Il culto dell’eleganza Made in Italy che incontra la passione per lo sport. La classe e la fierezza italiana che si trasforma in trionfo in campo. L’arte di vincere piacendo è finalmente sbocciata in Italia. Il merito? 
 
Tutto di un uomo che di nome fa Giorgio e di cognome Armani. Da dominatore assoluto della moda mondiale, sei anni fa decise di irrompere nell’instabile panorama cestistico italiano. Ha preso una quasi del tutto derelitta Olimpia Milano per lanciare una sfida a tutto il sistema sportivo azzurro: fare di un “semplice” club, dipendente dagli umori e dalle tasche di un singolo mecenate, una vera e propria franchigia in stile americano. Una squadra capace di autofinanziarsi e di guadagnare considerazioni mediatiche al di là (e prima ancora) dei risultati sportivi, trasformando la società sportiva in un brand capace di calamitare celebrità, sponsor e grandi campioni. 
 Daniel Hackett, cestista dell’Olimpia Milano 

 Daniel Hackett, cestista dell’Olimpia Milano 

 
Sei lunghi anni sono trascorsi dal giorno in cui Armani cambiò per sempre la storia del basket italiano, sei lunghissimi anni serviti per fare della sbiadita e prossima al tracollo Olimpia, l’Armani Jeans Milano, azienda sportiva leader in Italia quasi al pari delle migliori e più vincenti società di calcio. 
 
Ad 8 anni precisi dal quel fatidico 2008, Milano, l’Armani Jeans Milano, è tornata sul tetto d’Italia conquistando uno scudetto che mancava da quasi un ventennio (correva l’anno ’96), al termine di un’epica gara 7 contro Siena (scomparsa pochi giorni dopo) disputata al PalaMediolanum di Milano dinanzi a quasi 13mila estasiati spettatori. 
 
In campo capitan Alessandro Gentile, figlio di quel Nando che da capitano aveva conquistato il precedente scudetto di cui sopra, e in parterre lui, Giorgio Armani, commosso per lo straordinario ardore sportivo messo in campo dai suoi ragazzi spinti, metaforicamente, dalla dedizione di un front-office all’altezza della situazione. 
 
Adesso, con il tricolore cucito sul petto ed una programmazione ben definita, l’obiettivo di Armani sembra rivolto oltreoceano. La provocazione pronunciata poco prima di abdicare da David Stern, l’ex commissioner della Nba, in favore del suo vice e neo numero 1 della National Basketball Association, Adam Silver (“nei prossimi 15 anni potremmo espanderci in Europa ed Oriente, spalancando le nostre porte a nuove franchigie”), potrebbe portare Milano a pensare al definitivo salto nel gotha del basket professionistico. 
 
Senza paura, senza timori, ma piuttosto con lo stile ed il talento tipico del proprietario. Giorgio Armani, molto più che una semplice griffe.  
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