La breve vacanza estiva che mi ha distratto dalla mia ordinaria occupazione tenendomi lontano dal mio laboratorio e dai miei strumenti di lavoro, pur riducendo le sollecitazioni a corrispondere alle attese dei miei lettori, non mi ha allontanato dai miei interessi né mi ha impedito di mantenere viva l’attenzione sulle questioni di lingua, specialmente se legate ai fatti dell’attualità, sempre in linea con quella tacita finalità di ordine pedagogico e morale. 
 
Me ne dà l’occasione la lettura di un articolo trovato tra i giornali, in mezzo alla posta giacente nella casa di vacanze. Se lo cito, non credo di far torto al suo autore. Anzi, in qualche modo, come italiano della diaspora gli rendo maggiore visibilità, presentandolo anche a lettori americani.
 
Su Le Jeudi, settimanale in lingua francese che esce in Lussemburgo, nel numero 20 del 15 maggio 2014, alla pagina 3 (dedicata agli editoriali) tra gli altri interventi sulle  attualità della settimana, leggo, di Jean Portante, una mezza colonna su “le parole viaggiatrici: nazione e natura”.
 
Entrambe le parole, dice l’autore, ricostruendone l’etimologia e la storia del  significato, danno l’idea dell’origine (e di conseguenza indicano un’appartenenza). Implicano comunque una nascita, o reale oppure concettuale. Infatti esse sono formazioni derivate dal verbo latino nascor (nascere). Rispettivamente: nazione dall’infinito (nasci), natura dal participio (natus). Perciò tutti e due i termini riguardano “la nascita”.
 
Poi le due parole hanno seguito la loro storia semantica e si sono allontanate.
Quali che siano i possibili richiami o le chiare allusioni a fatti, comportamenti, giudizi e pregiudizi, dell’attuale situazione politica suscitati dalla riflessione del Portante, apprezzato editorialista di Le Jeudi, oltre che ottimo scrittore in lingua francese e sensibile poeta, a noi secondo il solito interessa l’aspetto divulgativo dei fenomeni linguistici in coerenza con l’originario proposito della trasparenza linguistica. Perciò decido di andare direttamente alla conclusione; che è la seguente.
 
Oggi con le migrazioni e con le adozioni, “passaggi” verso nuove appartenenze,  trasferimenti evidentemente non solo possibili ma fortemente richiesti e, con qualche resistenza, accettati, comunque dilaganti come si vede, i due concetti tendono ad avvicinarsi di nuovo come dimostrano i significati delle due parole derivate: nazionalizzare e naturalizzare.
 
Così chi volesse approfondire le proprie riflessioni, conformi o difformi dalla visione di Jean Portante, potrà ora con qualche fondamento addentrarsi nella casistica dei comportamenti umani e con intelligenza cercare di comprenderli. Al di qua o al di là dell’Atlantico, dal Nord al Sud. 
 
E se, poi, dopo questo esercizio a qualcuno restasse il desiderio di conoscere l’autore, potrei suggerirgli qualche recensione alla sua opera poetica.                                                                                        
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