Who doesn’t love shopping? Online, IRL, at the mall or at the market. Food, clothes, books, trinkets, anything goes, really. True, in this day and age, spending money on futilities or “extras,” as we like to call them, it’s become increasingly difficult. For many, it’s difficult even to shop for what’s necessary… But let us not think of it, right now. Let us talk about something different and find out how our great ancestors, the ancient Romans, used to do their own shopping back in the day.
In one of its most recent books, the first of a trilogy dedicated to the Great Fire of Rome, Alberto Angela describes colorful scenes of Roman life, in details so vivid one truly feels to be right there, roaming the Forum, some two thousand years ago: among the pages that tickled my curiosity the most were those where the two protagonists of the book walk through an alley filled with tabernae, stalls selling clothes and even a bookstore, although books, back then, were not bound as they are today, but were written on scrolls. What strikes, really, in Angela’s description, is how doing shopping back then wasn’t that different from the way we do it today, in the end, especially when you think of the way things go in large markets in Mediterranean countries: haggling all the way!
Rome was an incredibly lively and multicultural city, with thousands and thousands of different products coming from every corner of the Empire: back then, you could find everything you could have thought of. For your daily shopping, a bit like today, ancient Romans had a variety of options that went from horrea, similar to today’s wholesale markets, to street vendors, who sold their products street by street. Horrea were usually located in specific areas of the city, where goods could be delivered and sold easily: for instance, one of the main horrea in the capital was between the Aventine hill and the Tiber, near the Emporium, Rome’s own river port. Each horreum had a specific name, either based on what they sold, or on that of their owner. History blog Mondo Romano (www.mondoromano.com) mentions, for instance, the horrea pipetaria, whose name came from the exotic spices you could buy there. They functioned until the 4th century, when they left space to the Massentius basilica, and were particularly popular among doctors, who bought there the ingredients for their medicines; in fact, the area surrounding the horrea pipetaria became, in time, the “healthcare borough” of Rome, because healers and doctors had their own surgeries there. Incredibly, the area kept the same role in the city until the Middle Ages.
If you were after a book, the place for you was the Argiletum, an area between the Aventine and the Circus Maximus, home to the horrea cartaria where papyruses and all you may have needed to write were sold. Booksellers also had their stores there. Just like today, you could get books of every genre and, indeed, price, depending on the quality of their manufacture and of the material used in their making. A high-quality book could reach a price tag of 6 or 7 denarii, more than 50 USD.
And what about our daily shopping, what about food?
For that, ancient Romans had tabernae, which were the equivalent of our modern stores. We all know about the tabernae were you could buy and consume food because a beautifully preserved one was discovered only a couple of years ago in Pompeii. Tabernae were already common in both Greek and Etruscan cultures, and they didn’t only sell food, but all types of goods and they often functioned both as a store and a workshop: the faber tignarius, the carpenter, worked and sold his products in a taberna, just like other craftsmen, like blacksmiths or tailors.
Tabernae were usually found at the fora. Yes, fora at the plural, because Rome didn’t only have the Forum we still see today, the center of the capital’s religious and political life, but also other gathering spaces with the same name, which were however more like open-air markets. You may be familiar, if you visited Rome, with the Forum Boarium, with its beautiful temples of Hercules Victor and Portunus, where you could buy meat. There was also a Forum Olitorio, no longer extant but located in the area where the Chruch of Saint Nicholas in Prison is today, which sold vegetables and fruits. Sources also mention other fora, like those selling wine and pork meat.
Similar, but more structured than the fora, where the macella: here, the average Roman could find everything they needed in one place, just like we do today at the supermarket. Macella were created for safety reasons: fora’ s hygienic conditions weren’t stellar so, to facilitate and supervise cleaning macella, which were organized adequately and hosted in a building, were created.
As you can see, two thousand years may have passed, but our Roman ancestors had the art of shopping already perfected!
Chi non ama lo shopping? Online, sul posto, al centro commerciale o al mercato. Cibo, vestiti, libri, ninnoli, tutto va bene, davvero. È vero che, al giorno d’oggi, spendere soldi per cose futili o “extra”, come ci piace chiamarli, è diventato sempre più difficile. Per molti è difficile anche fare la spesa per il necessario… Ma non pensiamoci, adesso. Parliamo di qualcosa di diverso e scopriamo come i nostri grandi antenati, gli antichi romani, facevano la spesa in passato.
