Su 153 Paesi monitorati, l’Italia nel 2009 risultava nona per spesa militare, in base al monitoraggio realizzato dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) che calcola gli stanziamenti in rapporto alle percentuali dei Pil. Secondo l’istituto internazionale indipendente, fondato nel 1966 per commemorare i 150 anni di pace ininterrotta in Svezia, l’Italia aveva destinato al capitolo 37.427.000.000 dollari rispetto a un prodotto interno lordo dell’1.7%. In testa allo stesso grafico gli Stati Uniti con 663.255.000.000 dollari e un pil pari al 4.3%.
 
La successiva crisi economica ha colpito anche questo settore. Se nel 2011 il governo italiano aveva stanziato 20,5 miliardi per l’acquisto di armamenti, con un aumento di 3,4 miliardi rispetto al 2010 (spese militari cresciute dell’8,4%), quest’anno, per effetto delle manovre necessarie a ripianare il debito dello Stato, il bilancio della Difesa è passato dai 20,5 miliardi del 2011 a 19,9 miliardi di euro. La cifra totale delle spese militari tuttavia raggiunge i 23 miliardi di euro se si considera che vanno aggiunti 1,7 miliardi destinati ai sistemi d’arma e altri 1,4 miliardi di euro per le missioni all’estero. 
 
Ci sono tuttavia sproporzioni interne che fanno lievitare questi costi, già elevati. Secondo gli ultimi dati, risultano in servizio 95mila graduati (476 tra generali e ammiragli) per 83mila militari di truppa. In realtà, se paragonati al personale operativo negli Usa, si nota un evidente squilibrio: gli Stati americani hanno all’attivo 900 generali per 1,5 milioni di militari. I Paesi europei nel loro complesso invece, hanno circa 7 milioni di soldati, 45mila tra carri armati e mezzi di combattimento (gli Usa ne hanno 34mila) e 3.500 aerei da combattimento (gli Usa ne contano 2mila).
 
Lo scorso febbraio il Consiglio supremo di Difesa, riunito al Quirinale alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del Premier Mario Monti, ha concordato sulla necessità di avviare la razionalizzazione del sistema Difesa, per eliminare ridondanze e inefficienze e “correggere con ogni possibile urgenza, l’attuale sbilanciamento delle componenti strutturali di spesa, che penalizzano fortemente i settori dell’esercizio e dell’ammodernamento”. 
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