Sono da poco terminate le commemorazioni annuali del tragico evento della distruzione di  Montecassino  avvenuta nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.   

E’ vero che ogni anno migliaia di visitatori e di pellegrini scalano le balze del monastero per assaporare e gustare quel qualcosa che la cultura e l’arte occidentali mantengono e conservano ancora vivo e attuale: quell’atmosfera che si respira tutt’intorno, la medesima da quasi quindici secoli: operosità, disciplina, pace e poi bellezza e armonia delle strutture, preghiera e raccoglimento e ordine.

Stiamo parlando di Montecassino e della sua distruzione il 15 febbraio 1944 alle ore 9,45, l’ora terza canonica, quando gli aerei alleati iniziano il bombardamento, in  tre ondate: apocalisse, pari a quanto compiuto a Dresda, a Lipsia, a Colonia, anche esse impagabili luoghi di cultura e di arte…alle 15,00 circa tutto è finito, furono, dicono i resoconti, oltre settecentocinquanta cosiddette ‘fortezze volanti’: la città di Cassino ridotta in polvere e l’Abbazia completamente annientata, secoli di storia sedimentata e accumulata, semplicemente cancellati, strappati dal libro della vita, in poche ore.

Va ricordato, per quanto riguarda l’annientamento dell’Abbazia, che essa fu voluta e imposta e propugnata dal generale che comandava le truppe neozelandesi e da quello delle truppe inglesi: tale opera distruttiva come ben si sa, si dimostrò inutile, immotivata, ingiustificata,  solo disastrosa e irreversibile per gli effetti e le conseguenze. Le spese gigantesche della ricostruzione dell’Abbazia furono sostenute solamente dal popolo italiano; giusto e anche doveroso sarebbe se però queste due Nazioni, Regno Unito e Nuova Zelanda in particolare, che erroneamente ne vollero caparbiamente e ottennero, l’annientamento, intervenissero finanziariamente quanto meno per la  decorazione delle volte e delle cappelle della basilica, oggi in massima parte ancora vuote e in bianco.

In effetti  prima della distruzione la basilica era in ogni suo angolo un florilegio della pittura napoletana del 1600 e del 1700 con opere di Luca Giordano, Francesco de Mura, Paolo de Matteis, Francesco Solimena, Sebastiano Conca, Andrea Vaccaro, il Cavalier d’Arpino  e tanti altri, di parte delle quali resta documentato il significato e la importanza grazie ai bozzetti conservati ed esposti nel Museo abaziale.


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