In uno dei suoi libri più recenti, il primo di una trilogia dedicata al Grande Incendio di Roma, Alberto Angela descrive scene coloratissime di vita romana, con dettagli così vividi che sembra davvero di essere lì, in giro per il Foro, circa duemila anni fa: tra le pagine che hanno stuzzicato di più la mia curiosità ci sono quelle in cui i due protagonisti del libro attraversano un vicolo pieno di tabernae, bancarelle che vendono vestiti e perfino una libreria, anche se i libri, allora, non erano rilegati come oggi, ma venivano scritti su rotoli. Quello che colpisce, in realtà, nella descrizione di Angela, è come fare la spesa a quei tempi non fosse poi così diverso da come la facciamo oggi, in fin dei conti, soprattutto se si pensa a come vanno le cose nei grandi mercati dei Paesi mediterranei: contrattando tutto il tempo!
Roma era una città incredibilmente vivace e multiculturale, con migliaia e migliaia di prodotti diversi provenienti da ogni angolo dell’Impero: allora si poteva trovare tutto quello che si poteva pensare. Per lo shopping quotidiano, un po’ come oggi, gli antichi romani avevano una varietà di opzioni che andavano dagli horrea, simili agli odierni mercati all’ingrosso, ai venditori ambulanti, che vendevano i loro prodotti strada per strada. Gli horrea erano solitamente situati in aree specifiche della città, dove le merci potevano essere consegnate e vendute facilmente: per esempio, uno dei principali horrea della capitale si trovava tra il colle Aventino e il Tevere, vicino all’Emporium, il porto fluviale di Roma. Ogni horrea aveva un nome specifico, basato su ciò che vendeva o su quello del suo proprietario. Il blog di storia Mondo Romano (www.mondoromano.com) cita, ad esempio, gli horrea pipetaria, il cui nome derivava dalle spezie esotiche che vi si potevano acquistare. Funzionarono fino al IV secolo, quando lasciarono spazio alla basilica di Massenzio, ed erano particolarmente popolari tra i medici, che vi acquistavano gli ingredienti per le loro medicine; infatti, l’area circostante gli horrea pipetaria divenne, nel tempo, il “quartiere sanitario” di Roma, perché guaritori e medici vi avevano i loro ambulatori. Incredibilmente, l’area mantenne lo stesso ruolo nella città fino al Medioevo.
Se cercavate un libro, il posto giusto era l’Argiletum, un’area tra l’Aventino e il Circo Massimo, che ospitava gli horrea cartaria dove si vendevano papiri e tutto ciò che serviva per scrivere. Anche i librai avevano i loro negozi lì. Proprio come oggi, si potevano trovare libri di ogni genere e, addirittura, di ogni prezzo, a seconda della qualità della loro fattura e del materiale utilizzato per la loro realizzazione. Un libro di alta qualità poteva raggiungere un prezzo di 6 o 7 denari, più di 50 dollari.
E per quanto riguarda la spesa quotidiana, che dire del cibo?
Per questo, gli antichi Romani avevano le tabernae, che erano l’equivalente dei nostri negozi moderni. Tutti conosciamo le tabernae dove si poteva acquistare e consumare cibo perché solo un paio di anni fa ne è stata scoperta una splendidamente conservata a Pompei. Le tabernae erano già diffuse sia nella cultura greca che in quella etrusca e non vendevano solo cibo, ma ogni tipo di merce e spesso fungevano sia da negozio che da bottega: il faber tignarius, il falegname, lavorava e vendeva i suoi prodotti in una taberna, proprio come altri artigiani, quali fabbri o sarti.
Le tabernae si trovavano solitamente nei fora. Sì, i fori al plurale, perché Roma non aveva solo il Foro che vediamo ancora oggi, centro della vita religiosa e politica della capitale, ma anche altri spazi di aggregazione con lo stesso nome, che però erano più simili a mercati all’aperto. Se avete visitato Roma, forse conoscete il Foro Boario, con i suoi bellissimi templi di Ercole Vincitore e Portuno, dove si poteva acquistare carne. Esisteva anche un Foro Olitorio, non più esistente ma situato nell’area dove oggi si trova la chiesa di San Nicola in Carcere, che vendeva verdura e frutta. Le fonti citano anche altri fori, come quelli che vendevano vino e carne di maiale.
Simile, ma più strutturata rispetto ai fori, erano i macella: qui il romano medio poteva trovare tutto ciò di cui aveva bisogno in un unico posto, proprio come facciamo oggi al supermercato. I macella furono creati per motivi di sicurezza: le condizioni igieniche dei fora non erano stellari, così, per facilitare e supervisionare la pulizia, furono create i macella, organizzati in modo adeguato e ospitati in un edificio.
Come si vede, saranno anche passati duemila anni, ma i nostri antenati romani avevano già perfezionato l’arte di fare la spesa!
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