We all know ragù, the delicious meat and tomato sauce that goes perfectly with tagliatelle, or gnocchi. In the US, it’s largely associated with a dish, spaghetti bolognese, that in Italy doesn’t really exist: you’d be hardly pushed to find an Italian picking spaghetti, if they have some homemade ragù cooking on the stove.
In its immense simplicity and universally accepted deliciousness, ragù is a pretty controversial sauce, and I am not talking about the pasta to have it with, that’s a matter for another time. In Italy, North and South face each other every Sunday when they bring it on the table, because two cities claim the title of true home of ragù for themselves, Bologna and Naples, each of them purveyors of their own ragù philosophies. And the country takes sides, of course, with most of the North calling “ragù” the Bolognese version and the South embracing more closely the Neapolitan variant. Then each region — nay, each family!— has its own touch added. Ragù, ladies and gentlemen, is an extraordinary thing, indeed.
Let’s start with making some clarity on the name.
Ragù comes from the French ragout, which refers to any dish based on stewed meat, fish or vegetables. While historians can’t pinpoint exactly when the word arrived to Italy, we know it was already common in the Renaissance. The dish itself was, back then, a main dish, not a sauce to accompany pasta, which probably means the original Italian ragù was pretty similar to its French cousin, closer to a stew than a sauce. Through time, it turned from a stew into a sauce and, voilà, the French ragout turned into the Italian ragù.
According toLa Cucina Italiana, it was iconic Pellegrino Artusi to officially propose ragù as a sauce for pasta, rather than a meat dish: his idea became so popular, Massimo Lanari’s article continues, that Il Duce introduced the Italianized version of the name, ragutto, into the autarchic vocabulary of the Ventennio.
Bologna and Naples, as said, have two very different varieties of ragù on their tables: while ragù alla Bolognese is, without a doubt, a sauce, ragù alla Napoletana doubles as a main, meat based dish. Those of you with southern Italian roots are probably more accustomed to the Neapolitan version, while those hailing from Settentrione likely make the Bolognese.
A bit of history — and ingredients! — is necessary at this stage.
Ragù alla Bolognese probably appeared in the city sometimes in the 16th century, but we have to go all the way to 1982 to find an “official” recipe registered at the Bologna Chamber of Commerce by the Bologna chapter of the Accademia Italiana della Cucina La Rossa’s cooks make their ragù with a bit of soffritto (onions, celery and carrots), minced beef, tomatoes (either peeled or sauce), white wine (not red!), extra virgin olive oil or butter, some broth, whole milk and, if you like, some full fat cream. The sauce should cook for a minimum of two hours, and you should add broth every now and then, if it gets dry. While not everyone would add milk or cream to it (it’s useful to cut tomatoes’ acidity), the Bolognese recipe is pretty much the one embraced by all northern regions: some may mix minced beef with sausage meat or minced pork, but the idea and the rest of the ingredients are the same.
Ragù alla Napoletana is an entirely different pair of hands, because it doubles as a sauce and a main meat dish, a stew. The earliest attestation of its presence on Neapolitan tables dates back to the 18th century. Interestingly, though, Neapolitans didn’t use tomato in their ragù, at least non at the beginning, as the first recipe with it is found in Usi e Costumi di Napoli by Carlo Dal Bono, in 1857.
The original ragù was a traditional Sunday dish — and still is in many parts of the South. Yesterday as today, it is made with cuts of beef (not minced), that require a long cooking time. Crucially, Neapolitan ragù also adds other meaty delicacies to its recipe, including sausage, pork ribs, cotica (rind roll), Neapolitan meatballs and stuffed chops. Essentials are extra virgin olive oil, onions, carrots, white wine and, of course, tomato sauce. Neapolitan ragù needs to cook for at least 6 hours and that’s why its preparation starts usually in the early morning: waking up on sunday with the enticing scent of ragù filling the house is a delightful memory of many a southerner.
When the meat is cooked, it’s removed from the pot and put aside; usually, the pork is ready before the beef, so it should be removed earlier. That’ll be your secondo, your sunday meat dish. The tomato sauce, enriched with the flavors and aromas of the meats, is used for pasta.
Neapolitan and Bolognese ragù are real staples of our national cuisine and they are not mutually exclusive. They are just different declension of the same amazing culinary language of our country. That’s why, all things said, I think one can really love them both. There is no need to take a side!
Tutti conosciamo il ragù, il delizioso sugo di carne e pomodoro che si accompagna perfettamente alle tagliatelle o agli gnocchi. Negli Stati Uniti, è in gran parte associato a un piatto, gli Spaghetti alla Bolognese, che in Italia non esiste: difficilmente troverete un italiano che sceglie gli spaghetti, se ha del ragù fatto in casa sul fuoco.
