Typical Neapolitan curnicelli, or cornetti. Photo:© Fedecandoniphoto | Dreamstime.com

You are certainly familiar with it, the curnicello, or cornetto, that red chili pepper Neapolitans use to attract good luck and be protected by evil forces, or malocchio, as they call it. Found often on market stalls,  it has become a symbol of fortune a bit everywhere in Italy, even if, of course, its Neapolitan roots remain strong. 

To be  fair to the  little curnicello, keeping one around to feign evil is a very ancient tradition, and  one that deserves respect. References to it in the area around Naples can be found as far back as Roman times, with many associating the phallic symbols so popular on the walls of Pompeii and Herculaneum —themselves considered propitiatory — as the ancestors of today cornets.

But it wasn’t only the Romans who thought  horn-like objects were protective and symbols of prosperity: we know that the Jewish people of  the Middle East, the Sumerians, the Indus, the Chinese and  even Siberian shamans all found a connection between good luck and such shapes. The Greeks used to associated the  cornucopia, a large horn filled with the produce of the earth, with  abundance and fertility. It was Zeus who had broken a goat horn and filled it with fruit and flowers as a gift to his custodian. 

But if we really want to be precise and historically correct, we should go back even further to prehistorical times, when people would hang animal horns at the entrance of their cave to symbolize fertility and to protect the household. And what about the courageous warriors of past eras, who would adorn their helmets with large horns to mirror their prowess, their leaderships and their invincibility? Little by little, horns started to be associated not only with fertility and strength,  but also with financial fortune and with the  power of protecting a family from negativity. 

An important talisman for many a culture, but certainly an icon of Neapolitan tradition, where it also became an object typical of local craftsmanship and art. While our curnicello  enjoyed popularity in the area since the dawn of civilization, it was in the Middle Ages, when goldsmiths and jewelers specialized in its production and sale, that it turned into a household object: it became so popular to turn into a  bona fide icon of local craftsmanship. 

Pulcinella and a cornetto: the symbols of Naples.© Antonio Nardelli | Dreamstime.com

Since then, our cornetto became ubiquitous, especially around Naples and among Neapolitans around the  world: some carry one in their pocket at all times, others exhibit one on the walls of their homes or stores. Businessmen or merchants may rub it with their hand before making a deal, as a good omen and to attract money. And because we are in Naples, we can’t forget the connection  between cornetto and lotto, a game that Matilde Serrao, author and journalist, co-founder of Naples’ daily Il Mattino,  called “Naples’ incurable illness.” When you play your numbers, having a cornetto nearby is essential. 

When talking about cornetti, more precisely, about Neapolitan cornetti, we should remember they are not all the same at all. For a start, they can’t be of each and every color of the rainbow, they must be red, the hue of luck, power, victory and blood, synonym of life. Red was also associated, in antiquity, with the god Priaphus, symbol of fertility and male strength.

Moreover, cornetti must be handmade, so that they can absorb positive energy from their maker; in the past, those made in coral were considered particularly effective and precious, because of the propitiatory characteristic of this  beautiful material, known to be  an  antidote to negativity and to protect pregnant women. In fact, the use of coral itself as a propitiatory material can be traced back to the Ancient Greeks, who considered it sacred to Venus, goddess of beauty, love, fertility and prosperity.

Even its shape need to be precise: as Neapolitans say, a good cornetto  needs to be tuosto, stuorto e cu ‘a ponta, that is, hard, crooked and pointy. But most important of all, the cornetto must be a present. Yes, buying one for yourself doesn’t work, someone has to  get it and offer it for you, otherwise it’d be useless. 

And where should we head if we want to buy a real cornetto Napoletano? Well, local craftsmen in Naples are your safest bet, especially those located in the San Gregorio Armeno area, internationally known for its presepi. Here, talented artisans make beautiful cornetti, often adorned with crowns and other luck-inducing symbols, including the so called scartellato, Naples’ own hunched man, who brings luck because said to have been touched by God. 

In many a ways, cornetto  is more than a symbol of Naples, it’s a symbol of its history and of its people’s ability to merge together the holy and the sacred, culture and lore, past and present, always perfectly, always seamlessly. But there are other regions of Italy where cornetto is popular: Lazio, Abruzzo, Calabria, Basilicata, Marche and, in the North, also in Lombardia and Friuli Venezia Giulia. 

