“Un medico tra gli orsi”, traduzione impropria di Northern Exposure – Esposizione al nord, è una serie televisiva statunitense creata da Joshua Brand e John Falsey, composta da 6 stagioni per un totale di 110 puntate, trasmessa per la prima volta dalla Cbs tra il 1990 e il 1995. In Italia è andata in onda su Rai 2, grazie a Eliana Tisi, e poi su Canale 5 e Rete 4. “Northern Exposure” ha ricevuto numerosi premi tra cui sette Emmy Award e due Golden Globe.
La serie è incentrata sulle vicende del Dr. Joel Fleischman (Rob Morrow), giovane medico ebreo di New York “costretto” a esercitare la professione per quattro anni nella cittadina di Cicely, in Alaska, per ripagare la borsa di studio che gli ha permesso di laurearsi. Deve quindi vivere in un ambiente completamente diverso da quello della metropoli cui è abituato. Il suo desiderio era di passare i quattro anni, dovuti allo stato dell’Alaska, in un ospedale di Anchorage e non di ritrovarsi tra gli 839 abitanti di Cicely.
La particolarità di “Northern exposure” è il risultato della combinazione di diverse influenze: i creatori Joshua Brand e John Falsey sono stati membri dell’Esalen Institute di Big Sur in California (noto per l’educazione umanistica alternativa), dove hanno coltivato un’eclettica “spiritualità”. Il sapiente dosaggio di intelligenza e ironia genera storie dai toni surreali, che rendono concreta la realtà dei fatti narrati, tesi a rivelare l’inconscio dei personaggi.
Nel campo della letteratura troviamo similitudini, con questa tecnica narrativa, nei racconti di Carlos Castañeda (magia e realtà), che usò il termine “naqual” per descrivere quella parte della percezione che appartiene alla sfera del “non conosciuto” e ancora non conoscibile dall’uomo. Altri riferimenti ci portano inevitabilmente al “realismo fantastico” di Gabriel García Márquez.
Brand e Falsey sono entrambi appassionati di letteratura russa, come si evince dagli elementi satirico-grotteschi, presenti nei vari episodi, alcuni dei quali ricordano Gogol’. Il racconto “Il naso”, del grande autore russo, ne è un ottimo esempio: un naso si rifiuta di tornare da colui che prima lo aveva sulla faccia e scappa per Pietroburgo, anche se alla fine si consegnerà al suo proprietario. Nell’episodio “Noi animali”, Maggie (Janine Turner), crede che un cane randagio sia la reincarnazione di Rick, il suo ultimo compagno defunto. Gli abitanti di Cicely accettano la situazione, tranne Joel, che ne trae motivo di ilarità. Dopo un breve “idillio”, la ragazza dovrà restituirlo alla legittima proprietaria.
L’Alaska è vissuta come l’ultima frontiera del territorio americano, dove qualsiasi spazio creativo può essere raccontato. A volte si ha la sensazione che Cicely sia il centro del mondo, come negli episodi che raccontano l’occasionale passaggio di Kafka (lì nasce l’idea per “La metamorfosi”) e Lenin (per un improbabile accordo con l’ultima Romanov), l’arrivo della compagnia di teatro-danza Mummenschanz, del Cirque du Soleil, della Ceedo Senegalese Dance Company.
Cicely è un microcosmo, dove la cultura dei nativi indiani si è integrata con il modo di vivere americano e viceversa. I protagonisti interagiscono tra di loro, tramite il Dr. Flaishman, vero filo conduttore delle storie sospese tra fantasia e realtà, come lo può essere il lancio di una mucca con una catapulta, sostituita, all’ultimo minuto da un pianoforte, per non dire dell’acqua dei dinosauri, un’antica fonte le cui acque generano incubi di ogni genere o la scoperta della “Keewa Aani” (la città della gioia), che porta a materializzare i desideri, nel caso di Joel di “avere” la grande mela in Alaska.
Non mancano le citazioni cinematografiche, da Woody Allen a Federico Fellini sino a Bergman, senza dimenticare Akira Kurosawa e Spike Lee. Un altro elemento importante è la colonna sonora, che tocca tutti i generi: dalla classica al jazz, dal country al rock. Tra gli esecutori: Miriam Makeba, Etta James, Bud and Travis, Aretha Franklin, Chic Street Man e Willie Nelson. Le canzoni sono state commercializzate in due apprezzate compilation.
Cicely & Roslyn – A Cicely una vecchia tradizione vuole che, quando viene il freddo, i maschi corrano nudi per il paese applauditi dalle femmine. Nel giorno del ringraziamento gli indiani tirano pomodori maturi ai bianchi, che accettano di buon grado (tranne Joel), per ricordare il sangue versato. Un’altra buona norma è di augurarsi: “Buon inverno”.
Cicely nella realtà non esiste, la sua collocazione geografica la si può individuare con Talkeetna, città dell’Alaska meridionale, base di partenza per le ascensioni al Monte McKinley.
Le riprese del serial furono fatte nella cittadina di Roslyn, nello stato di Washington (vicino a Seattle), citata continuamente grazie a un simpatico murales, che ne è diventato il simbolo. La piccola località americana è ancora oggi meta dei fan, che possono muoversi nella main street, come se fossero sul set del serial, perché tutto è rimasto come all’epoca delle riprese, compresi bar, ristoranti, la sede della radio. Lo studio del Dr. Fleischman è adibito alla vendita di gift e souvenir.
Tutti vorremmo vivere a Cicely, cenare nel locale di Holling (John Cullum), chiedere un lavoro a Maurice (Barry Corbin), scherzare con gli gnomi del bosco in compagnia di Ed (Darren E. Burrows), ascoltare i racconti dello sciamano, farci curare da un medico come Joel, simpatizzare con Maggie, ascoltare “Chris del mattino” (John Corbett) o soltanto per imbarazzarci con gli sguardi e i silenzi di Marylin (Elaine Milles). Su Facebook esistono sia le comunità di fan italiani sia di quelli americani, inoltre, la serie è disponibile sulla piattaforma digitale americana “Netflix” (dvd e streaming), che ha sede in California a Los Gatos.