Mantova è uno scrigno da scoprire dentro e fuori i suoi monumenti (Ph Riccardo Braccaioli da Pixabay)
Il valore dell’arte e della cultura per uno sviluppo equilibrato delle società e per la qualità della vita dei cittadini. E’ stato questo il cuore del convegno sul futuro delle città d’arte italiane che si è svolto a Mantova,  gioiello del nostro patrimonio paesaggistico e artistico nazionale e capitale 2016 della cultura.
Nel suo intervento, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha messo l’accento proprio sulla cultura in quest’epoca di globalizzazioni in cui, ha detto, occorre avere “consapevolezza delle nostre radici, della nostra identità, delle potenzialità da usare per divenire costruttori di futuro”.
 
“Noi italiani disponiamo – ha detto Mattarella – di un patrimonio culturale straordinario, che tutto il mondo ammira. Un patrimonio che dobbiamo certamente custodire, ma anche valorizzare, incrementare, integrare con nuove progettualità. L’Italia si identifica anche con i suoi impareggiabili tesori, è la storia che li ha plasmati e che compone il dna delle nostre città e del nostro popolo, è l’osmosi tra natura e opera dell’uomo che ha formato i tessuti urbani, definito i paesaggi, dato vita a un modello sociale e a una civiltà. 
 
Questo non vuol dire che dobbiamo sentirci custodi di un museo. Al contrario, i nostri tesori sono abitati, vissuti, vivi ogni giorno. E sta proprio alla nostra responsabilità continuare a farli vivere nel tempo, in modo che ci aiutino a rafforzare i nostri legami di comunità e diventino leva di saperi diffusi, di benessere, di crescita delle opportunità, in ogni ambito della vita della società.
 
La creatività italiana è il talento che abbiamo ricevuto e che non dobbiamo mai dissipare. La qualità Italia è un insieme di beni materiali e immateriali, di natura e di esperienza, di genialità e di stile. E’ il valore aggiunto della nostra vita sociale e un valore per la nostra economia. Investire in arte, istruzione, beni culturali, ricerca, è sempre vantaggioso. Il ritorno sarà più grande dell’impegno di spesa, perché ci offre conoscenze per conservare ciò che va conservato e stimoli per innovare, per trasformare con creatività.
Mantova è nel 2016 Capitale italiana della Cultura.
 
Mantova merita questo riconoscimento. Sanno bene i mantovani e i lombardi quanta storia e quanto lavoro sono impressi nelle costruzioni della città, nelle strade e nelle architetture, nelle opere artistiche e nei luoghi della vita di ogni giorno. A smentire la raffigurazione di provincia, ai margini della industriosa Lombardia, vi è la eloquenza delle realizzazioni di quest’anno.
 
Ci troviamo in una delle terre più progredite del Paese: da qui è più facile comprendere come competitività e coesione sociale non devono essere mai disgiunte. L’innovazione è necessaria proprio per difendere i caratteri migliori del nostro modello sociale, e al tempo stesso non va dimenticato che saremo più forti se crescono le opportunità di coloro che ne hanno meno.
 
Le città, a partire proprio dalle tante città d’arte, forniscono al Paese una rete di connessione preziosa. 
E’ questo a differenziare il nostro da Paesi europei di pure vivace impronta culturale: non vi è centralismo possibile in questa materia nel nostro Paese.
Non vi è città o borgo d’Italia che non annoveri un Museo, un monumento, un’opera d’arte, che non sia inserito in un paesaggio che meriti attenzione. Ed è questa proposta diffusa a rendere possibili percorsi di sviluppo del turismo culturali sin qui non esplorati. 
 
La definizione di Città d’arte,  non si applica solo a grandi centri, bensì è diffusa sull’intero territorio nazionale: una consapevolezza che richiama, appunto, alla necessità e all’esigenza di sostenere l’organizzazione di una offerta ampia e estesa.
 
Le città sono un motore di sviluppo, tanto più in un mondo sempre più interdipendente e in un mercato aperto. Sono proprio l’evoluzione della società industriale, il peso maggiore assunto dai servizi, il valore crescente delle reti attraverso le quali si manifesta la globalità, a segnalarci che le città non sono solo agglomerati urbani, ma centri nervosi e pensanti, assi portanti della nazione e, in realtà, dell’intero continente.
 
