Vasi e tazze attiche, candelabri di ferro e piombo, brocche, buccheri, fibule. Circa 2000 pezzi del mondo etrusco da scoprire e ammirare a Populonia, suggestivo borgo medievale a pochi chilometri da Piombino che domina un promontorio affacciato sul golfo di Baratti.
Il nuovo Museo Etrusco di Populonia – Collezione Gasparri arricchisce l’offerta archeologica e culturale della Toscana e propone, tra vasellame corinzio e attico, oggetti di ornamento personale, contenitori bronzei, ceramiche dipinte a vernice nera, cippi funerari, sarcofagi, anfore e ancore, reperti finora nascosti ai più. La collezione archeologica è composta principalmente dai reperti emersi durante gli scavi condotti nella sottostante Baratti dalla Soprintendenza archeologica nella prima metà del Novecento.
I terreni intorno al golfo, a partire dal 1915, furono oggetto di intense attività di scavo per il recupero delle antiche scorie di ferro, ancora ricche di minerale da riutilizzare nei moderni altiforni, abbandonate nelle epoche precedenti. Ma con le scorie emersero anche importanti tracce del passato etrusco.
L’Italo-Americano ha intervistato l’archeologa Carolina Megale, curatrice e direttrice scientifica del museo.
Da raccolta privata a museo pubblico che propone migliaia di reperti etruschi. Come è nata la Collezione Gasparri?
Giulia e Tommaso Gasparri, proprietari di una tenuta a Populonia dal 1936, in caso di scoperte archeologiche avevano diritto a un premio di rinvenimento che poteva essere corrisposto in denaro o mediante il rilascio di una parte degli oggetti raccolti. Fu così che la Soprintendenza assegnò ai Gasparri una notevole quantità di reperti che andarono a costituire il primo nucleo della collezione. Giulia e Tommaso Gasparri vollero da subito allestire un piccolo Antiquarium degli scavi, concepito come parte integrante della visita alla vicina necropoli. Alcune sale al piano terra della Villa padronale, sulla via principale del borgo, furono scelte come sede del Museo.
Al momento della selezione dei reperti, lo stesso Tommaso scrisse ad Antonio Minto, soprintendente alle Antichità d’Etruria, per esortarlo a non essere avaro nell’assegnazione e per comunicargli che avrebbe fatto richiesta al Ministero dell’Educazione per ottenere in deposito materiali provenienti da Populonia, conservati al Regio Museo Archeologico di Firenze ma non esposti al pubblico.
Nei mesi di agosto e settembre del 1937, sotto la direzione del Soprintendente Minto, Giulia Gasparri e Alessandro Salti (preposto all’ordinamento dei Musei) si dedicarono all’allestimento delle sale. A ottobre il museo era quasi pronto ma la guerra e la morte del figlio Leone in Cirenaica interruppero bruscamente i lavori.
Nel 1942 Tommaso, nominato da Minto Ispettore Onorario della Soprintendenza per la zona di Populonia, completò la sistemazione dell’Antiquarium che, nel contempo, fu ampliato più del doppio per accogliere alcuni dei reperti conservati nei depositi fiorentini. Il Museo fu inaugurato nella primavera del 1943.
Da allora la Collezione si è arricchita di un nucleo di reperti provenienti dagli scavi della Soprintendenza degli anni ’50 e di un nucleo piuttosto eterogeneo di oggetti sporadici rinvenuti nei campi e nel mare di Baratti. Nel 1957, nel ‘71 e nel ’75 il Museo subì tre furti, probabilmente su commissione. Nel 1988, in seguito a un riordinamento, il Museo fu trasferito nella sede attuale, gli spazi del vecchio frantoio costruito da Curzio Desideri nel 1882.
Questo piccolo Antiquarium, per quasi mezzo secolo, è stato l’unica istituzione museale del territorio aperta al pubblico concepita per illustrare la storia dell’antica città di Populonia dal IX secolo a.C. alla tarda età imperiale.
Quale valore artistico hanno i pezzi della Collezione Gasparri?
