Il nome del paese deriverebbe da “Pietra Gialla”, in riferimento riferita al colore del materiale impiegato per la costruzione delle case, il tufo. Ma Pietragalla è soprattutto il paese dei “Palmenti”, le cantine-grotta scavate nella roccia utilizzate ancora oggi per la conservazione del vino.
I Palmenti sono un complesso di strutture ipogee, che hanno origine nella prima metà del XIX secolo. L’etimologia del termine Palmento ha diverse ipotesi: alcuni studiosi sostengono che derivi dal latino pavimentum, ad indicare il piano pavimentale dove si pigiavano le uve; altri sostengono derivi da pavire, ossia l’atto del pigiare, battere. Il Palmento è un manufatto che rappresenta una singolare realizzazione di architettura rurale, unica nel suo genere.
Questi caratteristici antri sono raggiungibili percorrendo le strade e i vicoli del borgo medioevale, che si arrampicano fino al punto più alto del paese dominato dall’imponente campanile della chiesa madre dedicata a San Nicola di Bari e dal castello, l’attuale Palazzo Ducale. Il suo impianto si divide in due parti, la prima, che conserva i caratteri dell’antico castello, edificato intorno al 1100, l’altra, che rimanda all’ampliamento del complesso avvenuto ad opera di architetti napoletani nella seconda metà del ‘400. Il visitatore resta senz’altro affascinante dalle ampie loggiate che impreziosiscono la struttura, mentre all’interno sono custodite tele settecentesche e pregevoli dipinti.
Il circondario di Pietragalla è ricco di boschi e scorci che restituiscono un panorama certamente tra i più suggestivi della Basilicata.
Ma la vera attrazione naturalistica sono proprio i “Palmenti”, un borgo vinicolo formato da costruzioni di architettura rupestre e costruito dai francesi della Provenza, sullo schema di quelli presenti anche nel loro territorio. Il nome secondo alcuni povrebbe avere origine francese da “Balmetti”, dal ligure “Balma”, “incavatura”.
Al loro interno sono dotate di vasche ricavate nella roccia tufacea, per la lavorazione e la fermentazione dell’uva (palmenti). Chi volesse osservarle nella loro complessità può raggiungere Via Mancosa, lungo la quale si concentra il maggior numero di “rutte”, altra denominazione di queste cavità sotterranee.