What’s the best thing you can do after a glorious meal, when some of the good stuff still remains on the plate, but not quite enough for a full forkful of it? Simple! You grab a piece of bread and do la scarpetta. The “little shoe” is perhaps the most famous culinary act of defiance our country knows, because it isn’t entirely acceptable when it comes to good manners, yet everyone does it without a care in the world. Maybe it’s because of our natural sense of rebellion, maybe it’s because we’ve always been told by our grandparents that non si spreca niente, not even a drop of sauce, or maybe it’s just because there is nothing quite as good as bread dipped into something tasty: whichever the reason, fare la scarpetta – which is, for the very few who don’t know, soaking up the sauce left in a plate with a piece of bread – is one of Italy’s favorite activities.
Truth is, we don’t really know where the habit comes from, nor the origin of the expression, but something is sure: we’re talking about a tradition as old as Italy itself. Some say that fare la scarpetta has a poetic, albeit somehow crude, nature: it is a metaphor for the action typical of the shoes we wear which, with their soles, pick up all that lies on the street, just like the bread picks up all that lies on the plate. Others also find the connection with shoes, but in a different, more visual way, and compare the piece of bread moved around the plate with a finger to a shoe with a leg sticking up.
There’s also a third, less colorful theory, according to which fare la scarpetta has nothing to do with shoes, but rather with the word scarsetta, or poverty. When we are poor, we must make do with what we have and don’t waste anything, not even the little drops of sauce or olive oil left on the plate after the end of a meal: that’s why bread – a staple in the pantry of the wealthy and the pauper alike – is used to pick it all up.
While growing up, I was told that fare la scarpetta was impolite and that I shouldn’t do it in public: this – and I am sure I am not the only Italian to think so – always struck me as an oxymoron of sort, as my parents and grandparents were, in fact, the ones feeding me large pieces of bread dipped in ragù “to make sure it tastes nice” while it was still on the stove. But that was very much the idea: if you are at home, go ahead and tuck in, but never ever do a scarpetta at the restaurant, or if you’re at a dinner party. Usually, we were told that the Galateo forbade it and that it was rude to do it in more formal occasions. However, many people dissent from this opinion underlining that, in fact, the Galateo doesn’t say no to scarpetta altogether, but simply suggests not to use your fingers to move the bread around, but a fork.
Writer and expert of good manners at the table Elda Lanza has a different opinion. In 2017, she declared to Gambero Rosso that “Scarpetta shouldn’t be done. It’s childish and it gets your hands dirty. Don’t get me started about those who use a fork for a scarpetta elegante! Scarpetta is fine at home; if you are at an informal dinner you can take a piece of bread and (…) dip it in the sauce. During a formal dinner, however, you just don’t do it.”
Should we forget about our beloved scarpetta at the restaurant, then? Perhaps not, because not everyone in the world of high-end cuisine agrees with Lanza. The late Gualtiero Marchesi, for instance, was happy to see his customers clean up the plate with a piece of bread, because there was nothing better for him – and for chefs in general – than seeing clean dishes coming back to the kitchen: it meant the food had been enjoyed thoroughly. Michelin-star chef Gianfranco Vissani agrees: chefs love it when their guests do a scarpetta.
So, what should we common people do? Well, if done gracefully, there is nothing wrong with scarpetta: in the end, isn’t good food one of the greatest pleasures in life? Let’s enjoy it then. Speaking of which, you may wonder what the best dishes for a good scarpetta are. Well, truth is everything can be picked up with a piece of bread, provided you like it: of course, pasta sauces and meat gravy come immediately to mind, but we can’t certainly forget a good, olive oil-based salad dressing or those delicious cheese sauces we serve sometimes with polenta or gnocchi.
Because la scarpetta is creative, socially inclusive and ageless. Everyone can do it and, if you ask me, it can be done in all occasions: in the end, what’s wrong with something that puts a smile on your face and pays compliments to the chef all at the same time?
Qual è la cosa migliore che si può fare dopo un pasto glorioso, quando un po’ di roba buona rimane ancora nel piatto, ma non è abbastanza per una forchettata completa? Semplice! Si prende un pezzo di pane e si fa la scarpetta. La “scarpetta” è forse il più famoso atto culinario di sfida che il nostro Paese conosca, perché non è del tutto accettabile quando si tratta di buone maniere, eppure tutti lo fanno senza preoccuparsi del mondo. Forse per il nostro naturale senso di ribellione, forse perché i nostri nonni ci hanno sempre detto che non si spreca niente, nemmeno una goccia di sugo, o forse perché non c’è niente di meglio del pane intinto in qualcosa di gustoso: qualunque sia la ragione, fare la scarpetta – che è, per i pochissimi che non lo sanno, raccogliere il sugo rimasto in un piatto con un pezzo di pane – è una delle attività preferite in Italia.
