Quando l’emigrazione italiana iniziò nell’Ottocento, i viaggi erano lunghissimi e troppo spesso gli emigrati perdevano contatto con i parenti rimasti in Italia. All’inizio, un servizio postale inesistente oppure non ancora efficiente, errori nella trascrizione di nomi, cognomi e luoghi di provenienza, cambi di nomi e di residenza, da una parte e dall’altra, facevano sì che i legami tra rami diversi delle stesse famiglie si spezzassero facilmente.
Naturalmente questa situazione cambiò nel corso del tempo. Il miglioramento del servizio postale e navi più veloci hanno cominciato a rendere più facili i contatti, poi l’arrivo prima del telegramma, poi del telefono e infine degli aerei, ha fatto sì che il contatto tra i continenti si evolvesse da mesi di attesa per la risposta a una lettera fino alle comunicazioni in tempo reale, facili e veloci, di oggigiorno. I viaggi non sono più necessariamente di settimane o mesi, ma con l’aereo non durano più di un giorno e certamente con un livello di comfort e facilità inimmaginabile due secoli fa. Nel frattempo generazioni di famiglie sono passate e i contatti tra parenti, sono diventati molto difficili da poter ristabilire, soprattutto da parte delle famiglie che sono emigrate in altri continenti. La morte degli emigrati originali, la mancanza di documentazione precisa, l’incapacità di parlare l’italiano e non sapere come avvicinare la burocrazia italiana, rende molto difficile ritrovare le origini della propria famiglia.
Sono tutti dettagli che mi hanno toccato personalmente, recentemente, in attesa di un avvenimento che unirà generazioni diverse della mia famiglia da tre continenti. A Scauri, in provincia di latina, ci sarà un raduno dei discendenti del nonno materno di mia madre. Oltre ai discendenti dei figli rimasti in Italia, ci saranno rappresentanti dei rami familiari emigrati negli Stati Uniti e in Australia.
Nel caso australiano i cognomi mantengono i legami italiani, anche se diversi da quello del bisnonno, ma nel caso del ramo statunitense i cognomi inglesi, polacchi e tedeschi dimostrano la realtà della vita in un paese di forte immigrazione come gli Stati Uniti. Questo raduno dimostra chiaramente un aspetto della Storia degli emigrati italiani che i sociologi notano da tempo. La tendenza, dalla quarta generazione in poi, di voler scoprire le proprie origini.
L’idea è nata principalmente dalle ricerche di Lyn negli Stati Uniti, una cugina di mia madre che ha voluto fare il suo albero genealogico. Con grande pazienza ha cominciato a scoprire le origini dei genitori e poi dei nonni. A rendere più difficile un compito già arduo, il fatto di non avere dettagli sulle origini della parte ligure della famiglia della madre. La prima difficoltà era naturalmente quella della lingua. Essendo di terza generazione, cioè nipote di nonni immigrati, non ha mai vissuto una conoscenza diretta dell’italiano. Come mi ha detto, con la morte dell’ultimo nonno quando era molto giovane, la lingua italiana è sparita dalla famiglia e ora si parla solo l’inglese.
Questa non è un’esperienza isolata, anzi è la normalità per la famiglie all’estero. Quel che rimane sono i nomi dei piatti della cucina italiana che ancora vengono mangiati in famiglia e quasi sempre anche questi nomi sono cambiati con le generazioni. Chi guarda i programmi della cucina italiana alla televisione vede subito che i piatti italo-americani sono parenti dei piatti originali, di solito con modifiche dovute alle usanze e ai prodotti americani.
Con il tempo lei ha potuto mettersi in contatto con alcuni cugini, tra i quali c’era mia madre. Non è un caso che le ricerche siano diventate molto più facili dopo questi contatti perché i due rami della famiglia condividono la stessa lingua dei Paesi di residenza, l’inglese. Così Lyn ha potuto completare l’albero genealogico della famiglia D’Urso di origine scaurese.
La ricerca della famiglia ligure è risultata molto più difficile. La famiglia in Italia aveva preso male il matrimonio del loro figlio con una donna di origini meridionali, un fatto ritenuto normale all’epoca, ma da allora i legami si erano interrotti. Lyn ha dovuto faticare molto persino per individuare il luogo d’origine del nonno e di conseguenza per trovare quali famiglie con lo stesso cognome fossero parenti e non semplici omonimi. Lyn ha inviato lettere a trenta famiglie nel paese con dettagli dei nomi dei nonni e dei bisnonni. Per fortuna, in questo periodo, ha avuto una prima risposta da un’anziana prima cugina della madre che utilizzerà l’occasione del raduno a Scauri per poter stabilire contatti diretti con i parenti ritrovati. La storia di Lyn non è isolata e non ho dubbi che il raduno sarà replicato in altri Paesi in giro per l’Italia. Nel caso della mia famiglia, le barriere erano quelle normali causate dal tempo e dal cambio di lingua, ma a volte le difficoltà hanno avuto altre origini.
Non tutti gli emigrati hanno il paese semplicemente perché non avevano lavoro. C’è chi è scappato da situazioni difficili in famiglia, chi per evitare il servizio militare in guerra o per debiti, senza nominare altri motivi più oscuri. Queste persone spesso hanno cambiato cognome, oppure raccontato bugie per nascondere la verità e tutto questo ha reso più difficile, se non impossibile, le ricerche dei discendenti per le proprie origini.
Per chi rimane in Italia è facile stabilire la propria identità e origine. Basta una visita al cimitero del paese per vedere le tombe di famiglia e costruire le generazioni precedenti. Ma gli italiani all’estero non hanno questa possibilità e in questo modo perdono un aspetto importante della vita: sapere da dove vengono.
Magari non sapremo di qualche presunto scandalo in famiglia, oppure delle malefatte di un nonno, ma allo stesso tempo perderemo l’opportunità di sapere le imprese che hanno compiuto i nostri nonni. Episodi che sono tutti mattoni che costruiscono le persone che noi siamo. Perdere il passato vuol dire perdere una parte importante di noi stessi. Non so cosa succederà nel corso di quei giorni a Scauri. Nel caso di mio fratello Tony ed io ci sarà la tristezza di sapere che mamma non ha potuto essere presente per vedere questi cugini un’altra volta dopo essere andata negli Stati Uniti per trovarli dopo i primi contatti. Poi non sappiamo ancora se riusciremo mai a realizzare il suo sogno di conoscere i parenti dalla sua parte paterna che sono emigrati negli Stati Uniti negli anni Venti e di cui si sono perse le tracce. Ma l’occasione sarà sicuramente emozionante.
E’ il prezzo che pagano gli emigrati che si trovano costretti a lasciare la famiglia per avere una vita nuova, non sempre lo sanno e lo imparano presto nel nuovo Paese. Chissà quanti di loro potevano immaginare che a pagare il prezzo di spezzare le famiglie non sarebbero stati solo loro, ma anche le generazioni del futuro.