Zeitgeist, in tedesco, significa “spirito del tempo”. L’espressione di ambito filosofico viene spesso erroneamente attribuita al filosofo tedesco George W. Friedrich Hegel, che in realtà non la usa mai, pur sostenendo che l’arte, per sua stessa natura, riflette la cultura del periodo in cui viene prodotta. Altre volte, il concetto viene ascritto a Johann Gottfried von Herder, che incoraggia le popolazioni di area tedesca a forgiare un’identità culturale di livello nazionale, o a Johann Wolfgang von Goethe, il cui Grand Tour in Italia, dal 1786 al ’88, immortalato grazie al suo saggio, Viaggio in Italia (1816-17), ha ispirato le generazioni tedesche successivea seguire i suoi passi. La prima sala della mostra, ospitata al Getty Center fino al 17 maggio, ci offre un saggio dei due artisti tedeschi più rappresentativi del Romanticismo tedesco: Caspar David Friedrich (1774-1840) e Philipp Otto Runge (1777-1810). Del primo, possiamo ammirare: A Walk at Dusk (1830-35), un’opera che medita sulla morte, mostrando un uomo solitario al chiaro di luna, che si aggira nei pressi di una tomba megalitica in un paesaggio invernale.

Da notare è la luna crescente che simboleggia la resurrezione e l’avvicinamento a Cristo. Runge, il secondo esponente romantico, è amico di Friedrich, ma anche di Goethe, con il quale intrattiene un fitto carteggiocondividendo l’interesse verso il colore. Di Runge, sono esposte le quattro stampe: Times of Day, che collegano simbolicamente le fasi di sboccio, sviluppo e appassimento dei fiori alle corrispondenti fasi della vita umana. Il ciclo di dipinti che il pittore intendeva derivare dalle stampe, si sarebbe dovuto fruire con l’accompagnamento di musica e poesia, in accordo con il suo sogno romantico di opera d’arte totale. Purtroppo, il progetto non è stato mai completato dall’artista, morto a soli trentatre anni. Preziosa è la selezione di disegni e dipinti di artisti tedeschi, ispirati dai loro soggiorni italiani, presso Roma e le campagne circostanti. Ludovico I di Baviera sponsorizza il viaggio in Italia del pittore Carl Rottmann (1797-1850) per realizzare un ciclo di ventotto affreschi con paesaggi italiani, ad abbellimento di un portico dell’Hofgarten, a Monaco di Baviera. In mostra, vi è il suo schizzo preparatorio: The Ruins of The Imperial Palaces in Rome (circa 1831), la cui incompiutezza – che permette di ammirare il disegno a grafite preliminare all’acquerello – caratterizza svariati acquerelli dell’artista. Il primato, a mio parere, spetta al raffinato disegno di Ernst Fries (1801-1833): View from Ariccia near Albano (1824), i cui alberi in primo piano sono appena abbozzati, mentre il lussureggiante bosco nel mezzo, lascia intravedere il Tirreno sullo sfondo.

Altri esempi di disegni, con vedute sulle campagne vicine alla capitale italiana, sono: View from Civitella, near Olevano (1866) di Victor Paul Mohn (1842-1911), il cui meticoloso disegno ritrae l’area vinicola (a est di Roma), che è stata meta prediletta dei tedeschi dell’epoca. L’artista è accompagnato nel suo viaggio in Italia da un suo compagno d’Accademia a Dresda, il raffinato paesaggista, Franz Albert Venus (1842-1871), il cui acquerello in mostra: Campagna Landscape on the Via Flaminia (1869), dai toni aulici, raffigura una diversa campagna romana lungo la via consolare, con sullo sfondo delle tombe “a torre”. Ritroviamo una veduta simile a quella di Mohn, in: A View of Civitella from the Serpentara next to Olevano (1821) di Heinrich Reinhold (1788-1825), che trascorse un periodo a Napoli, in Sicilia, e nella capitale, dove morì di malattia a soli trentasei anni, dopo aver tentato invano di impedire all’amico pittore, J. Christoph Erhard, di suicidarsi.

Nessuno ha però amato la località di Olevano Romano, quanto l’austriaco-tedesco Joseph Anton Koch (1768-1839), che per trent’anni trascorre le estati nel paese e, nel 1806, sposa l’italiana Cassandra Ranaldi, figlia di un vignaiolo locale. In mostra vi è il suo: Landscape with Apollo among the Shepherds (circa 1836), di soggetto mitologico ambientato nelle campagne romane. Altra corrente di pittori tedeschi, operanti a Roma, ben rappresentati nella mostra sono i Nazareni – così denominati da Koch per le loro vesti lunghe e i capelli anch’essi lunghi – che teorizzavano un ritorno ad una pittura arcaicizzante dai temi religiosi, sullo stile dei pittori quattrocenteschi italiani, fino a Raffaello. Il loro capogruppo, J. Friedrich Overbeck (1789-1869), di cui è ammirabile un ritratto, Head of a Man (1820-25), raccoglie una cerchia di artisti, che conducono una vita semi-monastica, presso il monastero di Sant’Isidoro. Infine, passando dal sacro al profano, troviamo due disegni con soggetti femminili, ad opera dell’austriaco, Gustav Klimt (1862-1918): Two Studies of a Seated Nude with Long Hair (1901-2) e Portrait of a Young Woman Reclining (1897-8), che ritrae una giovane donna dallo sguardo tra il languido e il provocante.


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