Sapevate che il cognome Caoduro, di cui si ha traccia sin dal XIII secolo, deriva dal latino Caput durum e vuol dire “testa dura”?
 
E che Aschieri deriva dal germanico e significa “lancia divina”? Queste e molte altre curiosità, accanto alla ricerca di dati storici e distributivi, vengono soddisfatte dall’importante volume da poco uscito: Cognomi della Lombardia: Dizionario storico-etimologico. Il Cremasco, il Cremonese, il Casalasco, pubblicato dalle edizioni Mauri 1969 e scritto dagli studiosi Valerio Ferrari e Andrea Finocchiaro. 
 
L’opera colma una lacuna importante nella conoscenza del territorio lombardo e della sua storia e ha l’ambizioso proposito di rappresentare il primo tassello di una serie, riproponibile anche per altre regioni, dato che i cognomi, in Italia, si stima che siano in tutto oltre 350 mila.
 
Novità assoluta per la Bassa Pianura lombarda, il ponderoso testo si occupa dei cognomi autoctoni ovvero originari del territorio e non quindi “importati” dalle massicce immigrazioni degli ultimi decenni, immigrazioni che pure hanno reso l’indo-pachistano Singh il primo cognome nel Comune di Cicognolo ed il secondo in quello di Crotta d’Adda.
 
Proposto in un’elegante veste tipografica in brossura cartonata, il volume consta di 788 pagine e prende in esame oltre 2.300 cognomi della provincia cremonese, offrendo di ciascuno di essi un’accurata ricostruzione etimologica, basata sulle attestazioni rinvenute nelle fonti locali in un periodo compreso tra l’XI ed il XVII secolo.
 
L’edizione è arricchita dalle lettere dell’alfabeto figurato tratte dal Taccuino di disegni di Giovannino De Grassi, scultore, architetto e miniatore attivo in Lombardia tra il XIV e il XV secolo. Il suo Taccuino di disegni è annoverato tra i migliori esempi di arte tardo gotica italiana. In esso dominano scene di attività quotidiane, animali e immagini della natura, perfettamente coerenti con l’origine etimologica più ricorrente dei cognomi del territorio preso in esame da questo prezioso studio.
 
Di ciascun cognome vengono specificate le origini, nonché le ricorrenze provinciali e regionali. L’intento dell’opera è quello di restituire “il senso di una storia plurisecolare attraverso cui una comunità umana si è venuta strutturando nel tempo, potendone segnalare i vari livelli di evoluzione storica stratificatisi lungo i secoli – si legge nell’introduzione – Anche i cognomi mutano di forma, d’aspetto e di luogo, si piegano alle inflessioni più diverse delle tante parlate italiane”.
 
Non solo: certamente al secolare processo di redistribuzione geografica dei cognomi hanno contribuito gli spostamenti dei nuclei familiari contadini, che ieri come oggi rappresentano la maggioranza assoluta della popolazione, specie nella Pianura Padana.
 
Tali trasferimenti, in ambito locale, interregionale o interprovinciale, avvenivano per tradizione l’11 novembre di ogni anno, ricorrenza di San Martino, giorno che segnava la conclusione dell’annata agraria. Da qui è rimasto in voga il modo di dire far San Martino in riferimento al trasloco, di cui è testimonianza la splendida tela di Vincenzo Campi. La scena raffigurata nel quadro, conservato presso il Museo Civico di Cremona, è l’immagine ideale per la copertina di questo lavoro.
 
Grazie alla meticolosa ricerca, condotta con criteri scientifici, sono state scoperte affinità onomastiche tra il Cremonese e il Casalasco, nonché differenze col Cremasco, trattandosi di aree geografiche con storie diverse. I cognomi autoctoni più frequenti sono risultati essere Ferrari (peraltro anche secondo cognome in Lombardia, dopo Colombo, nonché terzo a livello nazionale: pare denomini circa 100 mila italiani) e poi Rossi e Vailati: “Ferrari è un cognome di mestiere – spiega uno degli autori, Andrea Finocchiaro –, si riferisce al fabbro.
 
Rossi invece era originariamente un soprannome, che si riferiva al colore dell’incarnato o dei capelli e della barba. Vailati è un detoponimico, cioè un cognome derivato dal nome del luogo di provenienza, in questo caso il piccolo paese di Vailate. Ciò indica come nella diffusione di un cognome vi sia anche una componente di casualità”.
 
La maggior parte dei cognomi affonda le proprie radici nel Basso Medioevo ed ha subìto continue trasformazioni nel tempo, condizionate dalla lingua parlata oppure da errori di trascrizione: “I cognomi sono in grado di raccontare molta della nostra storia – conferma Valerio Ferrari – Ad esempio, il cognome Pinferi o Pinferetti richiama la forma dialettale cremonese ‘pinferada’ ad indicare gli antichi suonatori di piffero, all’epoca frequenti sul territorio”.

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