Si è appena concluso il “festino” di Santa Rosalia, la santa protettrice di Palermo e dei Palermitani. Giunto alla 389esima edizione non ha risentito nei 5 giorni tradizionali e irrinunciabili di festeggiamenti della sua veneranda età, di stanchezza plurisecolare.
Non è mancato il solito rituale che vede il “carro” dedicato alla “Santuzza”, pur in un clima di economia, protagonista insieme al popolo palermitano, alle istituzioni locali e alla componente -essenziale- religiosa, della celebrazione.
La festa in onore di Santa Rosalia, al secolo Rosalia Sinibaldi, che è un evento di grande partecipazione popolare e devota, risale al Seicento, quando la peste, portata da un veliero tunisino che recava gioielli, lane, lino e altri beni preziosi inviati in dono al Viceré rischiava di decimare l’intera popolazione.
Era il 15 luglio e i palermitani che si rivolgevano supplichevoli alle Sante patrone della città: Cristina, Agata, Ninfa e Oliva e a San Rocco, non vedevano scemare il terrore della peste. Mentre il popolo invocava Santa Rosalia le sue ossa furono ritrovate da un pastore, Vincenzo Bonelli, che si aggirava nei pressi della grotta dove Rosalia aveva abitato da eremita.
Il Cardinale Giannettino Doria, convinto dalla fede del popolo, si recò sul Monte Pellegrino. Il Pubblico Consiglio la proclamò presto patrona di Palermo e le reliquie furono trasportate nella cattedrale, dove si trovano ancora oggi, custodite in una teca d’argento.
Il 4 settembre di quell’anno fu pubblicato il bando per il “cessato male”. Sul calendario il 4 settembre si festeggia il suo onomastico e i fedeli non rinunciano all’“acchianata” (salita a piedi) sul Monte Pellegrino.
Ma è dal 10 al 15 luglio che da allora, ogni anno, i palermitani non smettono di celebrare la Santa patrona, e il “festino” dura proprio cinque giorni con attività collaterali alla storica sfilata del carro con l’immagine della santa in primo piano.
La sera del 14 è il Carro Trionfale che attraversa il “Cassaro”, ovvero Corso Vittorio Emanuele su cui insiste la Cattedrale sino ad arrivare a Porta Felice per accedere, infine, vicino al mare dove si svolge la parte finale della serata con gli irrinunciabili e tanto attesi “giochi di fuoco”, come vengono chiamati dai palermitani, ovvero i giochi pirotecnici che, riflessi sul mare della “Cala” (quartiere storico della città), rispecchiano la gioia di vivere.
Questi momenti di esaltazione cristiana dei palermitani che per un anno intero aspettano i “cinque giorni”, sono vissuti come un rinnovato miracolo di allontanamento della “peste” che oggi assume il nome di disoccupazione, povertà o qualunque altra forma di disagio per la popolazione intera.
E proprio per dare una speranza in più, la sfilata del 2013 è stata concepita come quella della speranza e sono stati 300 bambini che vestiti i colori della città, il giallo e il rosso, hanno anticipato il carro dopo l’inizio, in cattedrale, dello spettacolo.
Tra recite che danno la voce a Rosalia e il canto del cantastorie Fortunato Giordano, che racconta la vita della santa, il carro si muove per fermarsi ai Quattro Canti dove si svolge il momento augurale più atteso dalla cittadinanza. È a questo punto che il sindaco (Leoluca Orlando) sale i gradini della scaletta che portano ai piedi della santa e, pronunciando l’attesa e rituale frase: “Viva Palermo e Santa Rosalia”, lancia dei fiori all’indirizzo della statua che rappresenta la “Santuzza”.
Coriandoli e petali di rose vengono sparati sulla folla, mentre il corteo si avvicina sempre di più a “Porta Felice”. È un portone di legno dorato che simula le antiche mura della città che viene aperto per lasciar passare il carro e il corteo. Finalmente, i fedeli, ora accalcati in prossimità del mare, assistono ai giochi pirotecnici che concludono i festeggiamenti in onore di Santa Rosalia.
