Mondovì, comune piemontese di 22.730 abitanti che diventano 35.000 nell’area urbana della provincia di Cuneo.
È la quinta città della provincia per numero di abitanti dopo Cuneo, Alba, Bra e Fossano e la ventisettesima della Regione Piemonte. Fa parte delle cosiddette “sette sorelle”, le sette città più importanti della provincia, insieme a Cuneo, Alba, Bra, Fossano, Savigliano e Saluzzo. Il nome deriva dal fatto che il suo nucleo iniziale, oggi Rione “Mondovì Piazza”, venne costruito su un colle vicino al preesistente comune di Vicoforte: dall’abbreviazione di “Mont ed vico” (“monte di vico”) derivò l’attuale nome di Mondovì.
Gli abitanti di Vico, infatti, ribellatisi al Vescovo d’Asti feudatario del territorio, la fondarono con Monastero e Carassone. La città fu fondata nel 1198 dopo la distruzione della città di Bredolo, probabilmente Breolungi, sede di antica contea carolingia. I transfughi si unirono in una nuova comunità, libera dal potere feudale. L’indipendenza della cittadina fu breve poiché il vescovo di Asti unitosi al marchese di Ceva, riuscì nel 1200 ad espugnarla ed in seguito, nel 1231, a distruggerla. Nel 1260 fu occupata da Carlo I d’Angiò che aveva ormai esteso i suoi domini in gran parte del Piemonte.
Fu allora che apparve per la prima volta nella storia, il nome di Piemonte, ad indicare i domini angioni situati ai piedi dei monti per chi giungeva dalla Provenza o dalla Lombardia. Le origini però, sono anteriori. Antichi insediamenti romani sono stati rinvenuti in località Breolungi che, in epoca successiva, costituì un importante avamposto bizantino di fronte all’avanzata dei Longobardi, similmente a Morotia (Morozzo) e al Mons Fortis (Monforte). Non a caso, per più di sessant’anni, il confine tra Longobardi e Bizantini, che mantenevano faticosamente il controllo dell’antica provincia della Liguria, fu costituito dai fiumi Stura e Tanaro: un confine che tale rimase per secoli a delimitare la Longobardia Occidentale (poi Piemonte) dalla Liguria.
Narni è un comune umbro di 20.331 abitanti della provincia di Terni.
Fu un insediamento preromano con il nome di Nequinum, quindi nel 300 a.C. divenne colonia romana col nome latino di Narnia. Non si conosce con certezza quando cambiò il suo nome in Narni, ma probabilmente questo avvenne a partire dal XIII secolo per poi divenire effettivo dopo la rivoluzione francese, anche se fino alla fine del XIX secolo si trovavano iscrizioni con l’antico nome. Lo scrittore Walter Hooper, autore de “Le cronache di Narnia”, ha trattato diverse volte nei suoi libri le origini del nome “Narnia”.
Eredità del passato anche la “Corsa all’Anello” che nasce verso la prima metà del 1300 in onore del patrono Giovenale. Nel giorno in cui a Narni si riunivano le autorità, religiose e comunali, i rappresentanti dei Castelli sottoposti alla giurisdizione della città per celebrare il patrono, il Comune organizzava manifestazioni e gare esaltando l’abilità dei narnesi che dimostravano la preparazione nella difesa della città contro chiunque attentasse alla sua libertà. Tre giorni prima, il “Dominus Vicarius” faceva leggere il “Bando” con il quale si invitavano i giovani dei vari Terzieri cittadini a gareggiare e il popolo a festeggiare.
Dopo aver reso omaggio nella Cattedrale alle spoglie del Santo, il popolo si radunava nella Piazza dei Priori, da dove partivano a turno ed in ordine d’importanza i Cavalieri dei Terzieri lanciandosi al galoppo verso l’anello cercando di infilarlo con la lancia. L’anello era posto all’inizio della Via Maggiore (oggi Via Garibaldi) ed era tenuto ad una certa altezza dal suolo da due tenui cordicelle tirate tra gli opposti caseggiati. Una leggenda narnese vuole poi, che sempre in epoca medievale, nel territorio tra Narni e Perugia ci fosse un Grifone, contro il quale le due città, tra loro in guerra, si erano coalizzate per abbatterlo, una volta ucciso come trofeo Perugia si tenne le ossa del Grifone (bianca) e Narni la pelle (rossa). Per questo il Grifone di Perugia è bianco e quello di Narni è rosso.
Oria, comune pugliese di 16.437 abitanti nella provincia di Brindisi.
Importante centro messapico e romano, la città è nota nel medioevo per la sua comunità ebraica e dalla fine del XVI secolo è sede dell’omonima diocesi. Le più antiche leggende della città sono narrate dalla letteratura giudaica e sono collegate ai sapienti ebrei di Oria: una narra del golem di Oria, un bambino ebreo resuscitato nel IX secolo, un’altra è relativa a due Se’Irim sconfitte da un sapiente ebreo. Tra le più note leggende folkloristiche si ricorda anche quella di “Oria fumosa”.
Si narra che durante la costruzione delle mura cittadine, o del castello secondo altre versioni, le mura crollavano continuamente. Si consultò l’oracolo: perché le mura non crollassero più, serviva il sangue di un innocente. Fu così rapita una fanciulla e sepolta o sacrificata sulle prime pietre delle mura, che così non crollarono più. Quando la madre della fanciulla ne scoprì la morte, imprecò contro Oria urlando: “Possa tu fumare Oria, come fuma il mio cuore disperato”. In alcune sere, ancora ai nostri giorni, Oria è avvolta dalla nebbia.
Gli anziani ricordano la leggenda con una struggente nenia: “A Oria fumosa ‘ccitera ‘nna carosa, tant’era picciredda, ca si la mintera ‘mposcia” (Ad Oria fumosa, uccisero una bambina così piccola che potevano metterla in una tasca). Sulla città, collocata sulle più elevate alture di un cordone collinare di antiche dune fossili, altezza massima di 166 metri sul livello del mare, domina il castello posto sulla sommità del Colle del Vaglio. Numerose modifiche subì in età federiciana (1225-1227), al punto che viene denominato “castello svevo”.
Altre importanti modifiche risalgono al periodo angioino, come le torri cilindriche “del Salto” e del “Cavaliere”. La fondazione di Oria, secondo Erodoto, avvenne quando un gruppo di cretesi naufragò lungo le coste salentine. I cretesi scelsero il colle più alto per iniziare la costruzione della città in quanto da lì potevano ben controllare tutto il territorio. Diedero a tale città il nome Hyria.