La verità è che non si sa bene da dove venga l’abitudine, né l’origine dell’espressione, ma una cosa è certa: stiamo parlando di una tradizione vecchia quanto l’Italia. Alcuni dicono che fare la scarpetta ha una natura poetica, anche se in un certo senso rude: è una metafora dell’azione tipica delle scarpe che indossiamo che, con la loro suola, raccolgono tutto ciò che si trova per strada, proprio come il pane raccoglie tutto ciò che si trova nel piatto. Anche altri trovano la connessione con le scarpe, ma in modo diverso, più visivo, e paragonano il pezzo di pane spostato nel piatto con un dito a una scarpa con una gamba che sporge.
C’è anche una terza teoria, meno colorita, secondo la quale fare la scarpetta non ha niente a che vedere con le scarpe, ma piuttosto con la parola scarsetta, o povertà. Quando si è poveri, ci si deve arrangiare con quello che si ha e non si spreca nulla, nemmeno le gocce di sugo o di olio d’oliva rimaste nel piatto a fine pasto: ecco perché il pane – alimento base della dispensa di ricchi e poveri – viene usato per raccogliere il tutto.
Crescendo, mi è stato detto che fare la scarpetta era maleducazione e che non dovevo farla in pubblico: questo – e sono sicura di non essere l’unica italiana a pensarla così – mi ha sempre colpito come una specie di ossimoro, dato che i miei genitori e i miei nonni erano, in realtà, quelli che mi imboccavano con grossi pezzi di pane intinti nel ragù “per essere sicuri che fosse buono” mentre era ancora sul fuoco. Ma l’idea era proprio quella: se sei a casa tua, fai pure e intingi, ma mai e poi mai fai una scarpetta al ristorante, o se sei a una cena. Di solito, ci veniva detto che il Galateo lo proibiva e che era scortese farlo in occasioni più formali. Tuttavia, molte persone dissentono da questa opinione sottolineando che, in realtà, il Galateo non dice completamente no alla scarpetta, ma semplicemente suggerisce di non usare le dita per muovere il pane, ma una forchetta.
La scrittrice ed esperta di buone maniere a tavola Elda Lanza ha un’opinione diversa. Nel 2017 ha dichiarato al Gambero Rosso che “La scarpetta a tavola non si fa, è un gesto infantile che sporca le mani. Non parliamo, poi, di quelli che usano la forchetta infilzando il pezzo di pane per fare la scarpetta elegante! La scarpetta si fa in casa, ma se si è a un pranzo informale si può prendere un pezzo di pane e… intingerlo nel sugo. Durante un pranzo formale non si fa”.
Dobbiamo quindi dimenticare la nostra amata scarpetta al ristorante? Forse no, perché non tutti nel mondo dell’alta cucina sono d’accordo con Lanza. Il defunto Gualtiero Marchesi, per esempio, era felice di vedere i suoi clienti pulire il piatto con un pezzo di pane, perché non c’era niente di meglio per lui – e per gli chef in generale – che vedere i piatti puliti tornare in cucina: significava che il cibo era stato apprezzato a fondo. Lo chef stellato Gianfranco Vissani è d’accordo: gli chef amano quando i loro ospiti fanno la scarpetta.
Quindi, cosa dovremmo fare noi persone comuni? Beh, se fatta con grazia, non c’è niente di male nella scarpetta: alla fine, il buon cibo non è forse uno dei più grandi piaceri della vita? Godiamocelo allora. A proposito, vi chiederete quali sono i piatti migliori per una buona scarpetta. Beh, la verità è che tutto può essere raccolto con un pezzo di pane, sempre che vi piaccia: naturalmente, i sughi per la pasta e il sugo di carne vengono subito in mente, ma non possiamo certo dimenticare un buon condimento per insalata a base di olio d’oliva o quelle deliziose salse al formaggio che serviamo a volte con la polenta o gli gnocchi.
Perché la scarpetta è creativa, socialmente inclusiva e senza età. Tutti la possono fare e, secondo me, si può fare in tutte le occasioni: in fondo, cosa c’è di male in qualcosa che fa sorridere e allo stesso tempo fa i complimenti allo chef?
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