Assegnare un valore artistico a reperti archeologici può risultare complesso e talvolta anacronistico. Parlando di artigianato artistico si possono segnalare alcuni pezzi di particolare pregio, specie per gli studiosi, quali ad esempio due splendide oinochoai (brocche) del ‘Pittore della Centauromachia’ che raffigurano Turan ed Eros, realizzate tra la fine del IV secolo a.C. e gli inizi del III secolo a.C. Allo stesso periodo risalgono il coperchio di sarcofago scolpito con la raffigurazione del defunto semisdraiato e la bella testa maschile ispirata a modelli arcaici, entrambi realizzati in pietra vulcanica locale (riolite).
La Collezione conserva inoltre molti reperti in bronzo e piombo di grande pregio, oltre a ceramiche greche ed etrusche realizzate da abili maestranze.
Come avete condotto il lavoro di catalogazione dei singoli pezzi?
I reperti furono sommariamente schedati a più riprese a partire dagli anni ’40 del Novecento. Una nuova catalogazione è in corso. I reperti, divisi per cronologia e classe di appartenenza (bucchero, ceramica a vernice nera, ceramica comune, ecc.) sono oggetto di studio da parte di archeologi e giovani studiosi dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Università di Firenze.
Come si integra il nuovo museo con le strutture archeologiche già presenti nel territorio?
La Collezione Gasparri è stato per oltre cinquant’anni l’unico museo archeologico del territorio aperto al pubblico. La storia della formazione della Collezione racconta pagine di storia legate al territorio e alle vicende di cui è stato protagonista nella prima metà del Novecento. Questi eventi, raccontati attraverso i reperti archeologici, trovano posto in questo piccolo Museo intriso di storia locale. E solo qui.
Il territorio di Populonia, Baratti e Piombino è ricco di strutture archeologiche, ognuna con la propria identità, ma solo la lettura complessiva di tutte queste realtà restituisce la completa conoscenza del suo passato, come un puzzle.
Populonia (e Piombino) stanno sfruttando a pieno le potenzialità dei siti archeologici sul loro territorio?
A mio parere, ogni cosa è perfettibile. Molto viene fatto con successo e dedizione, ma la sinergia tra enti con diverse competenze, cultura, turismo, promozione, ecc. potrebbe senza dubbio portare nuove opportunità per il territorio.
Il vostro lavoro viene portato avanti con fondi pubblici o privati?
La Collezione è privata e sono stati i proprietari ad investire nella nuova sistemazione museale. Un neomecenatismo ancora troppo raro.
Quanto ancora c’è da scoprire nell’area archeologica di Populonia?
Tantissimo, quello che è stato portato alla luce è davvero una minima parte della città antica e del suo territorio. Populonia ha ancora molto da raccontare, molti nodi storici sono ancora da sciogliere e molti aspetti dell’economia e della politica locale sono ancora in corso di definizione.
L’Italo-Americano ha poi intervistato Erica Foggi e Agostino Carpo che hanno curato l’allestimento del nuovo Museo Etrusco insieme a Francesco Ghizzani Marcia, ideatore del progetto grafico, Andrea Camerini, che ha ideato e diretto il video introduttivo, Ilaria Marchesi che ha curato la traduzione dei testi e infine Martina Fusi e Helga Maiorana che hanno raccolto le immagini e le didascalie dei pannelli.
Disposizione degli spazi, materiali, illuminazione, ma anche disposizione delle opere. Quali criteri avete seguito per l’allestimento?
L’allestimento è stato curato seguendo il progetto museologico e le indicazioni scientifiche che ci sono state fornite dalla curatrice della collezione, l’archeologa Carolina Megale.I principi ispiratori che abbiamo seguito nell’allestimento sono sostanzialmente due: lasciare il sapore originario della collezione privata impostato su criteri primo novecenteschi di ordinamento dei reperti all’interno delle vetrine e poi seguire un ordine espositivo riferito ad un percorso tematico all’interno delle varie stanze.
Attraverso queste indicazioni abbiamo inizialmente proposto un nuovo ingresso che permettesse la creazione di una sala conferenze dotata di schermo fisso per proiezioni (circa 100 posti a sedere); tale spazio diventa parte integrante del percorso museale. Per realizzare questo proposito è stato necessario demolire un muro di recente costruzione che ostruiva l’accesso diretto ai locali e impediva l’utilizzo della grande sala tagliandola in due parti.
