Lograto, comune lombardo di 3.932 abitanti della provincia di Brescia.
Il ritrovamento di numerose epigrafi, fasci littori con foglie d’alloro e di frammenti di sculture (un giovane a mezzo busto), attesta le origini romane del luogo. Il nome deriva forse da “logra” che significa possedimento. Altri studiosi ritengono invece che le radici del toponimo vadano rintracciate nell’antico nome Lucra. Altri ancora vedono l’origine nel termine latino locus che, con l’aggiunta del suffisso -àt, sta ad indicare un’area coltivata. Una tradizione locale opta infine per la derivazione da locus gratus, ovvero “luogo gradito”. Una grossa pietra in località Cascina Pieve ricorda la prima chiesa di Lograto, che era dedicata a San Pietro ed è citata in un decreto imperiale di Enrico III del 1053. La frazione di Navate ha origini medievali coincidenti con l’arrivo dei Benedettini che vi avrebbero costruito una chiesa dedicata all’Annunciazione della Vergine.
Del resto i monaci già possedevano un’abbazia che in seguito diventerà il Palazzo Ambrosione. Nel 1610 Giovanni da Lezze vi contava 500 abitanti. All’epoca avevano molti beni in zona i Calini, un antenato dei quali, Vincenzo (nato nel 1503), aveva tenuto una piccola corte con 34 persone al suo servizio e una scuderia con venti cavalli. Dal 1427 il paese fu veneziano (tranne una parentesi sforzesca nel 1453-1454). Un logratese, Battista di Monedi si distinse tra i combattenti bresciani contro i Turchi a Cipro nel 1571. Nel 1600 Lograto contribuì con propri uomini alle necessità militari della Serenissima.
Del 1700 è Palazzo Calini Morando, al cui ingresso si giunge lungo un viale fiancheggiato da sei statue di arenaria per lato. Al primo piano sale con decorazioni, con quadri sopra porte o paesaggi a muro. Recentemente è divenuto sede del Comune cha ha restaurato gli affreschi settecenteschi restituendoli al loro splendore. In stile settecentesco anche il Castello che però è stato trasformato nel 1905-08 con merli e torrette in cotto mantenendo ben poco dell’originale.
Mandèla, comune laziale di 916 abitanti della provincia di Roma.
Si trova su un poggio a 485 metri sul livello del mare tra il torrente Licenza e il fiume Aniene e fa parte della Comunità montana Valle dell’Aniene. Mandela viene citata da Orazio come Pagus Mandela, nome che riprese solo dopo il 1870; nel Medioevo si chiamò Cantalupo Bardella e con tale nome venne concessa come feudo da Papa Celestino III agli Orsini. Nel 1650 passò ai Nunez poi nel 1814 ai marchesi Del Gallo di Roccagiovine. Nella metà del XIX secolo Giulia Bonaparte creò a Mandela un salotto letterario frequentato da artisti, pittori e uomini di cultura. Da visitare a Mandela: il Castello dei Marchesi del Gallo che risale al periodo romano mentre la torre risale al 1100. All’interno sono conservati affreschi, dipinti e mobilio del ‘700. Interessanti anche la Chiesa patronale di S. Nicola, del 1700, e la Chiesa di S. Vincenzo che è stata edificata dal Marchese Nunez Sanchez a partire dal 1724. Ha subito modifiche tranne che per l’interno in stile barocco sobrio ed elegante.
La storia di Mandela è legata, per le origini e la formazione dell’attuale comune, alle vicende di due castelli contigui: Cantalupo e Bardella, menzionati sempre insieme perchè subirono gli stessi avvenimenti. Oggi, però, il nome di Cantalupo-Mandela è legato soprattutto alla scoperta di una necropoli, avvenuta a partire dalla seconda metà del secolo scorso, che ha permesso di rilevare una consistente presenza di gruppi eneolitici.
L’importanza della scoperta sta nel ritrovamento di piccole tombe a grotticella, scavate nella roccia, contenenti scheletri in posizione “fetale”, vasi dal caratteristico impasto nerolucido “a fiasco”, lunghe cuspidi litiche ed un pugnale di pietra. I resti antropologici rinvenuti, in parte con cranio corto, arrotondato, tipo razziale del Mediterraneo orientale, ed in parte con cranio allungato, testimoniano che in questa regione avvenne un incontro di antiche popolazioni e che quelle venute dall’esterno non riuscirono ad assorbire gli autoctoni.