Calcia come Pirlo, di nome fa Tavecchio, ma col calcio non ha granché in comune. Volendo eludere la questione calcistica potremmo definirlo un appassionato, più precisamente tifoso dell’Inter, e poco più. Perché in realtà poi ci ritroveremmo solo a parlare di Football americano.
Il soggetto in questione, non è Carlo Tavecchio, neo presidente della Figc (Federazione Giuoco Calcio Italiana), ma Giorgio Tavecchio, giovane kicker milanese che di qui a qualche giorno potrebbe coronare il suo grande sogno: guadagnarsi un contratto professionistico nella NFL. Attualmente sotto contratto con i Detroit Lions (preseason), Tavecchio potrebbe essere, il primo italiano a disputare una partita nella National Football League.
Storia bizzarra quella di questo 24enne di Milano, metà italiano (papà comasco) e metà americano (mamma statunitense), che dopo essersi trasferito dall’Italia alla California si è innamorato di uno degli sport più seguiti, praticati e duri d’oltreoceano.
Infatuazione lenta, non certo un colpo di fulmine perché fu mamma Gabriella a spingerlo a saggiarsi in questo nuovo contesto sportivo: “Un amico mi chiese di entrare a far parte della squadra vedendomi calciare – dichiarò Giorgio Tavecchio ricordando gli inizi – molto probabilmente perché serviva un kicker. Gli risposi di no, ma quando lo raccontai a casa, mamma mi convinse del contrario esortandomi a tentare. Chissà, forse era stufa di vedermi ogni giorno giocare con il pallone di calcio in casa”.
Santa donna mamma Gabriella, perché grazie a quel consiglio, Giorgio si tuffò anima e corpo nel football ottenendo ottimi risultati. Fatto proprio il difficile e delicato ruolo del kicker, seppe mettersi talmente in luce da attirare le attenzioni dell’Università di Berkley a San Francisco. Un onore prima ancora che un piacere per un ragazzo italiano cresciuto nel mito di questo grande college americano che Tavecchio difese per 4 anni, tempo necessario per completare il percorso di studi in giurisprudenza, mettendo assieme numeri da capogiro che però non gli valsero la chiamata al Draft del 2012. Colpo da ko e fine dei sogni? Neanche per idea, perché il buon Giorgio si rimboccò le maniche e continuò a lavorare sodo convinto di poter valere una chiamata nei pro.
Ed in effetti il primo squillo del destino arrivò puntuale a marzo 2013 quando Tavecchio ricevette la chiamata dei San Francisco 49ers per giocarsi un posto in prestagione. Inutile sottolineare che in una squadra in cui spiccava la presenza di un kicker del calibro di David Ackers le chance di farcela sarebbero state poche.
E infatti, tagliato a poco più di un mese dalla deadline, Tavecchio non si arrese, proseguendo la propria sfida intensificando allenamenti e impegno presso la Berkley University: “Devo solo dire grazie alla mia università che mi ha consentito di usufruire del nuovo centro sportivo di UC Berkeley, ad appena 20 minuti da casa. Non ho mai mollato ed il mio agente mi ha constantemente incoraggiato perché era convinto che dopo le buone prestazioni fatte con i 49ers, prima o poi qualcuno mi avrebbe chiamato”.
Mai frase fu più profetica, perché proprio sulla scia di quanto di buono fatto intravedere con la maglia della famosa franchigia California, Tavecchio si è guadagnato una seconda chance: la chiamata dei Detroit Lions. Il resto è storia recente di un’ulteriore crescita culminata nel FreeKick vincente messo a segno alla fine della sfida tra Detroit e Cleveland.
Con i suoi sotto, nonostante il touchdown di Fuller, Tavecchio è entrato, ha calciato ed ha portato i suoi al successo scatenando la gioia di tifosi, compagni e staff tecnico per il primo successo prestagionale dei Lions. Senza andare troppo su di giri, perché in fondo, quel californiano di 24 anni nato a Milano che calcia come Pirlo ma sogna la NFL, sa bene che è ancora presto per alzare le braccia al cielo.