Filigree is magic: gold or silver threads, twisted together to create ephemeral shapes and delicate patterns. There is something so incredibly alluring in filigree jewelry, perhaps because it is such an
ancient tradition and one so strongly tied to our peninsula, too.
However, today, the art of filigree has almost disappeared, and only one center remains in Italy, the small Ligurian village of Campo Ligure, to keep it alive. The word filigrana (filigree) appears in the Italian language in the 17th century, probably thanks to a Florentine literary man called Lorenzo Magliotti. Very likely, the term comes from the Latin filum (thread) and granum (granule, or grain), which well describe the texture and look of filigree objects.
But if we want to discover the origins of filigree, we need to step back in time and travel to the Middle East. According to historians and archaeologists, the first examples of it are objects dating back to 2.500 BC, with filigree jewelry found during excavations of the city of Troy (or what we believe to be Troy), in modern-day Turkey. Objects in filigree, especially jewels such as bracelets and necklaces, were also found in Tutankhamon’s grave, which means that the Egyptians were well-versed in the art some 1500 years before Christ.
It was the Minoans first and the continental Greeks at a later stage that developed the art further and, eventually, through their colonies in Southern Italy, exported it to Western Mediterranean. The first examples of filigree in Italy come from the 8th century BC and are found in Etruria, the old land of the Etruscans, between Tuscany, Latium, and Emilia Romagna. The roots of the Etruscans are mysterious but most historians today agree they probably originated from Asia Minor, an area where the art of filigree was also common: it is easy to imagine, then, how they, just like the Greeks in the South of Italy, brought this delicate art to our shores. The Etruscans would create intricate and refined works, representing both animals and people, showing their mastery of the craft.
Around the 6th century AD, after the fall of the Western Roman Empire, new filigree-making techniques were imported to the country during the Barbaric Invasions. The Goths, the Lombards, and the Franks were all expert goldsmiths, who used filigree to decorate their weapons. In the Middle Ages filigree was used especially for the production and decoration of religious objects, such as chalices, candelabra, and crosses; in the same centuries, just between the end of the 10th and the beginning of the 11th, China also produced everyday objects with the technique.
While, as we have seen, the art of filigree-making was known and relatively common in Italy since pre-Roman times, it was only after the first Crusades, around the beginning of the 13th century, and the rise to power of cities like Genoa and Venice, which traded greatly with the East, that filigree truly became important. Key centers for the creation of filigree art were Florence, Agrigento, Genoa, Naples, Turin, Venice, and Sardinia.
But it was in the 19th and early 20th centuries that Italian filigree took over the world. Just to give you an idea, in 1882, Italy exported to the US more than 45 tons of silver filigree and more than 10 tons of gold filigree.
It was a florid industry that gave work to plenty of people and symbolized the artistic flair of so many areas of Italy. Unfortunately, though, time took a negative toll on the filigree-making art. As it happens all too often, younger generations have little to no interest in carrying on the traditional crafts of their fathers and, today, filigree is produced only in the small village of Campo Ligure, in the Genoa province of Liguria. Gone are the filigree-making communities of Sardinia, Piedmont, and Naples, because no one was up to carry on their work. Particularly striking is the loss of this art in Sardinia, a region that was once considered pivotal in filigree production.
It was, in 1884, goldsmith Antonio Oliveri who brought the art of filigree to the village, after having learned all there was to know about it at the Genoese atelier of the Grasso family, renowned jewelers of the Ligurian capital. Legends say that Oliveri had left Genoa to escape from a cholera epidemic that had hit the city, but it is perhaps more likely he decided to move his business to the countryside to save some money.
Today, there are twenty filigree-making ateliers in Campo Ligure and the Museo Civico della Filigrana, the Civic Museum of Filigree, where some 200 pieces of beautiful filigree are exhibited, grouped based on their geographical origin. The museum is an interesting visit for all jewelry lovers, as it helps understand how this peculiar and ancient art evolved through the centuries.
La filigrana è magia: fili d’oro o d’argento attorcigliati insieme per creare forme effimere e modelli delicati. C’è qualcosa di incredibilmente affascinante nei gioielli in filigrana, forse perché si tratta di una antica tradizione così fortemente legata alla nostra penisola.
Tuttavia, oggi, l’arte della filigrana è quasi scomparsa e rimane solo un centro in Italia a tenerla in vita: il piccolo villaggio ligure di Campo Ligure. La parola filigrana appare nella lingua italiana nel XVII secolo, probabilmente grazie a un letterato fiorentino di nome Lorenzo Magliotti. Molto probabilmente, il termine deriva dal latino filum (filo) e granum (granello, o granello), che ben descrivono la consistenza e l’aspetto degli oggetti in filigrana.
