L’avvio di stagione del Milan non può certamente essere considerato positivo: dopo il Ko di Verona, i rossoneri hanno conquistato tre punti al Meazza contro il Cagliari e pareggiato, con più fortuna che meriti, in casa del Torino.
 
Aldilà di una classifica già preoccupante, a fare perdere il sonno ad Allegri è l’ennesima rivoluzione tattica che sembra necessaria. Dopo le sfide rappresentate dall’inserimento in squadra ‘last minute’ di Ibrahimovic (due anni fa) e dalla cessione dei calciatori più rappresentativi della rosa (la scorsa estate), siamo di fronte a un nuovo – marcatissimo – ‘rimescolamento delle carte’. 
 
Nella scorsa stagione, Allegri aveva fatto di necessità virtù e, lanciando forzatamente alcuni giovani, aveva rinunciato all’amato 4-3-1-2. La rivoluzione, in nome di un 4-3-3 maggiormente funzionale agli uomini in rosa, aveva pagato, concretizzandosi (anche grazie all’arrivo di Balotelli) nella splendida rimonta di fine anno. Oggi è tutto da rifare. 
 L’attaccante Stephan Kareem El Shaarawy più volte a un passo dall’addio

 L’attaccante Stephan Kareem El Shaarawy più volte a un passo dall’addio

 
La palese sfiducia dell’ambiente rossonero nei confronti di El Shaarawy (più volte a un passo dall’addio, in estate) e le ultime mosse di mercato (dentro Kakà e Matri, fuori Boateng), impongono una sistemazione tattica. 
 
È evidente che Allegri voglia tornare a giocare con un rombo di centrocampo: nei piani del toscano, ci sono due mediani di sostanza (De Jong e Muntari), un regista largo (Montolivo) e un trequartista (ovviamente Kakà). Davanti due punte centrali (altro problema per El Shaarawy, che predilige giocare in fascia). Con questa disposizione, cambia del tutto l’interpretazione della gara, che non può più essere costituita da veloci ripartenze e rapidi cambi di gioco, ma deve presupporre una maggiore propositività per riempire meglio gli spazi e supportare i giocatori offensivi. 
 
Il lavoro tattico e mentale che Allegri deve completare è ingente. Tanto più che l’odierno Milan sembra privo sia della classe necessaria a imporre il proprio gioco, sia della corsa richiesta da un centrocampo a rombo, per coprire bene il campo.
 
La partita col Torino è stata emblematica: dopo un avvio pieno di grinta, il Milan è stato sopraffatto – tanto nel gioco, quanto nell’atletismo – dai granata. Il convulso, e irripetibile, finale di gara non deve trarre in inganno. A Milanello c’è tantissimo da fare e l’ambiente sembra aver perso l’entusiasmo ‘da rifondazione’ respirato l’anno scorso. Molto dipenderà dalle effettive condizioni di Kakà che all’esordio è stato piuttosto incolore, ma che rappresenta un potenziale leader a cui aggrapparsi. 
 
Moltissimo dipenderà dalla voglia di Balotelli, sembrato infastidito nel vedere tutti i riflettori puntati sul brasiliano di ritorno e che, a Torino, ha disputato la sua peggior partita da quando è arrivato al Milan. Il lavoro che attende Allegri, quindi, è tutt’altro che semplice: guidare l’ennesima rivoluzione, in un ambiente privo di entusiasmo e con un organico dalla qualità ridotta, potrebbe essere impresa improba. Soprattutto alla luce delle aspettative della società.
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