Muoversi a Milano non è un problema. Non c’è bisogno di affittare l’auto perché si può scegliere tra varie soluzioni. Si può optare per la metropolitana che raggiunge le principali zone di interesse, oppure per una capillare rete di mezzi di superficie soddisfacente come efficienza, a meno che non sia agosto inoltrato.
Allora sarete gli unici fermi ad aspettare un autobus il cui arrivo è dubbio in una situazione da far west: caldo e nessuno in giro.
Esistono poi altre soluzioni più indipendenti come il car sharing, che chiamiamo con il nome inglese non perché non ci sia una traduzione in italiano, ma perché fa più effetto nella città della moda. Si possono affittare biciclette messe a disposizione dal Comune, da prelevare in parcheggi organizzati e sparsi per la città e lasciare in una destinazione differente.
Il costo è relativamente basso ed è un’ottima alternativa ad una lunga e forse inutile attesa in agosto: la città sarà così vuota che di sicuro vi godrete il tragitto. Ci sono poi gli autisti a noleggio, quelli che vengono a prendervi in limousine e vi fanno sentire dei Vip permettendovi di salire su auto che normalmente non si usano. Chi fra noi è solito prendere la limousine la mattina per andare al lavoro?
Ci sono poi i taxi. Ben oltre 4800 unità in città, numerose stazioni dove trovarli, centralini a cui richiederli e anche un’applicazione mobile a cui fare riferimento. Indubbiamente c’è ampia possibilità di scelta.
Negli ultimi giorni tutto questo organizzato insieme di mezzi di trasporto è stato scosso dalla diffusione di una nuova “tecnologia”. Il fenomeno di sicuro non è nuovo e non è solo locale, ma a Milano i taxisti hanno incrociato le braccia. Sulle strade si sta facendo strada il servizio di Uber, che non è nulla di più che un’applicazione mobile con cui è possibile prenotare velocemente un autista.
Gli animi sembrano essersi scaldati maggiormente con la comparsa di un servizio supplementare, offerto da questa società: vengono messi a disposizione non più autisti professionisti, ma anche normali persone che, con la loro auto, vogliano svolgere questo lavoro. In pratica, se domani una persona qualunque decidesse di fare l’autista senza iscrizioni all’albo o patenti particolari richieste per questa professione, potrebbe usare la sua auto e incominciare a lavorare dopo aver superato la selezione di ingresso con la società.
Tutto ciò è invitante in un periodo di forte recessione e crisi come quello che l’Italia sta continuando a vivere.
Analizzando meglio la situazione, in realtà esiste un ulteriore società meneghina, nata un anno fa, la Letzgo, che propone un servizio a chiamata analogo ad Uber: in questo caso gli autisti non chiedono un compenso, bensì svolgono car sharing ottenendo solo un rimborso spese.
Conseguenze? I taxisti hanno incrociato le braccia e la città è stata nel caos. Nonostante quello che si possa pensare, Milano è una realtà piccola fra le metropoli mondiali, per cui una agitazione di questo tipo crea notevoli disagi. La categoria dei conducenti di taxi si lamenta della troppo rigida regolamentazione a cui devono sottostare e i forti investimenti iniziali da sostenere: acquisto della licenza con una cifra a tre zeri, messe a norma della vettura, tasse da pagare e una serie di regole “tecniche” da rispettare.
Volendola vedere dal punto di vista di Uber, ci si trova di fronte ad un’applicazione nata dalla consapevolezza della diffusione dei mobile e della tecnologia nella vita comune. Tutto cambia e tutto si evolve. L’applicazione è solo un tramite per accedere al servizio prestato da terzi. Per questo motivo non si considerano concorrenza per i taxisti.
Di sicuro non si vuole prendere le parti di nessuna delle due visioni. Il fatto oggettivo è che le proteste non si placano ed è stato chiamato a discutere del caso il governo. Le informazioni che sembrano aver fatto cessare l’agitazione arrivano direttamente dalla Prefettura di Milano, dove si sono definite le nuove linee guida per i taxisti e dove Uber è stata considerata illegale e quindi soggetta a sanzioni penali nel caso il servizio non cessi.
Che cosa succederà? Uber farà ricorso? In tutto questo i clienti come la pensano? Come si comporteranno? Quello che si può ipotizzare è che tra i due partecipanti potrebbe essercene un terzo che ne trarrà vantaggio: e se alla fine tutti decidessero di usare le bici?