Durante il periodo natalizio, alcuni luoghi sprigionano atmosfere che ricoprono la città di un fascino ammaliatore unico come succede a Napoli.
Ogni sua differente angolazione e prospettiva ricorda noti dipinti i cui dettagli sono degni di un’opera d’arte vivente dove la storia pulsa ininterrottamente per i suoi vicoli e non smette mai di sbalordire. L’individuo si trova catapultato in un contesto di immagini, suoni, odori che risvegliano i sensi di chi passeggia per il centro storico, allestito con bancarelle che espongono: caramelle colorate, dolci natalizi e bevande calde fumanti.
Nel centro storico esiste una via antica che racchiude, in pochi metri, tutto lo spirito natalizio di Napoli e dove tantissime botteghe d’artigianato espongono, da secoli, i loro celebri presepi, strumenti musicali e pastori dalla lavorazione impeccabile.
Via San Gregorio Armeno è tutto questo e tanto altro. Le botteghe artigiane, l’odore dei dolci caramellati ed il vento di stagione effondono nell’aria la magia natalizia napoletana, celebre e immortale.
Per comprendere bene a fondo il significato del Natale napoletano è sufficiente guardare il film “Natale in casa Cupiello” (1977) tratto dalla celebre commedia tragicomica scritta nel 1931 dal Maestro Eduardo De Filippo. Nella pellicola, il protagonista Luca Cupiello, interpretato da Eduardo, si prepara, con entusiasmo e devozione, alla festività natalizia predisponendo con metodica preparazione, supportata da un forte sentimento di pazienza e amore, il celebre presepio napoletano.
Nonostante le numerose critiche della moglie Concetta (Pupella Maggio) e del figlio Tommasino (Luca De Filippo) al quale il padre si rivolgeva chiedendogli se fosse di suo gradimento il presepe con la fatidica frase: “Te piace ‘o presebbio?” (“Ti piace il presepio?”), il protagonista assemblava ponti, ruscelli, stradine e incollava pastori poiché spinto da un forte spirito di tradizione.
Il presepe ha avuto una sua evoluzione nel tempo.
Nel Seicento, allargò il suo scenario; non fu solo simbolo della grotta della Natività, ma anche del mondo esterno grazie alla diffusione delle rappresentazioni delle taverne, le esposizioni di carni fresche, cesti di frutta e verdura che resero, gli scenari, reali e autentici.
Nel Settecento, invece, il presepe napoletano tocca il suo periodo d’oro con il regno di Carlo III di Borbone raffigurando spaccati di vita quotidiana e, per merito del florido periodo artistico, anche i pastori cambiarono le loro sembianze. Da quel periodo in poi i presepi non furono più commissionati solo dagli ordini religiosi, ma anche dai ricchi e dai nobili.
L’essenza del presepio napoletano fu menzionata anche da Goethe nel suo Viaggio in Italia del 1787, attraverso una sua testimonianza: “Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe […] Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e li ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa […]. Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s’incontra il Vesuvio coi suoi dintorni”.
Il presepio napoletano non è altro che la riproduzione in miniatura dell’anima della città e delle sue tradizioni millenarie e di quei preziosi valori che resistono, con successo, alla morsa schiacciante del consumismo e della globalizzazione.