Sicuramente lo conoscete, il curnicello o cornetto, quel peperoncino che i napoletani usano per attirare la fortuna ed essere protetti dalle forze del male, o malocchio, come lo chiamano. Stando spesso sulle bancarelle del mercato, è diventato un simbolo di fortuna un po’ ovunque in Italia, anche se, naturalmente, le radici napoletane rimangono forti.
Per essere corretti nei confronti del piccolo curnicello, tenerne uno contro il male è una tradizione molto antica, che merita rispetto. Riferimenti ad esso nella zona intorno a Napoli si trovano già in epoca romana, con molti che associano i simboli fallici così popolari sulle mura di Pompei ed Ercolano – essi stessi considerati propiziatori – agli antenati dei cornetti di oggi.
Ma non furono solo i Romani a pensare che oggetti simili a corni fossero protettivi e fossero simboli di prosperità: sappiamo che il popolo ebraico nel Medio Oriente, i Sumeri, gli Indu, i Cinesi e persino gli Sciamani siberiani hanno trovato un collegamento tra la buona sorte e tali forme. I Greci associavano l’abbondanza e la fertilità alla cornucopia, un grande corno riempito con i prodotti della terra. Era Zeus che aveva rotto un corno di capra e lo aveva riempito di frutta e fiori come dono al suo custode.
Ma se vogliamo essere precisi e storicamente corretti, dovremmo tornare ancora più indietro ai tempi preistorici, quando la gente appendeva corna di animali all’ingresso della propria grotta per simboleggiare la fertilità e per proteggere la famiglia. E che dire dei coraggiosi guerrieri delle epoche passate, che adornavano i loro elmi con grandi corna per manifestare la loro bravura, la loro leadership e la loro invincibilità? Poco a poco, le corna hanno cominciato ad essere associate non solo alla fertilità e alla forza, ma anche alla fortuna economica e al potere di proteggere una famiglia dalle negatività.
Talismano importante per molte culture, è certamente icona della tradizione napoletana, dove è diventato un oggetto tipico dell’artigianato e dell’arte locale. Se il nostro curnicello ha goduto di popolarità nella zona fin dagli albori della civiltà, è nel Medioevo, quando orafi e gioiellieri si specializzarono nella sua produzione e vendita, che si trasformò in un oggetto di uso domestico: divenne così popolare da diventare una vera e propria icona dell’artigianato locale.
Da allora il nostro cornetto è diventato onnipresente, soprattutto a Napoli e tra i napoletani di tutto il mondo: alcuni ne portano sempre uno in tasca, altri ne espongono uno sui muri delle loro case o dei loro negozi. Gli uomini d’affari o i commercianti lo strofinano con la mano prima di concludere un affare, come buon auspicio e per attirare il denaro. E siccome siamo a Napoli, non possiamo dimenticare il legame tra il cornetto e il lotto, un gioco che Matilde Serrao, autrice e giornalista, co-fondatrice del quotidiano napoletano Il Mattino, ha definito “la malattia incurabile di Napoli”. Quando si gioca con i numeri, è fondamentale avere un cornetto vicino.
Quando si parla di cornetti, più precisamente, di cornetti napoletani, bisogna ricordare che non sono tutti uguali. Per cominciare, non possono essere di tutti i colori dell’arcobaleno, devono essere rossi, il colore della fortuna, del potere, della vittoria e del sangue, sinonimo di vita. Il rosso era anche associato, nell’antichità, al dio Priapo, simbolo di fertilità e forza maschile.
Poi, i cornetti devono essere fatti a mano, in modo che possano assorbire energia positiva dal loro creatore; in passato, quelli realizzati in corallo erano considerati particolarmente efficaci e preziosi, per la caratteristica propiziatoria di questo bellissimo materiale, noto per essere un antidoto alla negatività e per proteggere le donne in gravidanza. Infatti, l’uso del corallo stesso come materiale propiziatorio è riconducibile agli antichi Greci, che lo consideravano sacro a Venere, dea della bellezza, dell’amore, della fertilità e della prosperità.
Anche la forma deve essere precisa: come dicono i napoletani, un buon cornetto deve essere tuosto, stuorto e cu ‘a ponta, cioè duro, storto e a punta. Ma soprattutto, il cornetto deve essere un regalo. Sì, comprarne uno per sè non funziona, qualcuno deve prenderlo e offrirtelo, altrimenti non serve.

E dove bisogna andare per comprare un vero cornetto napoletano? Ebbene, gli artigiani locali di Napoli sono la scelta migliore soprattutto quelli della zona di San Gregorio Armeno, conosciuta a livello internazionale per i suoi presepi. Qui, artigiani di talento realizzano bellissimi cornetti, spesso addobbati con corone e altri simboli portafortuna, tra cui il cosiddetto scartellato, il gobbo napoletano, che porta fortuna perché si dice sia stato toccato da Dio.
Per molti versi, il cornetto è più di un simbolo di Napoli, è un simbolo della sua storia e della capacità del suo popolo di fondere insieme sacro e profano, cultura e tradizione, passato e presente, sempre perfettamente, sempre senza soluzione di continuità. Ma ci sono altre regioni d’Italia dove il cornetto è popolare: Lazio, Abruzzo, Calabria, Basilicata, Marche e, al Nord, anche in Lombardia e Friuli Venezia Giulia.


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