Il sacrario di San Candido in Val Pusteria ospita i resti di 228 caduti della Prima Guerra Mondiale, di cui quest’anno cade il centenario (Ph. L.Ferrari)

Cent’anni fa, il 3 novembre 1918 a Villa Giusti, Padova, venne firmato lo storico armistizio tra Italia e l’Impero Austro-Ungarico che segnò la fine del rispettivo impegno nel primo conflitto mondiale. Da una parte, il generale Viktor Weber von Webenau del Comando Supremo dell’esercito austroungarico. Dall’altro, il generale Pietro Badoglio del Comando Supremo dell’Esercito Italiano. Finiva così la peggiore pagina della storia umanità, come sempre, tra vinti e vincitori. Ciò che non si poteva neanche lontanamente immaginare e prevedere è che nel giro di poco più di vent’anni l’Europa sarebbe nuovamente sprofondata nell’inferno di un conflitto ancor più globale.

Un secolo dopo quell’inchiostro mescolato al sangue guarda all’umanità perplesso. La risoluzione di ancora troppe divergenze è affidata alle armi. Nel solco delle inspiegabili gesta del presente, i caduti della I guerra mondiale non trovano pace.

2018, Italia. C’è un po’ di nebbia in cima alla montagna. La statale SS49 in Val Pusteria (nella provincia di Bolzano) è un continuo viavai di macchine che si dirigono ed escono dall’Austria. Negli anni post-bellici c’erano le frontiere e la dogana, oggi si passa senza fermarsi, nemmeno per convertire le lire in scellini come si faceva una volta. Entrambe le nazioni infatti hanno adottato l’euro. Oggi apparteniamo a un’Europa diversa e più unita.

Sto viaggiando su quattro ruote per raggiungere Versciaco, ultimo avamposto tricolore prima del confine italo-austriaco, e di lì rilassarmi in cabinovia fino a Monte Elmo e quindi perdermi in rilassanti passeggiate. Lungo il mio cammino però, qualcosa attira la mia attenzione. Appena fuori dal comune di San Candido, scorgo un sacrario dedicato ai morti della I Guerra Mondiale. Mi devo fermare. La gita può aspettare.

Quello che ho davanti a me è proprio il sacrario militare di San Candido. Un edificio molto particolare poiché la maggioranza dei militari qui sepolti operavano in zone anche molto lontane da quella del Sud Tirolo. In questo luogo hanno trovato eterno riposo 218 caduti italiani, 14 dei quali ignoti, e 10 austro-ungarici provenienti dai cimiteri militari di Bressanone (Bolzano), Mis (frazione di Sospirolo, in provincia di Trento) e San Zeno di Montagna (Verona).

Realizzato nel 1939 dall’architetto Giovanni Greppi e dallo scultore Giannino Castiglioni, l’edificio giace nella vallata di San Candido, tra il fiume Drava (749 km di lunghezza attraverso Italia, Slovenia, Austria, Croazia, Ungheria) e la statale per il valico di frontiera di Prato alla Drava. La costruzione ricorda un fortilizio romano circolare a due piani. Le due torri coassiali in porfido accolgono all’interno i loculi dei caduti e al centro del primo piano si trova una modesta cappella in cui sono contenute le formelle della Via Crucis. È stato costruito con blocchi di pietra grezza e si accede dopo aver superato tre gradini.
Assieme al Sacrario di Passo Resia, in Val Venosta, è l’ultima opera del genere edificata in Italia per ricordare le vittime della Grande Guerra. Ma è meno monumentale e meno carico di retorica patriottica dei più celebri sacrari di Redipuglia, Monte Grappa e Bezzecca.

I caduti della I Guerra Mondiale, già. Il primo dei conflitti totali. Uno scontro che porterà in dote, per la prima volta, una vera mattanza di cadaveri tra la popolazione civile: il 15 per cento delle vittime totali, dato purtroppo che salirà in maniera esponenziale nella II Guerra Mondiale fino ad arrivare alla quasi totalità delle vittime nei conflitti attuali.

San Candido, un sacrario militare con italiani e austriaci insieme. Una scelta fatta forse per sancire la pace tra le due nazioni. Perché di fronte alla morte, a che cosa serve il passaporto o l’appartenenza?
Le ruote intanto riprendono a graffiare l’asfalto. Mi sembra di essere il solo, in questo momento, a meditare davanti a queste poche centinaia di morti. Penso a quei volti. Alle loro ultime parole sussurrate dentro di sé prima di spirare. Penso a quegli uomini strappati alla vita per ordini superiori e mandati al macello senza un vero perché. Penso a tutti questi uomini, italiani e austriaci davanti a me, e vorrei avessero avuta una vita diversa, e se ne fossero andati circondati dall’affetto dei loro cari.

Nel verde limitrofo, cerco qualche fiore da donare a un ricordo. A una speranza che la saggezza e la nonviolenza possano un giorno trionfare. Sarà banale, ma qui, dinnanzi al sacrario militare di San Candido (in tedesco Militärfriedhof Innichen), in Val Pusteria, riesco solo a pensare (e credere) alla pace.


Receive more stories like this in your inbox