La satira ha sempre creato tensioni e provocato l’ira dei suoi bersagli.
Nel 1979 Monty Python, il gruppo satirico inglese, fece il film “Brian di Nazareth”. Il film fu proibito in Italia perché considerato offensivo e blasfemo. Ora si può comprare in qualsiasi negozio di dvd. Non fu l’unico caso di opere proibite o modificate per non rischiare l’anatema della Chiesa Cattolica e i suoi fedeli.
Negli anni ‘60 la canzone “Se io fossi falegname” dei Dik Dik fu modificata per rimuovere un riferimento alla Madonna. Per lo stesso motivo, negli anni ‘70 “4/3/1943” di Lucio Dalla e “Dio mio no” di Lucio Battisti furono soggette all’anatema della censura Rai che costrinse a modificare i testi originali.
La censura non colpisce solo per motivi religiosi, ma per questioni politiche sia a livello nazionale che internazionale. Famoso il caso di “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” di Gianni Morandi che fu soggetta alla censura per timore di offendere gli Stati Uniti durante il periodo della partecipazione alla guerra del Vietnam.
Il cinema e la musica non sono le uniche forme di espressione che fanno paura ai fondamentalisti, religiosi e politici.
A Parigi, l’attentato alla rivista satirica Charlie Hebdo con le sue dodici vittime, compresi il direttore e i migliori vignettisti, ha mostrato come i fanatici temano la satira. Un timore dimostrato in modo esemplare da Umberto Eco ne “Il Nome della Rosa” dove un monaco uccideva chi leggeva uno scritto aristotelico sulla commedia per timore della risata e del suo impatto destabilizzante sulle Sacre Scritture.
Solo tre settimane fa il rilascio del film satirico “The Interview” ha scatenato uno scontro tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord a causa dell’attacco elettronico alla Sony da parte delle autorità coreane offese da come veniva presentato il loro leader Kim Jong-Un. All’inizio la Sony aveva ceduto, cancellando l’uscita del film, per poi cambiare idea a causa della reazione indignata non solo dei politici, il Presidente Obama per primo, ma soprattutto del pubblico americano per il quale era a rischio il diritto fondamentale di qualsiasi democrazia moderna: la libertà di espressione.
Questo è il diritto minacciato con l’attentato parigino.
Una minaccia causata dalla paura dei fanatici. La satira è un’arma potentissima, la più potente contro i capi e tutti i fanatici.
Sappiamo tutti come Charlie Chaplin prese di mira Hitler e Mussolini con “Il grande dittatore”. Le immagini di quel film fecero storia, sia del cinema che del mondo. Dopo aver visto il film non si aveva più paura di quei dittatori e si ingenerava sdegno verso chi li seguiva. In parole povere, quei dittatori diventarono ridicoli agli occhi del pubblico internazionale.
I fanatici controllano i loro seguaci con la paura.
Nel caso dei dittatori tramite i servizi segreti, i campi di concentramento, le aggressioni e gli assassini dei loro oppositori. Nel caso dei fanatici religiosi si usa una paura più effimera, la paura di perdere il mondo oltre la morte promesso ai fedeli.
Giustamente l’attentato di Parigi ha avuto un effetto mondiale immediato.
Le proteste, i simboli trasmessi via Facebook, Twitter e gli altri social media dimostrano il rifiuto del pubblico internazionale di subire minacce alla libertà individuale. Le piazze piene ne sono la prova. Come anche la condanna incondizionata della stampa araba che dimostra che i terroristi non parlano per la maggioranza dell’Islam.
Nel dimostrare i limiti dei fanatici, chi produce la satira aiuta il popolo a trovare il coraggio di opporsi ai propri oppressori. Quando la satira rende ridicoli i potenti, si comincia a capire che non si ha da temere nell’opporsi alle dittature.
Il quel momento il fanatico perde il controllo e commette atti che dimostrano le proprie paure: atti come cercare di assassinare una sedicenne in Pakistan perché ha un libro in mano e vuole studiare o come colpire scuole perché la cultura contribuisce all’emancipazione.
Per sconfiggere il fanatismo però, non si deve rispondere all’odio con ancora più odio. Si deve rispondere dimostrando che la libertà è l’ingrediente essenziale per migliorare il mondo. Rispondendo con l’odio e con la riduzione delle libertà e dei diritti si dimostra di non aver imparato la lezione dalle due guerre mondiali e soprattutto dalla seconda che ha combattuto contro tre dittature.
Il primo passo da fare per assicurare che la morte delle vittime di Parigi non sia avvenuta invano non è solo di onorare il loro sacrificio. Il primo passo è di proteggere non solo i vignettisti, ma di difendere e proteggere il loro diritto di commentare e di criticare i potenti con i loro disegni. Il secondo passo è di rinforzare i diritti e le libertà e di garantire che siano estesi a tutti, senza eccezione di religione o di colore di pelle. I diritti e la libertà appartengono al mondo intero e non solo a quello occidentale. Il terzo passo è aiutare i Paesi tormentati dai fanatismi ad uscire dal loro inferno terrestre con democrazie adatte alle loro esigenze.
Solo così si potrà rendere onore alle vittime di Parigi e trovare il modo di prevenire altri attentati analoghi.