L’ultimo atto e per nulla meno importante ma dal sapore esclusivamente religioso, è quello che si svolge l’ultimo giorno del Festino: la processione religiosa lungo il Cassaro con l’urna d’argento contenente le reliquie della Santa che attraversa oltre il corso Vittorio Emanuele, piazza Marina dove il Cardinale Arcivescovo da un messaggio alla città per ripercorrere il Cassaro, i Quattro Canti, Via Maqueda, continuando sino a Piazza Monte di Pietà dove il corteo si ferma davanti alla prima edicola votiva dedicata a Santa Rosalia, infine arriva in Via Matteo Bonello per rientrare in Cattedrale dal sagrato.
La devozione dei palermitani nei confronti di Santa Rosalia, che affonda le origini nel Seicento, è dovuta non soltanto al “miracolo della peste” ma anche ad un grande rispetto nei confronti di una nobile, quale Rosalia che, come San Francesco, decise di spogliarsi dei suoi beni, dei privilegi di cui godeva in quanto appartenente ad una famiglia nobile per seguire una vita ascetica e povera.
Nel corso della conferenza di presentazione di una manifestazione collaterale al festino 2013, svoltasi presso la sala Sisto IV della Basilica di San Francesco d’Assisi di Palermo, Don Giuseppe Di Giovanni, parroco della chiesa di San Basilio Magno, ha voluto sottolineare la scelta religiosa della Santuzza, eremita per vocazione, e consapevole “…che questa vita è una preparazione gioiosa all’incontro con Cristo…”.
L’augurio che ha concluso la calorosa e partecipata presentazione di Don Giuseppe è stato che “…ci sia una vera e profonda pulizia etica, spirituale e morale. Santa Rosalia protegga ed interceda per la sua amata città e quest’ultima sia completamente purificata dal male.”
Alla conferenza era presente anche l’architetto Rodo Santoro che ha illustrato la storia del carro trionfale del festino e che più volte ha partecipato con i suoi progetti alla realizzazione di alcuni di essi.
Abbiamo potuto ammirare i suoi carri ed altri ancora grazie alle loro riproduzioni in creta fatte dallo scultore prof. Filippo Leto – tra l’altro promotore del convegno – che sono state acquisite dal collezionista Aldo Adelfio che le ha gentilmente messe in mostra per l’occasione.
La sua passione per il collezionismo ha radici lontane e quella per i carri trionfali e oggetti tipici del festino è nata dal ricordo del padre che da piccolo lo portava alla marina a partecipare a quella festa dove lui, bambino, si perdeva tra le bancarelle ricche di dolciumi dai colori fantasmagorici e dai profumi inebrianti.
Anche alla madre deve la sua passione di collezionista per il gran raccontare che gli faceva sui miracoli della Santa e delle tradizioni popolari che accompagnavano i suoi gesti.
Ma la vita del collezionista è costellata di difficoltà; non è stato immediato l’incontro con Filippo Leto, autore dei modelli dei carri in suo possesso ma, infine, è riuscito ad acquistarne ben sette tra cui quello di D’Amico datato 1624, quello del 1896, quello di Rodo Santoro del 1974 ripetuto sino al 2002, e poi i carri del 2003, 2007, 2008 e 2009.
Oltre ai carri sono stati in mo-stra altri oggetti appartenenti a Aldo Adelfio con tema festino di Santa Rosalia, quali bandierine e, cosa davvero curiosa, la Pietra di Santa Rosalia: “è una pietra cristallina del Monte Pellegrino e la tradizione dice che questa pietra, che copriva la botola dove si trovavano le ossa della Santuzza, al contatto con i bubboni della peste faceva scomparire il male. Ma questa pietra aveva un’altra funzione, ossia allontanava le tempeste; quando si avvicinava una forte burrasca la pietra, si di-ceva, che cambiasse colore divenendo scura.
La tradizione vuole che se si lasciava sul davanzale di una finestra o si lanciava per strada, recitando una preghiera, aspettando, la tempesta cessava la sua forza”.
Chissà se ancora oggi le pietre di Monte Pellegrino hanno lo stesso potere. Forse sì. Basta crederci.