“Gloria eterna a chi ha combattuto per la libertà. W l’Italia libera e unita per sempre. W il 25 aprile. W la Resistenza”.
A Venezia, così come in tutta la nazione, associazioni, partiti, uomini, donne, studenti e bambini hanno festeggiato il 70° anniversario della Liberazione (1945-2015) e onorato la memoria di chi si è opposto a una delle più spregevoli tirannie della storia dell’umanità.
Il 1944 fu un anno cruciale nel destino della II Guerra Mondiale. A ovest, sulle coste francesi di Omaha Beach, gli Alleati realizzarono lo Sbarco in Normandia.
In Bielorussia, Stalin concluse con successo l’operazione Bagration. Nonostante il conflitto stesse ormai prendendo una chiara direzione, la truce mano fascio-nazista colpiva ancora con efferata crudeltà. Rispetto ad altre città italiane però, nell’antica Repubblica Marinara non vi erano state ancora azioni particolarmente sanguinose da parte dei nazifascisti; in parallelo i movimenti partigiani avevano concentrato la loro attività soprattutto nel sabotaggio e nell’informazione clandestina.
Tutto cambiò drasticamente il 6 luglio 1944 alle ore 14 quando il maresciallo Bartolomeo Asara venne ucciso e puntuale scattò la rappresaglia secondo il modello nazista 10 a 1. Nella notte tra il 7 e l’8 luglio, dieci squadre formate ciascuna da tre sgherri in borghese, partirono per uccidere 10 antifascisti a scelta tra agnostici, cattolici, comunisti e liberali. Suonato direttamente il campanello di casa e per chi aprì la porta fu morte immediata con un colpo di pistola. A cadere in modo così brutale furono in cinque: Ubaldo Belli, Luigi Borgato, Bruno Crovato, Piero Favretti e Augusto Picutti. Pur ferito alla testa, Giuseppe Tramontin riuscì a salvarsi.
Anche quest’anno l’Iveser, l’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea, ha organizzato il “percorso della Memoria” per ricordare i sopracitati caduti del cosiddetto “eccidio di Cannaregio”. Nella commemorazione sono inclusi altri due uomini: il Capitano Manfredi Azzarita, originario proprio di Cannaregio e falciato nel massacro delle Fosse Ardeatine, e il Rabbino Capo di Venezia, Adolfo Ottolenghi, arrestato cieco e anziano, poi morto nel campo di sterminio di Auschwitz.
Il raduno è fissato in campiello Bruno Crovato, già San Canzian. Prima di deporre dei fiori sotto la prima lapide, vengono suonati e cantati l’inno di Mameli e “Bella ciao”, la canzone simbolo della lotta partigiana. Già, proprio lei. “Questa mattina ho cercato di spiegare la Liberazione a mia figlia a mo’ di favola” racconta Sonia, mamma della piccola Eva. “Non sapevo bene come, poi le ho fatto ascoltare Bella ciao, e lei mi ha detto: I partigiani erano i supereroi?”.
Guidato dall’antifascista Carlo Bullado, al fianco del quale vi è anche Bruno Gamacchio, Partigiano Bianco, il corteo si snoda per le callette di Venezia fino a prendere temporaneo possesso di Strada Nuova.
Tra i presenti vi è anche la celebre attrice Ottavia Piccolo, da anni ormai residente in laguna. Borgato, Tramontin, Belli, Favretti, Picutti e Azzarita. Tutte le lapidi vengono commemorate. È un giorno di festa, sì, ma negli occhi di tutte quelle persone che la guerra l’hanno solo studiata o al massimo sentita raccontare, c’è qualcosa di più nel modo di scandire le canzoni insieme al Coro 25 Aprile.
Non sono lì per caso. Sono lì perché vogliono esserci. Sono lì per ricordare a loro stessi e a tutti che la libertà non può e non deve essere un ricordo del passato, ma una costante del presente e di costante ispirazione per il futuro. Abbandonata anche corte Correr, il percorso entra nel ghetto ebraico per l’ultima tappa, in memoria di Adolfo Ottolenghi.
Il corteo dell’eccidio di Cannaregio si conclude così, nell’ampio campo del Ghetto Novo, unendosi con altre centinaia di persone per celebrare il 25 aprile e la festa della Liberazione.