Com’era intenso il profumo del panettone appoggiato sul calorifero. Diceva mio nonno che “così il burro all’interno dell’impasto si ammorbidiva” mentre le mie piccole dita già scavavano per rubare le uvette e i canditi quando c’erano ancora i panettoni veri, profumati, morbidissimi, artigianali. Poi la produzione industriale ha iniziato a distribuirlo ovunque trasformandolo nel dolce più comune, ma meno fragrante, sulle tavole natalizie di tutta Italia e non solo.
Il panettone, Panaton o Panattun in lombardo, deve invece essere morbido, burroso, ricco di uva sultanina (“uvetta”) e di frutta candita con una forma cilindrica terminante in cupola. Il suo impasto a base di farina burro, tuorli, acqua e lievito è arricchito di uvetta, aranci e cedri canditi.
Dal 2005 quello originale è tutelato da un disciplinare che ne specifica gli ingredienti e le percentuali. La Camera di commercio di Milano ha registrato il “Marchio panettone” che certifica la produzione artigianale e il disciplinare è regolamentato dai Maestri Pasticceri Milanesi.
Il panettone, oggi, è disponibile in due formati: basso e alto. Dal primo è nato il secondo, ma il secondo ha indirettamente fatto evolvere il primo.
La minor quantità di grassi del “Pane grosso” faceva sì che la sua forma, anche se non ben definita, non necessitasse di uno stampo vero e proprio ma, successivamente, la quantità di burro per chilo di farina (quasi uno a uno) impose l’utilizzo di una “guaina”. Il primo a dare classica forma a fungo fu Angelo Motta negli anni ‘20.
STORIA E LEGGENDA – La storia o meglio le storie sull’origine di questo dolce sfumano un pochino nella leggenda.
Gia dal IX secolo era consuetudine che venisse spezzato, a Natale, un grande pane poi offerto dal padre (pater familias) a tutti in segno di comunione. Un manoscritto tardo quattrocentesco di Giorgio Valagussa, precettore di casa Sforza, attesta la consuetudine ducale di celebrare il cosiddetto rito del ciocco. La sera del 24 dicembre si poneva nel camino un grosso ciocco di legno e venivano portati in tavola tre grandi pani di frumento, materia prima per l’epoca e di gran pregio.
Nel XV secolo nel giorno di Natale i fornai regalavano del pane arricchito con burro, miele e zibibbo e soprattutto fatto di frumento, alimento il cui uso era appannaggio solo dei nobili durante tutto l’arco dell’anno.
Difatti fino al 1395 tutti i forni di Milano (tranne il “prestino” dei Rosti, fornitore dei più abbienti) avevano il permesso di cuocere pane di frumento solo a Natale, per farne omaggio ai clienti abituali. L’usanza di arricchire il pane è comune in tutta Europa ma, solo a Milano è nato il Panettone.
Nel 1606, secondo il primo dizionario milanese-italiano (Varon milanes), il Panaton de Danedaa era un Pan grosso, qual si suole fare il giorno di Natale.
Francesco Cherubini ce ne dà una descrizione più ricca nel suo Vocabolario milanese-italiano (1839-1856): descrive il Panettone o Il Panattón o Panatton de Natal come una specie di pane di frumento “addobbato con burro, uova, zucchero e uva passerina (ughett) o sultana”…Solo nel ‘700 il pane bianco detto “micca” insieme ad altre delizie diventarono, a Milano, legali per tutti.
Ma è nella meta del 1800 che cuoco Giovanni Luraschi nella sua ricetta del panettone inserisce fra i vari ingredienti il lievito. Uno degli artefici del panettone moderno è stato Paolo Biffi, che curò un enorme dolce per Pio IX al quale lo spedì con una carrozza speciale nel 1847. Golosi del pant del ton sono stati molti personaggi storici: dal Manzoni al principe austriaco Metternich che parlando delle “cinque giornate” disse dei milanesi: “Sono buoni come i panatoni”.
La ricetta del panettone come veniva preparato nell’800 venne per la prima volta ripresa nel 1944 da Angelo Vergani che fondò l’industria che tuttora produce panettoni.
