La Corte Suprema di Washington ha dichiarato incostituzionale sia la legge che definisce matrimonio solo come “unione fra un uomo e una donna”, sia il bando californiano a nozze gay. La campagna per la parità dei diritti negli Usa ha fatto un passo in avanti. E nel Vecchio Continente a che punto siamo?  
 
Dopo Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca e Regno Unito, anche la Francia ha detto sì al matrimonio omosessuale, cavallo di battaglia del presidente francese, Francois Hollande, e celebrato le prime nozze fra coppie dello stesso sesso.
 
Sono seguiti giorni di acceso dibattito, che si è esteso a macchia d’olio per tutto il Vecchio Continente e nel Belpaese. 
 
Nonostante la maggioranza della popolazione francese si sia espressa favorevolmente sulla questione, non sono mancate proteste e manifestazioni, che hanno raggiunto l’apice quando a Parigi integralisti cattolici, esponenti della destra estrema, sindaci e persone comuni, hanno protestato contro la ratifica del decreto chiedendo le dimissioni del presidente francese. Secondo gli organizzatori, in un clima di altissima tensione, un milione di persone (ma non più di 150mila per le forze dell’ordine) hanno ribadito il loro convinto no.
 
E in Italia? Quanto si dovrà ancora aspettare in molti altri Paesi europei, prima di prendere posizione su un tema tanto attuale quanto scottante? 
 
Molti leader politici italiani si sono più volte espressi: Grillo (M5S), Vendola (Sel) e la maggioranza degli esponenti del Pd si sono detti favorevoli alle unioni omosessuali; anche dal Pdl sono arrivate parziali aperture a differenza dei movimenti di centro e destra, nettamenti contrari.
 
Il rinvio della questione è frutto di negligenza politica oppure è l’autorità di un’istituzione come la Chiesa e la presenza sul suolo italiano di una figura come quella del Papa che continua ad inibire la classe politica dall’affrontare la spinosa questione?
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