L’antica tenuta di caccia medicea è oggi il più grande parco di Firenze

 
Le Cascine, antica tenuta di caccia medicea, è il più grande parco fiorentino (160 ettari) lungo 3,5 km e largo 630 metri. Le Cascine furono aperte al pubblico nel 1765 da Pietro Leopoldo di Lorena.
 
Agli inizi dell’Ottocento, Elisa Baciocchi fece apportare notevoli interventi di manutenzione da Giuseppe Cacialli. Solo nel 1869 il parco fu acquistato dal Comune di Firenze.
 
L’amore che i fiorentini portano nel cuore per le Cascine, ha ispirato molte canzoni di Odoardo Spadaro, noto cantautore dei primi del Novecento. Le Cascine appaiono spesso nelle sue canzoni: “Firenze città delle colline, in un posto c’ha un piano, c’è un bosco che si chiama Cascine…. C’è chi va con la vettura, chi va con il cavallo, e che il cielo sia coperto, o sotto un tramonto giallo… io ci vo come tu vedi, vo alle Cascine sempre a piedi”.
 
Le Cascine si estendono per un lungo tratto, tra la riva destra del fiume Arno e il torrente Mugnone e la sponda sinistra del fosso Macinante. La sua costruzione risale al 1563, come tenuta agricola e di caccia di proprietà di Alessandro e Cosimo I de’ Medici che stimolati e interessati alla  sperimentazione, vi fecero impiantare rare specie di alberi da frutto e colture varie.
 
In verità, il parco era un’azienda  dove si allevavano  bovini, vacche e mucche  che qui pa-scolavano e c’erano stalle addette alla mungitura del latte che forniva burro e formaggio per la famiglia de’ Medici. Da questa produzione deriva il nome Cascine, dall’antico (cascio) “cacio”.
 
Con il passaggio del Gran Ducato di Toscana, dai Medici, alla famiglia Lorena, il parco fu aperto al pubblico e ben presto divenne la meta preferita dai fiorentini che nei giorni festivi andavano  a passeggio sui  bei prati erbosi o s’inoltravano nel folto del bosco tra platani chiomati, quercie annose, lecci secolari, i grandi ippocastani, pini domestici e sentieri nascosti e tortuosi, rifugio discreto degli innamorati.
 

La Piramide del Manetti: un tempo serviva da magazzino del ghiaccio

Nel piazzale Vittorio Veneto, c’è un olmo campestre, uno dei pochi rimasti indenni dalla malattia che in Italia ha causato, quasi la scomparsa, di questa specie arborea. Nel giorno dell’Ascensione, nel parco si svolgeva la popolare festa del “grillo”. Le Cascine si popolavano di gente e di venditori ambulanti di grilli e non solo; anche ai giorni nostri si svolge questa festa ma per un’ordinanza comunale i “grilli” veri non possono essere catturati e si ricorre ai grilli finti. 
 
Ogni martedì del mese alle Cascine si svolge un grande mercato, dove la gente può acquistare ogni genere di mercanzia.
Ampi prati, delimitati da superfici boscose, si aprono all’interno del parco; il prato di Via delle Cascine, quello della Tinaia, delle Cornacchie e del Quercione, così denominato a causa di una grande quercia che per “anzianità” si seccò ai primi del secolo.
 
Alla fine del 700, per opera di Giuseppe Manetti, il parco venne arricchito di costruzioni importanti; la Palazzina Reale sede, ai giorni nostri della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Firenze. Nei pressi di un viale si staglia una costruzione a forma di piramide (del Manetti) che ci ricorda quelle dell’Egitto. Un tempo la piramide serviva da deposito del ghiaccio che immagazzinato in inverno, veniva consumato nei mesi estivi.
 
L’abbeveratoio del Quercione  è chiamato “Fontana delle beccacce” e serviva per abbeverare le mucche e i bovini che pascolavano liberamente nel parco. La fontana più famosa è quella del Narciso, con una dedica al mitico personaggio “Vagheggiando al fonte il proprio viso” che cercava  e studiava la propria anima. C’è un’iscrizione  che dice che il poeta inglese P.B.Shelly si ispirò nei pressi di questa fontana per scrivere “Ode al vento dell’ovest”.
 
A ovest del parco si trova l’anfiteatro che vene sistemato negli anni ‘60. Un tempo altro non era che una cava di rena. Verso Piaz-za Vittorio Veneto ci sono gli impianti nautici delle “Pavoniere”. Opera (1791) di Giuseppe Manetti prendono il nome da due graziosi tempietti usati un tempo, come uccelliere. Negli anni ‘60 l’intero complesso venne trasformato in piscina comunale. 
 
Nel 1932, la colonia americana che dimorava a Firenze  eresse nel parco un monumento a George Washinton. Negli anni, era sorto nelle vicinanze delle Cascine  un nuovo quartiere popolare: l’Isolotto che nel 1962 fu collegato con un ponte al parco. Oltre alle attuali costruzioni ci sono campi da tennis, tiro a segno, tiro con l’arco, reparti a cavallo della polizia e dei carabinieri.
 
Quasi alla fine del parco, si trova il monumento a “L’Indiano”. Lo scultore inglese C.F. Fuller lo costruì nel 1879. L’opera ha la forma di un baldacchino sorretto da quattro colonne e sotto c’è il busto scolpito di un principe indiano Chuttraputti che in visita a Firenze, morì all’età di 21 anni. Secondo il rito indù, fu cremato e le sue ceneri sparse alla confluenza dell’Arno e il torrente Mugnone.
 
I fiorentini dei giorni nostri, come quelli di un tempo, amano ritrovarsi la domenica alle Cascine, sede di eventi culturali. Nel grande piazzale vengono montate giostre per grandi e piccini. La gente passeggia lungo le rive dell’Arno che costeggiano il parco e che in primavera sono ricoperte da piccole margherite bianche.

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