Ma se vogliamo scoprire le origini della filigrana, dobbiamo fare un passo indietro nel tempo e viaggiare in Medio Oriente. Secondo gli storici e gli archeologi, i primi esempi sono oggetti che risalgono al 2.500 a.C., gioielli in filigrana trovati durante gli scavi della città di Troia (o quella che crediamo essere Troia), nell’odierna Turchia. Oggetti in filigrana, soprattutto gioielli come bracciali e collane, sono stati trovati anche nella tomba di Tutankhamon, il che significa che gli Egizi erano esperti in quest’arte circa 1500 anni prima di Cristo.
Furono i Minoici prima e i Greci continentali in una fase successiva, a sviluppare ulteriormente l’arte e, infine, attraverso le loro colonie in Italia meridionale, la esportarono nel Mediterraneo occidentale. I primi esempi di filigrana in Italia risalgono all’VIII secolo a.C. e si trovano in Etruria, l’antica terra degli Etruschi, tra Toscana, Lazio ed Emilia Romagna. Le radici degli Etruschi sono misteriose, ma la maggior parte degli storici oggi concorda sul fatto che probabilmente erano originari dell’Asia Minore, una zona dove anche l’arte della filigrana era comune: è facile immaginare, quindi, come essi, proprio come i Greci nel Sud Italia, abbiano portato questa delicata arte sulle nostre coste. Gli Etruschi creavano opere intricate e raffinate, che rappresentavano sia animali che persone, dimostrando padronanza del mestiere.
Intorno al VI secolo d.C., dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nuove tecniche di filigrana furono importate nel Paese durante le invasioni barbariche. I Goti, i Longobardi e i Franchi erano tutti orafi esperti, che usavano la filigrana per decorare le loro armi. Nel Medioevo la filigrana fu usata soprattutto per la produzione e la decorazione di oggetti religiosi, come calici, candelabri e croci; negli stessi secoli, proprio tra la fine del X e l’inizio dell’XI, la Cina produsse anche oggetti di uso quotidiano con questa tecnica.
Mentre, come abbiamo visto, l’arte della filigrana era conosciuta e relativamente comune in Italia fin dai tempi pre-romani, fu solo dopo le prime crociate, intorno all’inizio del XIII secolo, e l’ascesa al potere di città come Genova e Venezia, che commerciavano molto con l’Oriente, che la filigrana divenne veramente importante. I centri chiave per la creazione dell’arte della filigrana erano Firenze, Agrigento, Genova, Napoli, Torino, Venezia e la Sardegna.
Ma fu nel 19° e all’inizio del 20° secolo che la filigrana italiana conquistò il mondo. Per darvi un’idea, nel 1882, l’Italia ha esportato negli Stati Uniti più di 45 tonnellate di filigrana d’argento e più di 10 tonnellate di filigrana d’oro.
Era un’industria florida che dava lavoro a molte persone e simboleggiava l’estro artistico di tante zone d’Italia. Sfortunatamente, però, il tempo ha avuto un impatto negativo sull’arte della filigrana. Come troppo spesso accade, le giovani generazioni hanno poco o nessun interesse a portare avanti i mestieri tradizionali dei loro padri e, oggi, la filigrana viene prodotta solo nel piccolo paese di Campo Ligure, in provincia di Genova, in Liguria. Sono scomparse le comunità di filigranai della Sardegna, del Piemonte e di Napoli, perché nessuno è stato in grado di portare avanti il loro lavoro. Particolarmente impressionante è la perdita di quest’arte in Sardegna, una regione che una volta era considerata centrale nella produzione della filigrana.
Fu, nel 1884, l’orafo Antonio Oliveri a portare l’arte della filigrana in paese, dopo aver imparato tutto quello che c’era da sapere sull’arte presso l’atelier genovese della famiglia Grasso, rinomati gioiellieri del capoluogo ligure. Leggende dicono che Oliveri avesse lasciato Genova per sfuggire a un’epidemia di colera che aveva colpito la città, ma è forse più probabile che abbia deciso di trasferire la sua attività in campagna per risparmiare qualche soldo.
Oggi a Campo Ligure ci sono venti atelier di filigrana e il Museo Civico della Filigrana, dove sono esposti circa 200 pezzi di bella filigrana, raggruppati in base alla loro provenienza geografica. Il museo offre una visita interessante a tutti gli amanti dei gioielli, in quanto aiuta a capire come questa particolare e antica arte si sia evoluta attraverso i secoli.
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