La medaglia più bella è arrivata. Quella del riscatto dopo la gogna mediatica, quella della liberazione dopo tanti fallimenti, quella del talento che, dopotutto, trionfa sempre. Carolina Kostner torna da Sochi con una medaglia di bronzo al collo, la prima olimpica, a coronamento di una carriera in cui mancava solo il podio più importante. 
 
Giusta una tale celebrazione per un bronzo? Giustissimo, perché il “Bolero” disegnato sul ghiaccio russo della pattrinatrice semplice e silenziosa più volte caduta a Torino e Vancouver (2006 e 2010), è risuonato come manifesto ideologico di una carriera a cui mancava solo la ciliegina sulla torta. “Non mi arrendo, sono sicura che il mio momento arriverà” aveva profeticamente affermato proprio all’indomani del flop olimpico di Vancouver.
 
E in effetti, Carolina ha saputo rialzarsi come nella più bella e incantevole delle favole. Lavorando nel silenzio, forse facendo leva sull’orgoglio toccato e pungolato dagli sghignazzi del pubblico che ne avevano sancito i tonfi in Canada. Ha abbattuto l’alto muro della pressione, quella montata da media e sportivi italiani che da anni vedevano in lei le stimmate della campionessa e il simbolo di una Italia sportiva semplice, e allo stesso tempo di straordinaria bellezza. Carolina ha danzato come solo le più grandi hanno saputo fare prima di lei, arrivando terza, alle spalle di Adelina Sotnikova (oro) e di Yuna Kim, forse solo per giochi di “giudizio” poco oggettivi che sempre caratterizzano il pattinaggio su ghiaccio. 
 
“Il giudizio dei giudici non sarà mai del tutto oggettivo”, ha replicato con un sorriso a trentadue denti la bella Kostner dinanzi ai taccuini italiani con la medaglia di bronzo al collo senza rancore nei confronti di chi, a detta di tutti, non ha veramente dominato la gara. 
 
L’azzurra ha espresso una gioiosa espressione artistica che non era mai riuscita a tradurre in gesto tecnico prima di Sochi. Forse i precedenti flop e la nota e dolorosa vicenda che aveva devastato cuore e mente prima dei giochi Olimpici di Londra (l’allora fidanzato Alex Schwazer, marciatore, fu sospeso per doping), ha toccato quei tasti che nessuno, prima era riuscito a sfiorare. Carolina è stata forte, molto più della sua voce fioca e dolce, si è chiusa nei suoi affetti più sinceri e nel lavoro sul ghiaccio estraniandosi da un mondo che non la vedeva più al centro di tutto. Situazione paradossale dalla quale o ti rialzi o cadi per sempre e che l’atleta ha affrontato con la classe dei più grandi. “Io sono una pattinatrice, non una spettatrice: è la mia vita, la mia passione, è solo un giorno andato male, ma io andrò avanti”. 
 
Queste le concise parole cariche di dolore da cui è rinata la carriera dell’angelo azzurro che ha saputo regalare all’Italia forse la gioia più grande di questi giochi olimpici di Sochi. Cercate il filmato di quel Bolero. Solo così potrete realmente comprendere cosa ha conquistato Carolina Kostner: una medaglia che vale una vita. 
 
L’Italia ha chiuso le Olimpiadi di Sochi con 8 medaglie appena, due argenti e sei bronzi. La Russia, irraggiungibile per tutti, con 33. Poche medaglie, ma ciascuna è stata un’impresa di categoria, oltre che un successo personale dell’atleta. Oltre alla Kostner, basti ricordare il risultato del giovane e promettente Christof Innerhofer, bronzo in super combinata e argento in discesa libera, medaglia che in questa specialità mancava dal 1976.
 
Arianna Fontana invece è salita per ben tre volte sul podio nello short track, due volte da sola nei 500 e 1500 metri e la terza con le ragazze della staffetta. Armin Zoeggeler, 40 anni, sullo slittino ha conquistato la sesta medaglia in sei Olimpiadi: mai nessuno come lui. In fondo sono arrivate tre medaglie in più di Vancouver ed è stato centrato il record di finalisti di sempre. 

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