente il sentimento di coloro che hanno combattuto durante la guerra civile contro “l’invasore”, ritrae con forza il sacrificio di molti e la nobile motivazione dietro tutto questo. In Italia, Bella Ciao è un inno nazionale alternativo, perché è l’incarnazione degli ideali su cui il nostro Paese è stato costruito dopo la carneficina della seconda guerra mondiale. Ideali che abbiamo condiviso – e condividiamo ancora oggi – con l’Europa e il mondo. Ideali per cui vale la pena combattere, tanto che la nostra Bella Ciao è diventata una canzone di libertà ovunque.

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