Italo Greco, detto Lilli, è stato musicista e produttore discografico, uno dei punti fermi di quella straordinaria “fabbrica della musica” che fu la Rca Italiana. Greco credeva nel lavoro e nella sperimentazione finalizzata alla ricerca e allo sviluppo del talento, consapevole che per creare capolavori l’artista deve esprimersi assoluta libertà. Lilli Greco, assunto nel 1958 dalla Rca di Ennio Melis e Vincenzo Micocci, lavorò inizialmente con Gianni Meccia, Jimmy Fontana, Sergio Endrigo, Gianni Morandi, Rita Pavone, Edoardo Vianello, Patty Pravo, Gabriella Ferri. 
 
Negli anni ’70 il nome di Lilli Greco venne associato al termine “cantautori” per il lavoro con Francesco de Gregori e Antonello Venditti (a partire da “Theorius Campus”), Paolo Conte, Renzo Zenobi, Riccardo Cocciante, Mario Castelnuovo. Ognuno di questi artisti fu sostenuto dalla sua sensibilità artistica e dalla capacità di vedere oltre le apparenze, dote rara e preziosa nel mondo della discografia. Lunga e proficua anche l’attività con la regista Lina Wertmüller, per la realizzazione delle colonne sonore di numerosi film. 
 
Tullio Pizzorno, musicista, interprete e autore, ha collaborato con artisti di primo piano in Italia e all’estero, prestando con passione e talento la sua anima funky e jazz. Ha scritto i testi di alcuni brani dell’album “Banca d’Italia”, del 2014, di Alberto Radius e del nuovo “Antichi amori”, che il chitarrista ex-Formula3 è in procinto di pubblicare. Mina ha inserito Pizzorno tra i suoi autori, incidendone alcuni brani tra cui: “La fretta nel vestito”, “Di vista” e “Musica per lui”. Pizzorno ha lavorato con Lilli Greco nel 2000, in occasione di “Un dubbio”, il suo album d’esordio.
 
Quando ha conosciuto Lilli Greco?
Nel 1997 Lilli Greco ed Ettore Zeppegno, due colonne della storica Rca, lavoravano come consulenti per l’etichetta con la quale firmai il mio primo contratto discografico. Conobbi Lilli durante una sua Masterclass a Latina. Lo rincontrai due anni dopo al Giffoni Film Festival, la manifestazione dedicata al cinema per bambini. Quell’edizione fu la prima in cui il Giffoni ospitò anche la musica, oltre a me c’erano Ennio Morricone, Roberto Sironi, i Funambolici Vargas, Eugenio Bennato, Marcello Murru e il trio Pelú/Jovanotti/Ligabue che lanciarono “Il mio nome è mai più”.
 
Greco è stato l’Art Director di “Un dubbio”, il mio primo album che fu pubblicato nel 2000; poi ho avuto il piacere di averlo ospite in alcune serate, come al Teatro Leo Amici e al Festival di Potenza, dove lo coinvolsi anche come Presidente della giuria. Lilli incarnava (anzi incarna, per me è ancora tra noi) la figura e il ruolo del maestro “invisibile”, quello che con la propria opera ed esperienza non condiziona l’artista al proprio gusto, consentendogli di trovare la sua migliore espressione e identificandone i tratti più originali e personali. Prima di conoscerlo ero più focalizzato sulla musica che sulle parole, impegnato nella ricerca armonica della composizione. Grazie a lui ho messo a fuoco quello che ogni autore deve sempre avere ben presente: scrivere un testo senza ermetismi e termini improbabili, sintesi necessaria per la credibilità di una canzone. Da Lilli ho imparato a “smontare” un brano, per poi ricostruirlo e scartarne il superfluo.
 
Qual era la sua filosofia di lavoro?
Essere tutti alla pari. Nonostante io fossi un granello di sabbia davanti a lui, Lilli era il primo a ridiscutersi e a confrontarsi sulle scelte artistiche da adottare, ponendomi al suo stesso livello. Era un’enciclopedia musicale vivente, e non solo in termini di conoscenza, ma anche di pratica applicazione. Quello che conosceva te lo faceva comprendere facilmente tramite esempi pratici.
 
Come le descriveva il suo periodo all’Rca Italiana?
Con i suoi racconti mi ha fatto letteralmente vivere esperienze che non ho provato in prima persona. Descriveva la storica Rca come una fucina di talenti, con studi perennemente in attività e sperimentazioni incredibili, dove potevi passare giornate a lavorare con Bacalov su un progetto e contemporaneamente curare Jimmy Fontana o incontrare Lucio Battisti, mentre andava ad ascoltare i dischi di Soul e R&B che portava sotto il braccio.
 
Che ricordi ha del tempo passato con Lilli?
Mi legano a lui numerose situazioni e simpatici aneddoti, tra questi la frase con cui era solito interrogare chiunque lo incontrasse per la prima volta: “Te piace ‘a Rometta… o ‘a Laziaccia?”. Era un gran tifoso della Roma. Lilli mi fece conoscere molte persone fuori dal comune, per esempio per promuovere il mio primo disco tenni un concerto nel teatro di Latina, in quell’occasione mi presentò Alberto Silvestri, famoso autore televisivo (in coppia con Paolini), papà di Daniele Silvestri. Grazie a Lilli conobbi Ennio Morricone, durante quell’incontro rimasi un po’ sorpreso perché lo sentii affermare che il suo “C’era una volta il West” più che una composizione era un semplice “studio sulle seste”.
 
Quanto i suoi consigli l’hanno migliorata? 
Quando uno nell’impianto di una produzione si occupa praticamente di tutto: musica, testi, arrangiamenti e scelte sonore, così come faccio io, corre il rischio di cadere nel classico “sotuttoio”. Lilli ha dovuto spacchettare tutte queste componenti e su ognuna di esse ha avuto la capacità di mostrarmi precisamente cosa correggere. 
 
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