L’inno di Mameli torna ad echeggiare agli Champs Elysees. A 16 anni esatti dal trionfo dell’indimenticato e indimenticabile Marco Pantani, l’Italia del ciclismo si è ripresa il Tour de France grazie allo “squalo dello stretto”, Vincenzo Nibali. 77 km, l’ultima tappa, ricchi di brindisi, foto e complimenti per il corridore italiano che ha saputo scrivere una delle pagine più belle nella storia dello sport tricolore aggiungendo, al pari di Gimondi e Merckz, la “Grande Boucle” a Giro d’Italia (2013) e Vuelta (2010).
Visibilmente commosso sul gradino più alto del podio, con indosso l’ultima e definitiva maglia gialla dell’edizione 2014 del Tour de France, Nibali ha dapprima cercato, trovato e baciato la moglie Rachele e la figlia Emma, e poi rivolto un pensiero proprio a Marco Pantani, ultimo italiano ad aver trionfato nella corsa a tappe più affascinante ed importante del mondo: “Quando Pantani vinceva io ero solo un ragazzino che restava ore ed ore davanti al televisore per seguirne le gesta – ha ammesso Vincenzo Nibali – sua mamma poi, quando ho iniziato a vincere, mi regalò la maglia gialla che fu di Pantani per darmi la forza. Quando tornerò dalla Francia andrò da lei per regalarle la mia”.
Ragazzo semplice e di sani valori, Nibali nel giorno della definitiva consacrazione, subito dopo la crono che di fatto gli ha spalancato le porte della vittoria finale, ha voluto festeggiare con la sua squadra in un pub di fronte all’albergo dove alloggiava con i compagni. Senza prenotare, in mezzo alla gente e con la maglia gialla sulle spalle, perché Vincenzo Nibali è e sarà sempre un ragazzo della porta accanto prima ancora che un campione: “Questo Tour è stato un lungo cammino nel corso del quale sono stati in tanti ad aiutarmi – ha dichiarato un emozionato Nibali – e pertanto come prima cosa devo e voglio ringraziare tutti quelli che hanno lavorato duro per permettermi di coronare questo sogno. Vorrei condividere con voi tutte le emozioni che al momento popolano il mio cuore, ma la verità è che non ci riesco.
A volte però devo prendere fiato ed è in quelle circostanze che mi rendo conto di quanto sono riuscito a fare. Forse me ne renderò conto piano piano”. E mentre partiva l’inno di Mameli, gli occhi dello “squalo dello stretto di Messina” si sono inumiditi facendo trasparire un’emozione dal forte sapore di sacrificio e sofferenza: “Stavolta sono riuscito a non piangere – ha ironizzato il vincitore del Tour de France – dopo quanto fatto sul podio del campionato italiano, mi sono imposto di conservare una certa aplomb in queste circostanze. Ci sono riuscito anche se dentro era tutto un miscuglio di fortissime sensazioni”.
Adesso, dopo i giusti festeggiamenti bisognerà pensare al futuro, immediato, per non vanificare un talento che già in tanti paragonano a quello di Marco Pantani: “Questa vittoria mi consentirà di fermarmi per un po’, riprogrammeremo questo finale di stagione per poi tuffarci a capofitto nella prossima. Mi piacciono tantissimo le corse a tappe, così come le classiche ed il mondiale, ma adesso è troppo presto per pensare a quello che sarà”.
Ricevuta la benedizione e l’augurio di Gimondi (“adesso deve compiere la doppietta Giro-Tour nello stesso anno”), Nibali ha salutato tutti con una frase da esportare in qualsiasi ambito della vita: “I sogni si realizzano e non bisogna mai smettere di sognare”.