La civiltà italiana è fondata sulle sue città, sui suoi municipi: la sua cultura e le sue qualità hanno origine nell’affermazione dei Comuni e delle loro peculiari originalità. Per questo i tanti campanili costituiscono un moltiplicatore di energia, e di possibilità. L’unità del Paese ha avuto una vicenda storica impegnativa, anche per le radicate diversità regionali e locali. L’Italia delle città, nella sua ricca varietà – ha detto il capo dello Stato – può avere una straordinaria forza di attrazione e di creatività. Sta a noi vincere questa sfida. E ricavare dalle culture e identità locali, che permangono nel loro valore così alto, una nuova spinta di comunità, un salto in avanti per l’intero Paese, da Nord a Sud. Nella dimensione globale, nella società 3.0 o 4.0 non si salverà una parte dell’Italia a dispetto di un’altra: il vero progresso, ampio e consistente, è possibile soltanto tutti insieme.
 
Cultura e arte sono volani di crescita. Di una crescita equilibrata: la sola che garantisce coesione, senso di appartenenza alla società, fiducia e rispetto per l’ambiente e per gli altri. Del resto, non è soltanto il Pil la misura della felicità delle persone e delle comunità. E, tuttavia, cultura e arte fanno bene anche ai numeri dell’economia. Lo dimostrano i legami sempre stretti tra fruizione dei beni artistici e turismo. Lo dimostrano i risultati delle applicazione di nuove tecnologie nei progetti e nei percorsi museali e culturali. Lo dimostrano le ricadute dell’industria del cinema, laddove questa è messa nelle condizioni di svilupparsi. E questo elenco potrebbe ancora continuare”.
Fondamentale dunque, saper cogliere l’opportunità che essi offrono. 
 
“I beni culturali solo molto più di un valore in sé: possono diventare perno di progetti di riqualificazione e di rilancio anche di territori in difficoltà. Il turismo culturale è in sviluppo, la domanda mondiale è più forte che nel passato: è nostro dovere attrezzarci, migliorare tecnologie e idee per offrire migliori servizi e per utilizzare poi le ricadute positive per rendere ancora più belli e attraenti i nostri tesori e le nostre città. Per questo mi auguro che l’esperienza di Mantova sia un esempio e un traino: una sperimentazione offerta all’Italia intera, l’avvio di un processo – ha detto ancora Mattarella – per dare una governance migliore al patrimonio culturale e per metterlo al servizio di una crescita di tutta la società.
 
La cultura, peraltro, offre potenzialità importanti di lavoro qualificato. Purtroppo, nonostante il cospicuo vantaggio competitivo del nostro Paese, non abbiamo ancora una quota di occupazione nel settore adeguata. È inferiore alla media europea. Questa sottovalutazione è ancora maggiore nel Mezzogiorno, dove pure ci sono giacimenti di inestimabile pregio culturale, ambientale, turistico.
 
Occorrono investimenti coordinati in cultura, innovazione e accoglienza turistica per competere con le altre offerte europee, per accrescere gli standard, e così valorizzare ancor di più storia, tradizione e natura dell’Italia. C’è tanta domanda di Italia in Europa e nel mondo. Non è un azzardo scommettere su noi stessi e sulle nostre capacità. E’ anzi scelta lungimirante e concreta”. 
 
Inevitabile, nel discorso, il tema del terremoto dell’Italia centrale dato che alle ferite profonde e ai costi umani si sono aggiunti ingenti danni a numerose opere d’arte, a cattedrali e monumenti di enorme valore storico che sono finiti in macerie. “La ricostruzione dei beni culturali e artistici è necessaria, non meno di quella delle case e delle fabbriche, delle scuole e delle piazze, perché i beni culturali e artistici sono parte di un’identità personale e collettiva, e sono moltiplicatori di forza sociale. La cultura è memoria, e non soltanto questo. Deve saper offrire le “chiavi di lettura” di un presente che talvolta ci spiazza e ci impaurisce. La migliore reazione alla paura nasce proprio dalla capacità di interpretare e di affrontare il presente, evitando risposte parziali e superficiali.
 
La cultura si genera peraltro laddove può trarre da una comunità la linfa vitale. Scrive Marc Augé che la ricostruzione dei borghi antichi è l’antidoto alla fine culturale dell’Europa. Dobbiamo impedire ha detto – che parti di territorio diventino “nonluoghi”. E l’integrità di un luogo si difende anzitutto restituendogli la vita nella sua pienezza, non solo salvaguardandone la memoria ma restituendogli la vita di ogni giorno”.

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