Nella sua immensa semplicità e squisitezza universalmente accettata, il ragù è una salsa piuttosto controversa, e non sto parlando della pasta con cui mangiarlo, quella è una questione di cui tratteremo un’altra volta. In Italia, Nord e Sud si scontrano ogni domenica quando lo portano in tavola, perché due città rivendicano il titolo di vera patria del ragù, Bologna e Napoli, ognuna delle quali è portatrice della propria filosofia del ragù. E il Paese si schiera, naturalmente, con la maggior parte del Nord che considera “ragù” la versione bolognese e del Sud che preferisce la variante napoletana. Poi ogni regione – anzi, ogni famiglia – aggiunge il proprio tocco. Il ragù, signore e signori, è una cosa davvero straordinaria.
Cominciamo col fare un po’ di chiarezza sul nome.
Ragù deriva dal francese ragout, che si riferisce a qualsiasi piatto a base di carne, pesce o verdure stufate. Mentre gli storici non riescono a stabilire esattamente quando la parola sia arrivata in Italia, sappiamo che era già comune nel Rinascimento. Il piatto in sé era, allora, un piatto principale, non una salsa per accompagnare la pasta, il che probabilmente significa che il ragù originale italiano era piuttosto simile al cugino francese, più vicino a uno stufato che a una salsa. Con il tempo, si è trasformato da stufato a salsa e, voilà, il ragù francese si è trasformato nel ragù italiano.
Secondo La Cucina Italiana, fu l’iconico Pellegrino Artusi a proporre ufficialmente il ragù come salsa per la pasta, piuttosto che come piatto di carne: la sua idea divenne così popolare, continua l’articolo di Massimo Lanari, che il Duce introdusse la versione italianizzata del nome, ragutto, nel vocabolario autarchico del Ventennio.
Bologna e Napoli, come detto, propongono due varietà molto diverse di ragù sulle loro tavole: mentre il ragù alla Bolognese è, senza dubbio, una salsa, il ragù alla Napoletana raddoppia, proponendosi anche come piatto principale, a base di carne. Quelli di voi che hanno radici nel sud Italia sono probabilmente più abituati alla versione napoletana, mentre quelli che provengono dal Settentrione probabilmente preparano quella bolognese.
Il Ragù alla Bolognese è probabilmente apparso in città attorno al XVI secolo, ma dobbiamo arrivare fino al 1982 per trovare una ricetta “ufficiale” registrata alla Camera di Commercio di Bologna dal capitolo bolognese dell’Accademia Italiana della Cucina. I cuochi della Rossa fanno il loro ragù con un po’ di soffritto (cipolle, sedano e carote), carne di manzo tritata, pomodori (sia pelati che in salsa), vino bianco (non rosso! ), olio extravergine d’oliva o burro, un po’ di brodo, latte intero e, se volete, un po’ di panna intera. Il sugo dovrebbe cuocere per un minimo di due ore, e si dovrebbe aggiungere del brodo di tanto in tanto, se diventa asciutto. Anche se non tutti ci aggiungerebbero latte o panna (serve a ridurre l’acidità dei pomodori), la ricetta bolognese è più o meno quella abbracciata da tutte le regioni del Nord: alcuni possono mischiare la carne di manzo macinata con la salsiccia o il maiale macinato, ma l’idea e il resto degli ingredienti sono gli stessi.
Il Ragù alla Napoletana è tutt’altro, perché vale sia come salsa sia come piatto principale di carne, lo stufato. La prima attestazione della sua presenza sulle tavole napoletane risale al XVIII secolo. È interessante notare, però, che i napoletani non usavano il pomodoro nel loro ragù, almeno non all’inizio, poiché la prima ricetta con questo si trova in Usi e Costumi di Napoli di Carlo Dal Bono, nel 1857.
Il ragù originale era un piatto tradizionale della domenica – e lo è ancora in molte parti del Sud. Ieri come oggi, è fatto con tagli di manzo (non tritati), che richiedono una lunga cottura. Fondamentalmente, il ragù napoletano aggiunge alla sua ricetta anche altre prelibatezze a base di carne, come la salsiccia, le costine di maiale, la cotica, le polpette napoletane e le braciole ripiene. Gli elementi essenziali sono olio extravergine d’oliva, cipolle, carote, vino bianco e, naturalmente, salsa di pomodoro. Il ragù napoletano ha bisogno di cuocere per almeno 6 ore ed è per questo che la sua preparazione inizia di solito la mattina presto: svegliarsi la domenica con il profumo invitante del ragù che riempie la casa è un ricordo delizioso di molti meridionali.
Quando la carne è cotta, viene tolta dalla pentola e messa da parte; di solito, il maiale è pronto prima del manzo, quindi dovrebbe essere tolto prima. Questo sarà il secondo, il piatto di carne della domenica. La salsa di pomodoro, arricchita con i sapori e gli aromi delle carni, viene usata per la pasta.
Il ragù Napoletano e quello Bolognese sono veri e propri capisaldi della nostra cucina nazionale e non si escludono a vicenda. Sono solo declinazioni diverse dello stesso fantastico linguaggio culinario del nostro Paese. Ecco perché, tutto sommato, credo che si possano davvero amare entrambi. Non c’è bisogno di preferirne uno!
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