La leggenda invece vede protagoniste due diverse storie. Si narra che Messer Ughetti degli Atellani fosse innamorato della figlia di un fornaio, Algisa, e che si fece assumere dal padre. Inventò un dolce a base di burro, uova, miele e uva sultanina. Tale fu il successo che tutti vollero assaggiare questo nuovo pane. La seconda storia vede protagonista il cuoco di Ludovico il Moro che bruciò il dolce per il pranzo di Natale. Per fortuna, lo sguattero Toni aveva preparato un suo dolce, semplice ma buono, impastando farina, uova, burro scorze di cedro e uvetta. Tutti furono estasiati e quando chiesero il nome del dolce il cuoco rispose: “L’è ‘l pan del Toni”. Da allora è il “pane di Toni”, ossia il “panettone”.
GLI INGREDIENTI – Acqua, Farina 0, Sale, Uova fresche, Latte, Burro, Zucchero, Frutta candita (in particolare arancia e cedro), Uvetta sultanina, Vaniglia, Lievito.
Frutta candita ed uva sultanina non sono originari del territorio lombardo ma hanno una tradizione molto antica e provengono dal Medioriente.I canditi (la parola “candire” viene dall’arabo qandat) giunsero nel nostro Paese con la dominazione araba ed iniziarono ad essere comunemente utilizzati a partire dal 1500. La tecnica della canditura, come metodo di conservazione, era già nota agli antichi romani che però utilizzavano il miele e non lo zucchero. La canditura a miele, si fa ancora, ed è pregiatissima così come quella fatta con il mosto cotto (saba).
L’uva sultanina prende verosimilmente il nome dalla città di Sultania (oggi Sudak sulla via della seta), antico porto commerciale veneziano e genovese. E’ una varietà di uva bianca da tavola originaria di Grecia, Turchia e Iran con acini piccoli e senza semi che viene essiccata al sole. Venne importata per la prima volta in Europa dagli inglesi circa nel 1600. In Sicilia viene prodotta un’uva passa con la varietà Moscato o Zibibbo, una tra le uve da vino più dolci, anche se solo in modiche quantità tanto da essere commercializzata solo dentro la regione.
Il processo di produzione del Panettone prevede delle precise fasi di lavorazione: lievito naturale, preparazione degli impasti lievitati con l’aggiunta dei vari ingredienti e ben altre 2 fasi di lievitazione e impastamento.
La fasi successive sono la “pirlatura” (spezzatura e arrotondamento dell’impasto) e posa dei “pirottini” deposizione dell’impasto negli stampi di cottura, lievitazione finale e “scarpatura” che consiste nell’incidere la superficie superiore dell’impasto con un taglio a forma di croce. La cottura dura 50 minuti a 190° e il raffreddamento è la fase in cui è previsto il capovolgimento del prodotto.
In casa difficilmente si riesce ad ottenere un Panettone degno di questo nome però possiamo provare a fare una “gustosa imitazione” seguendo la ricetta del famoso Pellegrino Artusi dal suo libro “La Scienza in Cucina e L’Arte di mangiar bene”.
PANETTONE DI MARIETTA
Marietta Sabatino era la fedele governante a servizio in casa Artusi, nonché abile cuoca dalla quale l’Artusi traeva spunti e consigli.
Ingredienti:
• 300g farina
• 100g burro morbido
• 80g zucchero
• 80g uva sultanina o zibibbo
• 1 uovo intero + due tuorli
• 10g cremor tartaro + 5g bicarbonato (oppure una bustina di lievito per dolci)
• 30g di cedro candito tagliati in piccoli pezzi
• 30 gr di arancio candito tagliato in piccoli pezzi
• Scorza di arancia grattugiata
• 200g di latte tiepido
• Un pizzico di sale
Procedimento:
Ammorbidire l’uva sultanina in acqua o liquore. Montare le uova con lo zucchero. Aggiungere il burro e il latte poco alla volta. Aggiungere la farina setacciata con il lievito e il sale (sempre montando). Strizzare l’uvetta e unirla al composto, aggiungere gli altri canditi. Imburrare e infarinare una teglia stretta e alta oppure il pirottino da panettone. Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 40 minuti.