Rispetto alla precedente conformazione, quindi, il vostro intervento ha ampliato gli spazi.
Sì e caratterizzato l’ingresso (ove si trova il servizio bigliettazione e il bookshop) pensandolo come un cannocchiale che attraversa tutta la profondità disponibile, fino a portare lo sguardo del visitatore verso una finestra panoramica che si affaccia sul promontorio.
Questa soluzione prospettica pone al centro dello sguardo (e del percorso di accesso) il “Dolio”, che per le sue dimensioni eccezionali (è una grande anfora rotonda e alta come una persona) crea l’effetto di una cerniera nel percorso allestitivo.
Avete conservato qualcosa del vecchio Antiquarium?
Nella nuova sala posta parallelamente all’ingresso (da questo divisa con un pannello didattico) sono state collocate 3 delle vetrine originarie restaurate, ri-tinteggiate con una nuova colorazione interna ed illuminate a led). Un grande schermo ha poi la funzione di accogliere il visitatore con una proiezione video appositamente realizzata e proiettata in continuo (che precede e accompagna la visita del museo): questo schermo e lo spazio antistante possono anche essere utilizzati per lezioni, incontri e conferenze.
L’allestimento ha un ruolo importante perchè funge da guida del visitatore tra i reperti. Guidateci nel tour.
Superato l’ingresso, che informa sulla famiglia Gasparri proprietaria della Collezione, le prime due stanze iniziano a farci scoprire la collezione e il suo rapporto con il territorio, anche attraverso una grande cartina a parete dove sono visualizzati tutti i ritrovamenti più importanti dell’Area Archeologica di Baratti e Populonia.
Continuando il percorso museale si arriva alla “Sala del Mare” che, prima dei lavori, si configurava come uno spazio raggiungibile solo scendendo tre alti scalini.
Il progetto di questo spazio, anche in funzione dell’abbattimento delle barriere architettoniche, parte dall’idea di realizzare un percorso dinamico di scoperta sviluppato su due livelli: abbiamo quindi proposto un percorso perimetrale allo stesso livello della quota del museo e la restante parte, centrale, (che è rimasta più bassa) è stata riempita con sabbia, in modo da ricostruire l’idea di un fondale marino in cui sono adagiati dei reperti (ancore e anfore).
La nuova parete divisoria tra la sala del mare e il museo offre lo spazio sia per i pannelli esplicativi (all’esterno), sia, all’interno) per la proiezione continua di un filmato originale sui ritrovamenti in mare.
Siamo quasi alla fine del percorso espositivo.
Le ultime stanze accolgono i reperti funerari: qui la strategia allestitiva ci ha portato ad introdurre una nuova struttura espositiva continua che si snoda su due livelli ed assolve a varie funzioni in base al tipo di oggetto da esporre. Volumi pieni ed alti si alternano a volumi bassi e cavi riempiti di sabbia.
La parte finale del racconto/visita è affidato ad altre due vetrine, vari esempi di sarcofagi e ad una testa lapidea finemente modellata che, isolata e montata su un sostegno metallico guarda, attraverso una finestra, il mare in cui è stata ripescata.
Entrando nel museo si ha la sensazione di un ambiente accogliente, non di essere davanti a un freddo elenco di reperti riesumati da un passato lontano.
All’interno del museo per le pareti si è scelta una tonalità calda di colore (tipo sabbia); per gli arredi si sono scelti colori e materiali neutri e naturali proprio per esaltare la qualità dei reperti: in particolare si è fatto uso di acciaio ossidato tipo “cor-ten” e di legno tinteggiato in marrone scuro (tonalità tipica delle finiture lignee del borgo antico di Populonia Alta).
Il pavimento incongruo è quello originale, in pietra naturale tipo macigno o pietra serena. Abbiamo utilizzato tre tipi di illuminazione artificiale, anche se molti reperti godono della calda luce naturale durante il giorno: all’interno delle vetrine è realizzata collocando strisce di led (al di sotto delle mensole); per la luce diretta o d’accento si sono utilizzati faretti a led montati su cavi; per la luce d’ambiente o indiretta sono stati scelti fari a led posti sopra le vetrine.