Vigneti che producono uve di Sagrantino a Montefalco, in Umbria (ph © Roberto Ruggieri | Dreamstime.com)

C’è un luogo in Umbria che permette di abbracciare la bellezza della regione in un unico sguardo, una città che dall’alto del suo colle osserva le piane del Topino e del Clitunno e offre, dai suoi numerosi affacci, un panorama che dalle campagne tra Perugia e Spoleto, giunge fino ai boschi dei Monti Martani.
È Montefalco, la Ringhiera dell’Umbria, uno dei borghi più belli d’Italia, situato a circa 500 metri di altezza. Qui i vigneti non fanno solo parte di una splendida cornice, ma producono uve che donano vini straordinari, in particolare uno leggendario: il Sagrantino di Montefalco Docg, un rosso possente ma allo stesso tempo vellutato, con grande potenziale di invecchiamento.

Molte leggende ruotano attorno a questa città, che, anticamente denominata Coccorone (Cors Coronae, cima del colle), divenne Montefalco alla metà del XIII secolo. iI repentino cambio di nome fa riferimento alla figura dell’Imperatore Federico II di Svevia, grande appassionato di falconeria. Secondo la più suggestiva di queste tradizioni, mentre l’esercito imperiale si trovava accampato a poca distanza dalla città, i falchi dell’Imperatore avrebbero scelto la sommità del colle come dimora preferendola all’accampamento. Quando gli abitanti di Coccorone restituirono gli amati volatili all’Imperatore, chiesero e ottennero che la città venisse risparmiata dalle truppe imperiali e il nome di Montefalco ricorderebbe questo avvenimento.

L’altra tradizione, che negli ultimi anni sta avendo sempre più riscontro per gli storici, lega la cittadina alla lingua araba. Perché Sagrantino dovrebbe derivare da “Saqr”, che in arabo vuol dire proprio falco. Si dice che tra le fila dei fedeli soldati di Federico II ci fossero anche gli arabi del Medio Oriente, esperti falconieri come lui. Nel febbraio 1240 alcuni dei falchi “sagri” preferiti dall’Imperatore Federico II contrassero una pericolosa malattia. Non essendoci medicine efficaci, i falchi sembravano destinati alla morte, quando l’Imperatore chiese al fidato Teodoro di Antiochia una soluzione: solo un infuso fatto con zucchero, alcool e petali di violetta, il cosiddetto Violaceum, poteva aiutarli, ma non c’era tempo sufficiente per prepararlo. Dopo aver riflettuto, si decise di mettere dei petali di violetta nel vino locale, particolarmente dolce, e farlo bere ai rapaci. La scelta risultò azzeccata e i falchi sagri guarirono. È da qui che il vino più tipico di Montefalco prende il nom e di Sagrantino, cioè del falco sagro. Il luogo diventò “il monte del falco” e i rapaci ancora oggi volano liberi sopra i vigneti di Sagrantino.

Bellezze artistiche e storiche sono ancora visibili a Montefalco. Nel 1451 il noto pittore fiorentino Benozzo Gozzoli, chiamato dai francescani ad affrescare l’abside della loro chiesa, alludeva forse al Sagrantino dipingendo la bottiglia di vino rosso sulla mensa del cavaliere da Celano, negli affreschi dedicati alla vita di San Francesco. La chiesa, ora museo, contiene pure un dipinto del 1503 di Pietro Vannucci detto il Perugino, di cui quest’anno si celebra il cinquecentenario della morte.
La piazza principale accoglie il Palazzo Comunale con il loggiato quattrocentesco e la torre comunale. Le mura cittadine e le quattro porte d’ingresso perfettamente conservate racchiudono palazzi signorili e chiese.
Montefalco è la città dei tessuti, dell’olio, del vino e degli Strangozzi, una pasta fresca lunga a sezione rettangolare. Parliamo del prodotto montefalchese più noto, il vino Sagrantino, che grazie alla passione e al lavoro quotidiano dei produttori, è diventato un’eccellenza assoluta, capace di rappresentare l’Umbria e l’Italia nel mondo. Uno dei principali mercati per questo vino sono gli Stati Uniti affiancati da Germania e Regno Unito.
In epoche passate questo vino era usato solo per le feste religiose, per le ricorrenze familiari e dai sacerdoti per officiare la comunione ed era prodotto solo nella versione passita.

