L’Italo-Americano nasce in lingua italiana per dare voce alla fragile comunità di emigrati che cercava la sua identità di gruppo. Parlava la lingua dei suoi lettori che, arrivati negli Stati Uniti, portavano con sè la memoria diretta e personale dell’Italia, la nostalgia del mondo lasciato oltreoceano e il dialetto del luogo di provenienza.

A un certo punto della sua storia però, il giornale capisce che è necessario adeguarsi alla società in cui vive, a una comunità che nel frattempo è profondamente mutata. Non vuole sentirsi un corpo estraneo e tantomeno esserlo per il proprio pubblico. A quasi 70 anni dalla fondazione editoriale, gli italoamericani sono cambiati, non sentono più l’inglese come un ostacolo alla vita di tutti i giorni ma al contrario quella lingua è il loro passaporto quotidiano. Inoltre, dovendosi rivolgere sempre più frequentemente alle generazioni successive di quegli emigranti nati in Italia, e che ormai sono naturalmente “English native”, rischia di essere incomprensibile ai più. Così introduce una sezione in inglese e torna ad avvicinarsi alla comunità di cui vuole essere la voce, lo specchio e lo strumento di espressione.

L’ultima rivoluzione avviene in anni recentissimi. Questa volta L’Italo-Americano fa un passo più lungo ma lungimirante: sceglie di essere inclusivo. Non solo vuole essere rispettoso della identità dei suoi lettori che ormai sono perfettamente integrati nella comunità statunitense e si sentono americani e English-speaking a tutti gli effetti ma non vuole tagliare fuori chi, pur non avendo radici italiane, è curioso di conoscere il Belpaese e scoprire chi sono gli italiani e gli italoamericani di oggi. C’è di più. Il giornale non vuole ghettizzare la comunità, non vuole definire i contorni di una anacronistica Little Italy che non solo c’è più ma che in una società fluida come l’attuale non potrebbe più esserci. Tantomeno vuole trasformare le sue pagine in un circolo elitario per soli italiani. Vuole al contrario comunicare con tutti, dialogare con un universo vario e cangiante.

L’Italo-Americano è parte della società e come i suoi lettori è globale. Con la digitalizzazione dei contenuti e la sua interfaccia interattiva, oggi si relaziona con il mondo e partecipa alla condivisione dell’italianità con chiunque voglia saperne di più a qualsiasi latitudine si trovi. Lo fa sia in italiano che in inglese perchè qualsiasi mezzo linguistico si usi, conta che arrivi il messaggio di promozione culturale che gli articoli intendono veicolare.

Grazie alla diffusione digitale, il nostro giornale si rivolge a una platea potenzialmente gigantesca non solo perchè sfrutta il veicolo comunicativo inglese ma perchè non perde, nemmeno sul portale, la sua lingua originaria. Così facendo, si offre anche a quei circa 290 milioni di parlanti che comprendono l’italiano come prima (145 milioni) o seconda lingua stimati dall’Onu nel 2007. Non si dimentichi in proposito che solo negli Stati Uniti, il censimento del 2000 collocava l’italiano al sesto-settimo posto tra le lingue più parlate in casa nè che si registra un interesse crescente per l’italiano come “lingua due”, cioè appresa successivamente a quella materna. Secondo le ultime stime, datate dicembre 2014, gli studenti di italiano in enti riconosciuti per l’insegnamento linguistico risultavano 1.761.436 nel mondo (di cui quasi 143mila negli Usa), cioè il 15,72% in più di quanto riferito agli Stati generali della lingua italiana l’anno precedente a conferma di un interesse solido, costante, che non subisce battute d’arresto.


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