Chi poteva immaginare che la vecchia bancarella di strada, posizionata ai lati del marciapiede, potesse tornare in auge, colorata ed affollata?
Colpa della crisi, della recessione imperante: addio ai negozi di vestiario che ormai faticano a sbarcare il lunario, scarsamente affollati anche quando affiggono il cartello dei saldi, ovvero degli affari sottocosto, con sconti pure vicini al cinquanta per cento rispetto ai prezzi originari. Tornano di moda le bancarelle. O ancora meglio, se volete, i mercatini.
Chiamateli “mercatini anti-crisi”: come quello (storico per Roma) di Porta Portese, sviluppatosi negli Anni Sessanta. Poco importa che ogni domenica – dalle sette del mattino fino al tramonto – tenga in scacco quattro quartieri, importanti e metropolitani (Testaccio, Trastevere, Gianicolense, Marconi) per via del traffico incipiente e della mole di visitatori che vi si avvicinano. Porta Portese, come altri mercatini rionali, vive la sua personalissima ed originale resurrezione.
Era considerato una sorta di mercato delle pulci. Oggi, complici i soldi che non ci sono più, è (ri)diventato un luogo da frequentare per chi ha necessità di risparmiare. Ecco perché i banchi con maglioni o camicie a tre/cinque euro esauriscono in fretta la loro merce. Cerchi un paio di scarpe per la pioggia? Nei mercatini è meglio pure dei discount: trenta/quaranta euro e l’affare è fatto. Con un risparmio, conti alla mano, di quasi la metà rispetto ai negozi di calzature del centro.
Nei mercatini, di questi tempi, va a zonzo pure il cosiddetto ceto medio, quello che cinque anni fa arrivava tranquillamente alla fine del mese, potendo pure mettere da parte, da stipendi o pensioni, qualche centinaio di euro. La pacchia però, pure per questa moltitudine di italiani che si sta ritrovando semi-povera o, comunque, con scarsa liquidità da esibire, è finita. Nessuna remora, allora, nessuna vergogna a frequentare i mercatini, con l’obiettivo di acquistare un po’ di tutto a prezzi modici.
Già, perché – tenendo a mente gli ultimi, drammatici dati – ad andare in crisi, oltre ad una miriade di negozi, sembra che siano anche gli ipermercati, ovvero quei luoghi immensi, pieni di luci e colori, tradizionalmente posizionati ai margini delle grandi città.
Gli italiani, ormai, fanno i conti su tutto: hanno calcolato, ad esempio, che, oltre ai costi per la benzina (quasi due euro al litro, sic!), dovrebbero sommare pure quelli dei pasti e degli eventuali optional (leggi panino o merenda per i più piccoli).
Ecco perché anche i centri commerciali, ormai, soffrono, facendo i conti con la recessione. Meglio restare in città, facendo shopping dove si compra di tutto, spendendo in modo risibile.
Porta Portese, appunto, o il mercato di via Sannio, altro luogo storico del commercio capitolino. La qualità di abiti e/o scarpe che si comprano qui? Magari non dureranno una vita ma servono per andare avanti, senza indebitarsi oltremodo, perché domani, chissà, potrebbe essere davvero un altro giorno.