A cinquant’anni dall’assassinio di Dallas, la figura di John Fitzgerald Kennedy è ancora significativa e vitale nell’immaginario collettivo. Tanto negli Stati Uniti, quanto in Italia.
A Milano, Paolo Colombo, ordinario di Storia delle Istituzioni politiche all’Università cattolica del Sacro Cuore, ha celebrato l’anniversario della morte del 35° presidente americano, con una lezione aperta, nel suo stile: quello della storia narrata e interpretata. In un’aula stracolma, il docente milanese ha invitato il pubblico a seguirlo in un percorso che, partendo dalla tragedia di Dallas, ha attraversato gli snodi più significativi del mito americano.
“Quando arrivò la notizia della morte di Kennedy, mia madre pianse”, racconta Colombo. “E mia madre non aveva mai messo piede fuori dall’Italia. Com’è possibile che si sentisse così coinvolta da un assassinio avvenuto a migliaia di chilometri di distanza?”. Muovendo da questo interrogativo, Colombo ha condotto gli spettatori in una coinvolgente analisi del mito americano e di quello rappresentato da Kennedy. La Frontiera, innanzitutto: l’epica della formazione degli Usa (così celebrata e apprezzata, a differenza del processo dell’unità d’Italia) attraverso il costante “voler andare oltre”.
Fino al Pacifico, proponendo al mondo la Dottrina Monroe e, proprio con Jfk, mobilitando le forze giovani e vitali della nazione, per fronteggiare il blocco sovietico e conquistare addirittura la Luna. In questa sua ‘ansia di andare oltre’, Kennedy è da considerarsi un perfetto prototipo dell’americano, ma è anche “paragonabile a un bambino, che sogna di scoprire e di oltrepassare ogni limite. Con errori, qualche incertezza ma tanta curiosità e molto coraggio”.
Proprio in questo parallelo con i bambini Colombo individua la ragione delle lacrime di sua madre, di una mamma che ha visto frustrati i sogni di un bambino e il suo coraggio innocente”.
Il passaggio successivo della lezione è ruotato attorno al coraggio di Kennedy. I grandi obiettivi del presidente (compattare una nazione sfruttandone le forze più vitali; far sì che ogni cittadino si adoperasse per il bene del Paese, prima che del proprio; conquistare la Luna) erano stati scelti “non perché facili, ma perché difficili”.
Tutte queste decisioni confermavano lo straordinario coraggio di un’amministrazione e di un uomo politico che, nonostante i suoi limiti, sapeva fare della parola un’arma potentissima, costruttiva e motivante.
Con un audace parallelo, l’oratoria di Jfk viene paragonata addirittura a quella degli eroi greci, in grado di utilizzare i discorsi per convincere, incoraggiare e sedurre. Ed è il lato della seduzione il ‘lato oscuro’ della Luna rappresentata da Jfk.
La passione del presidente per le donne sarà sempre fonte di discussione, polemiche e infelicità. Soprattutto per la sua amante più famosa, Marylin Monroe, e per sua moglie Jacqueline. Se la Monroe uscirà di scena con un suicidio, Jacqueline proverà la disperazione definitiva, vivendo in prima persona, con coraggio esemplare, tutti gli istanti della maledetta giornata di Dallas: dallo sparo fatale, alla grottesca necessità di assistere al giuramento del presidente Johnson che, in tutta urgenza, raccoglierà l’eredità di Kennedy.
Frontiera, leggenda, limiti da superare, sogno e fascino della parola. Il tutto unito dal ‘filo rosso’ del coraggio. Questo il tragitto descritto, con l’ausilio di filmati e contributi musicali dalla tradizione a stelle e strisce, con assoluta efficacia da Paolo Colombo. Questa l’eredità che, ancora oggi, mantiene intatto il mito di Jfk.