Dopo la vendemmia, i grappoli di uva venivano lasciati appassire per alcuni mesi, ottenendo una variante appunto “passita” del vino. La ragione è semplice: il Sagrantino è caratterizzato da bacche piccole e non dà raccolti abbondanti. Per questo i tannini sono molto alti. Il periodo di invecchiamento è piuttosto lungo, di almeno 33 mesi, di cui 12 in barriques di rovere; seguono poi altri 4 mesi di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione.
La gradazione alcolica minima è di 13°. Il colore è un rosso rubino scurissimo, violaceo, che con l’invecchiamento tende al granato. L’aroma è intensamente fruttato con sentori di frutta a bacca rossa e note floreali di violetta. La maturazione in legno, poi, arricchisce l’aroma di sentori di vaniglia, tabacco, cuoio, cioccolato, caffè e spezie, come cannella e anice stellato, oltre ad una nota balsamica di mentolo ed eucalipto. Al palato risulta corposo e tannico, ma non pungente, grazie al lungo invecchiamento. Nelle scorse settimane si è svolta l’Anteprima Sagrantino annata 2019 che ha richiamato un gran numero di esperti del settore. Un’annata a cinque stelle, valutata con 95 centesimi, che entra nello storico delle migliori annate di Montefalco.

Però non si produce solo Sagrantino in questo ricco territorio viticolo: qui sono coltivati anche vitigni come Trebbiano Spoletino e Grechetto, tra i bianchi, e Sangiovese, tra quelli a bacca nera.
Giampaolo Tabarrini, presidente del Consorzio Tutela Vini Montefalco, si è detto molto soddisfatto per la promozione del territorio che rivolge una estrema attenzione all’ambiente. Le cantine di Montefalco hanno incontrato il mondo grazie agli operatori internazionali, facendo conoscere ancora di più la singolarità dei vini che nascono da un territorio che è unico ed irripetibile.

Tra le numerose cantine aderenti al Consorzio spicca una delle più prestigiose, quella fondata nel 1971 da Arnaldo Caprai, un imprenditore tessile di successo con il sogno di cambiare vita e produrre vino, intuendo le grandi potenzialità di un vitigno allora sconosciuto al grande pubblico, il Sagrantino. Sarà il figlio Marco, a partire dal 1988, a coinvolgere grandi personalità e professionisti del settore per valorizzare al meglio questo vitigno autoctono e rendere la cantina il fiore all’occhiello e protagonista indiscussa della propria terra.
Eccellenti gli assaggi di Montefalco Rosso, Collepiano Montefalco Sagrantino Docg e Grecante Colli Martani Grechetto Doc. La storica cantina Scacciadiavoli vanta più di cento anni e racconta di generazioni di vignaioli che hanno saputo trasmettere l’amore per la terra e per il territorio, giungendo alla quarta generazione.
Il nome Scacciadiavoli risale ad un episodio d’esorcismo del XIV secolo: ad una giovane posseduta dal Diavolo l’esorcista fece bere del vino locale, riuscendo in quel modo a scacciare il Demonio.
I migliori assaggi di questa cantina riguardano Montefalco Sagrantino Docg 2019 e Spoleto Doc Trebbiano Spoletino 2020.

Tra le aziende più longeve della denominazione, la Antonelli San Marco è di proprietà dell’omonima famiglia fin dal 1881. Composta da 190 ettari dal 2009 ha effettuato la conversione integrale all’agricoltura biologica certificata per tutte le produzioni. Coltiva Grechetto e Trebbiano Spoletino per i bianchi, Sangiovese, Montepulciano e Sagrantino per i rossi.
Piccola e giovane cantina La Veneranda vanta una tradizione antica risalente al 1568. Porta questo nome in omaggio a Maria Aloisa Moncelli, donna di grande cultura e saggezza, così soprannominata, che ha gestito la tenuta nella seconda metà dell’800. Grande aromaticità caratterizza i vini tra cui gli ottimi Aureo, Montefalco Grechetto e Montefalco Rosso.
Terre de la Custodia, azienda moderna della famiglia Farchioni custodisce la tradizione antica di fare vino e anche olio. I risultati sono eccellenti: Plentis Montefalco Bianco, Rubium Montefalco Rosso Riserva, Merlot Riserva Colli Martani, Exubera Montefalco Sagrantino Docg.
Lungarotti, La Fonte, Di Filippo (che fa visitare i vigneti in carrozza), Lunelli-Castelbuono, Montioni, Colle Ciocco sono altre realtà vitivinicole che meritano tutte di essere conosciute sia localmente che attraverso i loro pregiati vini.


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